L'anniversario

I primi trent'anni di Amazon

La storia dell'azienda fondata da Jeff Bezos coincide perfettamente, anche come date, con quella dell'internet di massa
© Jenny Kane
Stefano Olivari
05.07.2024 13:30

Amazon compie 30 anni e non è un compleanno banale, al di là del fatto che la società fondata da Jeff Bezos sia la sesta al mondo per capitalizzazione. La sua storia infatti coincide perfettamente, anche come date, con quella dell’internet di massa, oltre ad avere quel certo sapore old economy che rende Amazon più comprensibile per il pubblico generalista rispetto, per dire, a Nvidia. Anche oggi in cui c’è una grande enfasi sui servizi cloud di AWS più che sull’Amazon classico, quello dell’e-commerce che rimane l’architrave del fatturato. Ma come è iniziato tutto?

Internet

Amazon è nata da internet, nel senso che un trentenne Bezos cercava il modo per salire sul treno dell’ennesima ‘next big thing’ annunciata dagli esperti di tecnologia. Solo che questa volta la cosa era davvero grossa e Bezos voleva farne parte ad ogni costo, anche lasciando una carriera fin lì eccellente. Laurea in ingegneria a Princeton, pochi passaggi giusti e poi la vicepresidenza di un grosso hedge fund di New York, E. Shaw & Co. In quell’azienda conobbe MacKenzie Scott, anche lei laureata a Princeton ma 6 anni dopo Bezos e comunque in letteratura. Lì a New York lei era poco più di un’impiegata amministrativa, ma le ambizioni erano simili a quelle di Bezos. Dopo il matrimonio la coppia decise che avrebbe creato qualcosa in proprio sul web, investendo la propria vita invece che i soldi degli altri. Per farla breve, si licenziarono e decisero di trasferirsi a Seattle, allora città molto alla moda, sfruttando benefici fiscali dello stato di Washington che sembravano superiori a quelli californiani. Ed il business plan della futura Amazon, da presentare ai potenziali investitori, fu scritto dalla Scott nelle varie tappe di questo loro viaggio in macchina da New York a Seattle entrato nel mito.

Cadabra

E così il 5 luglio 1994 ecco la nascita di Cadabra, con sede sociale in un garage di Bellevue. Il classico garage di tante storie tech di successo, e più ancora delle agiografie a posteriori, da Jobs-Wozniak in giù, ma nel caso dei Bezos il garage non era soltanto un modo per risparmiare ma anche un deposito per il principale prodotto che avevano in testa di vendere: libri. Perché Cadabra? Parola simile ad abradadabra, con cui Bezos voleva evocare la magia di ricevere a casa propria un libro con un click. Ma la moglie e altri collaboratori, fra i quali il suo avvocato, ritenevano che Cadabra evocasse l’idea di un cadavere più che di una magia e così dopo qualche mese la società si pose il problema di cambiare nome, prima ancora di avere venduto un solo libro. Jeff e MacKenzie scrissero su carta tutti i nomi possibili e qualche dominio lo registrarono anche: i più convincenti erano Browse.com, poi scartato perché troppo generico (ma a Bezos piaceva proprio per questo), e Bookmall.com, eliminato per il motivo opposto. Marito e moglie furono d’accordo soltanto su Relentless.com e iniziarono le pratiche per il cambio di nome della società. Ma un angolo del cervello di Bezos non era convinto e così si mise a scorrere il dizionario, partendo dalla lettera A. Fra le parole che gli piacquero la prima a non essere già registrata con il .com era Amazon. Dava l’idea di un grande fiume, che potesse trasportare di tutto e soprattutto che fosse immensamente più grande degli altri. Amazon. Una scelta totalmente di Bezos, che mise la moglie e gli altri di fronte al fatto compiuto come a suo tempo aveva fatto Jobs con Apple. L’1 novembre 1994 fu registrato Amazon.com ma la coppia rimase affezionata alla loro decisione comune: ancora oggi digitando www.relentless.com si finisce sulla homepage di Amazon.

