I tesori di Villa Luganese sono nascosti tra le rocce
Andiamo dove gli alberi formano «consorzi pittoreschi che abbelliscono le creste ruiniformi di quel meraviglioso paesaggio». Nel suo libro La flora legnosa del Sottoceneri, Arnoldo Bettelini descrive ispirato uno scorcio di Villa Luganese: la tappa odierna delle nostre camminate virtuali seguendo le mappe di comunità. Fra le piante citate da Bettelini vi è il pino mugo, tipico dei Denti della Vecchia. Gli abitanti del luogo andavano a coglierlo per le decorazioni natalizie, oppure per costruire attrezzi agricoli sfruttando il suo legno duro e pregiato. Tra quelle stesse rocce, in primavera, si era soliti cercare anche la primula auricula, chiamata in dialetto fió sassín, fiore dei sassi, e apprezzata per il suo intenso profumo. Chi invece era a caccia di mirtilli, doveva percorrere il vecchio sentiero per Sonvico e fermarsi alla Pianca di Grisöö, una vasta radura piena di piante del prelibato frutto di bosco.
C’è tanta natura nella mappa di comunità di Villa Luganese. Se vi appassiona l’esplorazione, potete andare alla ricerca del tanón, una grotta calcarea che si trova in zona Cola, sopra Scirona, a quota 937 metri. L’entrata, in parte nascosta da un masso, si trova ai margini di un torrente, sulla sua sponda destra guardando verso valle. Una volta superato l’ingresso, la cavità si presenta come un ambiente unico e spazioso, profondo una decina di metri e con un microclima temperato. È anche un riparo dalla pioggia, che filtra solo in caso di precipitazioni prolungate.
Scendendo a valle, in zona Luss, troviamo un altro omaggio alla roccia: la Cá di Picapréda. Si tratta di una piccola costruzione che i picapréda, cioè gli scalpellini, usavano come appoggio temporaneo durante il lavoro in paese. Per la loro attività sfruttavano soprattutto massi erratici, dai quali ricavavano i blocchi necessari per la costruzione delle case. Fino al 1900, a Villa Luganese si estraeva anche l’argilla. In particolare dietro il Grotto Monte Créda, dove si possono ancora vedere le buche testimoni di questa antica professione.
La lavorazione di ciò che offre l’ambiente, a Villa Luganese, ha assunto anche una sfumatura artistica. Lo si può vedere e toccare con mano alla scuola di scultura di Casimiro Piazza, fondata diciannove anni fa, che nel tempo si è distinta per l’organizzazione di corsi gratuiti dedicati alle persone disabili, con alunni di tutte le età. Il rapporto fra gli abitanti e gli elementi della natura ci regala poi un’altra curiosità. Siamo in zona Vigna, a ridosso del nucleo, dove ancora oggi si può notare un canale con il fondo ricoperto da un acciottolato. È un canale di fluitazione: una tecnica utilizzata per trasportare a valle, sfruttando la spinta dell’acqua, il legname che veniva tagliato nei boschi. C’è dell’ingegneria idraulica anche nella tradizione di fare il bagno nei fiumi del paese: vicino al Grotto degli Amici, infatti, i ragazzi del luogo ostruivano il passaggio dell’acqua in modo da creare una pozza.
Ben più impegnativa fu la bonifica del terreno sul quale oggi sorge il campo di calcio e che in precedenza era una palude, dove gli abitanti andavano solo per catturare le rane e poi mangiarle. Al risanamento parteciparono molte persone a titolo volontario e il campo, nel settembre del 1980, fu inaugurato con una partita fra il Medio Cassarate e il Lugano.
Ora il campo fa da cornice anche al Carnevaa di Cavre, cioè delle capre, che è il soprannome degli abitanti di Villa Luganese. In paese c’è anche la Vall di Pévre, valle delle pecore, dove un tempo venivano gettati gli ovini morti. Oggi è coperta da un posteggio.