I tagli USA colpiscono Ginevra: in gioco migliaia di impieghi

A Ginevra sono settimane di grande apprensione, soprattutto per chi lavora nel mondo delle relazioni internazionali e delle organizzazioni non governative (ONG).
A fare da spartiacque, la recente decisione dell’amministrazione Trump di tagliare gli aiuti per lo sviluppo internazionale e di uscire da una serie di organismi delle Nazioni Unite. Una decisione drastica, in linea con le accelerazioni impresse dal tycoon nel suo primo mese e mezzo di mandato presidenziale.
Secondo alcuni osservatori politici regionali, in gioco ci sarebbe «il futuro della Ginevra internazionale», lasciando intendere che la questione dovrebbe interessare, più da vicino, anche la Confederazione che sull’immagine di una Ginevra multilaterale ha costruito gran parte della propria vocazione diplomatica e umanitaria.
Intanto, diverse agenzie delle Nazioni Unite e numerose ONG sono già corse ai ripari, bloccando le assunzioni e annullando una serie di azioni umanitarie, in attesa di sapere a quanti collaboratori dovranno rinunciare.
Una fotografia provvisoria, ma puntualissima, l’ha scattata negli scorsi giorni il direttore della Camera di Commercio del cantone Ginevra, Vincent Subilia, il quale al quotidiano romando Le Temps ha dichiarato che la decisione statunitense mette la Città in una situazione di incertezza senza precedenti: «La Ginevra internazionale, la cui importanza è ben nota con i suoi oltre 40.000 dipendenti, è minacciata dai tagli americani. Più in generale, stiamo assistendo alla messa in discussione di ciò che costituisce lo spirito di Ginevra di cui la Città di Calvino è culla e baluardo». Il blocco dei finanziamenti americani potrebbe infatti segnare l’inizio di una trasformazione storica di portata ben più ampia, le cui reali conseguenze oggi sono ancora difficili da cogliere. In un contesto geopolitico in cui le relazioni internazionali si trovano in una fase di trasformazione, Ginevra continuerà a rivestire il medesimo ruolo?
Nel frattempo, a livello cantonale, la questione è diventata oggetto di un ampio dibattito pubblico, soprattutto dopo i primi licenziamenti collettivi annunciati da due ONG, con la perdita di diverse decine di posti di lavoro. «Quantificare con precisione il numero di licenziamenti che la scure dei tagli USA impatterà sulle organizzazioni attive a Ginevra è difficile», ha commentato il Centro d’accoglienza Ginevra internazionale, interpellato dai media romandi. «Stimiamo che saranno colpiti diverse centinaia di impieghi».
In realtà, la questione è ben più articolata e le possibili conseguenze vanno valutate in una prospettiva economica più ampia: agenzie ONU, ONG, multinazionali e imprese locali costituiscono infatti un vero e proprio ecosistema. Secondo uno studio condotto da Fondation pour Genève, un’istituzione privata che da quasi cinquant’anni lavora per promuovere l’influenza e l’attrattività di Ginevra, «le multinazionali scelgono Ginevra per la presenza di organizzazioni internazionali e ONG, ma questo equilibrio potrebbe incrinarsi se alcune di queste decidessero di lasciare la città». La stessa Fondation pour Genève stima che il numero di posti di lavoro diretti o indiretti nel settore internazionale sia di 220.000, ossia più della metà dei 400.000 posti di lavoro registrati nell’area di Ginevra. Di qui, l’apprensione della politica ginevrina che per tamponare la crisi ha approvato un piano d’urgenza di 10 milioni di franchi a sostegno delle ONG. Tuttavia, la clausola d’urgenza che consente un’entrata in vigore immediata del testo, non ha ottenuto la maggioranza richiesta di due terzi del Parlamento cantonale. Ad opporsi è stata una parte della destra, capitanata dall’UDC che ha pure lanciato una raccolta firme per portare il popolo alle urne. «La Ginevra internazionale ha bisogno della neutralità della Svizzera, non di denaro pubblico per alimentare le ONG».
La crisi del multilateralismo
«Le decisioni di Trump stanno scuotendo l’intera struttura delle Nazioni Unite, con inevitabili ripercussioni anche sulla Ginevra internazionale», ha commentato al CdT Pierre de Senarclens, professore onorario di relazioni internazionali all'Università di Losanna nonché ex vicepresidente della Croce Rossa Svizzera. «Anche le ONG stanno risentendo pesantemente di questa crisi, soprattutto a causa del drastico taglio dei fondi destinati all’USAID da parte degli Stati Uniti». Secondo Pierre de Senarclens questa minaccia, tuttavia, non proviene esclusivamente dagli Stati Uniti: «Più in generale, sono tutte le grandi potenze mondiali – Cina, Russia e i Paesi del Sud globale – che stanno mettendo in discussione i principi fondamentali dell’ONU». Una posizione che si riflette nelle risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: «Pensiamo solo alle risoluzioni sull’Ucraina, in cui vengono messi in discussione valori come il rispetto della sovranità nazionale». A rischio, chiaramente, c’è il diritto internazionale e il multilateralismo. In questo contesto di disimpegno, secondo l’esperto «sarà difficile che nuovi attori globali possano subentrare agli sforzi USA. L’UE può avere un ruolo, ma molto dipenderà dalla volontà e dalla capacità di rafforzare la propria coesione interna, diventando un vero attore strategico. Tuttavia – conclude l’esperto – credo che Bruxelles possa semmai avere un ruolo regionale piuttosto che internazionale come lo ha avuto fin qui l’America».
"Modalità Trump"
Come stanno reagendo le principali organizzazioni internazionali con sede a Ginevra? Tra le istituzioni più a rischio c’è l’organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che riceve il 39% dei suoi fondi da Washington. Secondo il sito d’informazione Devex, l’OIM potrebbe dover tagliare fino a 5.000 posti di lavoro su 20.000, o addirittura 8.000 nel peggiore dei casi. Alcuni dipendenti sono già stati incaricati di interrompere i programmi di ammissione dei rifugiati, con il rischio di perdere il posto.
Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che assiste oltre 120 milioni di persone in 130 paesi, è in allarme. Trump ha ordinato una pausa di 90 giorni per la revisione dei programmi di aiuto, spingendo il commissario Filippo Grandi a imporre un blocco delle assunzioni, delle forniture e dei viaggi internazionali. Il finanziamento americano copriva il 40,7% del budget dell’UNHCR nel 2023, con 2,05 miliardi di dollari versati nel 2024.
Non dissimile la situazione all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la cui sede centrale si trova a Ginevra. Trump ha firmato il ritiro degli Stati Uniti dall’organizzazione, portando il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus a prendere misure drastiche. Inoltre, si teme che altri Paesi, come l’India, possano seguire l’esempio degli Stati Uniti e lasciare l’OMS.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), il cui budget dipende per il 25% dai finanziamenti statunitensi, pur riconoscendo le potenziali ripercussioni della decisione americana, ha adottato un approccio cauto, esprimendo fiducia nella continuità del sostegno a lungo termine. «Stiamo osservando le decisioni di Washington, valutando l’impatto a corto termine dei tagli americani sulle nostre operazioni nel mondo. Restiamo però focalizzati sul finanziamento americano a lungo termine».