Genitori

A questo punto, fra scelta del nome, business plan da cambiare in base agli investitori da convincere, quei pochi stipendi e gli accordi con le case editrici, i soldi della doppia liquidazione dei Bezos erano finiti. E soprattutto i grandi investitori non capivano perché internet avrebbe dovuto favorire le vendite del libro, un oggetto così antico. Fra i capitali raccolti in maniera avventurosa furono decisivi i 300.000 dollari dei genitori, dove per genitori si intendono la madre Jaclyn ed il padre adottivo Ted Bezos, suo secondo marito, con il primo, Ted Jorgensen (infatti Bezos è nato Jorgensen, prima di essere adottato), prestissimo uscito di scena fra alcol e mancanza di soldi. Grazie a questi finanziamenti Amazon.com riuscì a diventare operativo, con il 16 luglio 1995 come data di inizio delle vendite online. Fin dall’inizio Amazon vendette i suoi libri non soltanto negli Stati Uniti, ma in mezzo mondo, e nel 1997 con l’attività già bene avviata un giro di finanziamenti più serio portò alla quotazione presso il Nasdaq, con 18 dollari per azione al collocamento. Oggi è di 193 ed Amazon è la sesta azienda del mondo per capitalizzazione, con 1,84 trilioni di dollari (di cui 281 miliardi di profitti), dietro a Microsoft, Apple, Nvidia, Alphabet e Saudi Arabian Oil. Quanto a Bezos, anche dopo il rovinoso divorzio dalla Scott, del 2019, la crisi della mezza età, i viaggi aerospaziali di Blue Origin, il body building, il Washington Post, eccetera, è il secondo uomo più ricco del mondo, con 203 miliardi di patrimonio, a pochissima distanza da Elon Musk che lo precede e di Bernard Arnault (unico non statunitense nei top ten) che lo segue. Va poi detto che differenza di tanti altri divorzi eccellenti, questo davvero ha riguardato due persone che all’inizio hanno dato un contributo simile all’azienda.

E la Svizzera?

Tutti sanno cosa sia e cosa faccia Amazon oggi, trent’anni dopo la registrazione di Cadabra, inutile ricordarlo. Non tutti però sanno perché l’azienda di Bezos abbia cambiato le economie di molti paesi ma non quella della Svizzera. A volte si legge che Amazon sarebbe ‘vietato’, nientemeno, in Svizzera, ma le cose non stanno così: semplicemente l’imposta del 7,7% sul valore del prodotto consegnato rende per Amazon poco conveniente tenere in piedi un sito di e-commerce centrato sulla Svizzera e con il .ch, sito che infatti non esiste mentre ci si può abbonare senza problemi ad altri servizi come Prime Video (9,99 franchi al mese) e AWS. Certo vivendo a Lugano si può acquistare un prodotto su Amazon.it o Amazon.de, ma qui entra in gioco lo sdogamento che rende poco conveniente quasi ogni prodotto, fatta salva la comodità di riceverlo a casa. Senza contare il fatto che molti prodotti già di base non verrebbero consegnati in Svizzera. Un discorso complesso, al di là dello schema mediatico ‘Amazon cattivo-operatori locali di e-commerce da difendere’ che in tanti paesi viene preso per buono dimenticandosi dove vengano realmente fabbricati i prodotti. Discorsi che si torneranno a fare, perché non è vero che Amazon vuole sganciarsi dall’e-commerce, che è ancora gran parte del suo fatturato (231 miliardi sui negozi online e 140 di servizi di venditori di terze parti, quindi 371 su 574 di fatturato), anche se è vero che il suo e-commerce ha margini molto ristretti. In ogni caso Bezos aveva intuito trent’anni fa, ai tempi di Cadabra, ciò che oggi è opinione mainstream: internet funziona quando è ancorata a un prodotto o a un servizio, non al fumo.