I valori di Ken il Guerriero
Ken il Guerriero è più vivo che mai, a 40 anni dalla sua messa in onda sulla televisione giapponese. La serie anime viene riproposta di continuo, il manga rimane uno dei più venduti del mondo, adesso sta tornando nei cinema anche il più famoso dei film. Ma quale è il segreto di uno dei pochi cartoni animati di successo davvero internazionale, capace di scatenare dibattiti anche al di fuori del mondo giovanile e dei nerd? Di sicuro nella testa di decine di milioni di ragazzi ed ex ragazzi rimbomberà per sempre la frase di culto di Kenshiro, «Tu sei già morto». C’era ironia, ma anche no.
Postatomico
Quello che per noi sarà per sempre Ken il guerriero, in giapponese Hokuto no Ken, è un purissimo prodotto della cultura anni Ottanta, ma discendente diretto dei valori del Giappone tradizionale. Nato nel 1983 come manga dalle idee di Buronson e dai disegni di Tetsuo Hara, quando in Europa i manga non li leggeva nessuno (infatti la prima edizione in italiano è del 1990), e diventato popolare dalla sua messa in onda come cartone animato l’11 ottobre 1984, con arrivo sugli schermi italiani tre anni dopo, Ken il Guerriero a detta dei suoi autori si ispirava per il suo protagonista, appunto Kenshiro, alle movenze di Bruce Lee e per le ambientazioni a Mad Max. La storia si svolge infatti in ipotetici anni Novanta del Novecento, che nel 1983 in effetti sembravano lontanissimi, in un mondo devastato da una guerra mondiale a base di bombe atomiche. Ossessione non soltanto del Giappone, giustificatissima da Hiroshima e Nagasaki, ma anche dell’Occidente (soprattutto gli Stati Uniti) dell’epoca, con tutto un filone cinematografico e televisivo ormai quasi dimenticato, tranne The Day After e poche altre cose.
Scuola
In estrema sintesi Kenshiro combatte i cattivi, cioè delinquenti isolati come Zed ma anche gruppi criminali più organizzati come il Clan della Zanna, fanatici come i Golan, dittatori e popoli cattivissimi e violenti. E lo fa grazie ai segreti della Divina Scuola di Hokuto, che consistono nella conoscenza perfetta dei 708 tsubo, cioè punti del corpo umano che se colpiti in un certo modo consentono di battere qualsiasi avversario, costringendolo a fare cose contro la sua volontà oppure a ucciderlo causando una specie di esplosione interna. Queste tecniche sono conosciute o comunque praticate da un solo maestro alla volta e come tutti i fedeli di Kenshiro sanno non si tratta soltanto di violenza, ma di una filosofia particolarissima e affascinante, che trasforma il dolore e la tristezza per le ingiustizie del mondo in rabbia, da canalizzare tramite l’arte marziale. La scuola di Hokuto non è soltanto una serie di mosse, più o meno efficaci, ma un modo per nutrirsi della forza e della cattiveria degli avversari, andando così oltre i propri limiti e le proprie conoscenze razionali. Fino al livello ultimo (dobbiamo spoilerarlo? Ma no, magari una persona che ancora non ha visto Ken esiste).
Violenza
L’attualità di Ken il guerriero discende anche dal dibattito che generò negli Ottanta e Novanta, con un esercito di giornalisti, psicologi e sociologi a spiegare i pericoli che quella violenza avrebbe creato nelle menti di bambini e adolescenti. Al traino molti politici, di destra e di sinistra, il più famoso senza dubbio Ségolène Royal, in una Francia che per Kenshiro era letteralmente impazzita. Siccome non risulta che l’Europa e il Giappone si siano riempiti di serial killer, mentre la violenza giovanile è molto superiore oggi, nel 2024 si può dire che quei dibattiti fossero infondati. Anche perché sono stati risparmiati a cartoni-anime con molte più scene di violenza: da Bem a Devilman passando ovviamente per l’Uomo Tigre. Il problema con Ken, alla radice poi anche del suo successo, è che fu preso come emblema della violenza dei buoni, giustificata da quella precedente dei cattivi. E del resto Buronson per il suo nickname si era ispirato all’idolo Charles Bronson: insomma, un po’ Giustiziere della notte, un po’ depositario delle tradizioni dell’antico Giappone, Kenshiro più che appassionati ha tifosi.
Fratelli
Un personaggio davvero complesso, come complessi sono i fratelli-coltelli di Kenshiro, cioè Raoul, Jagger e soprattutto Toki, tutti adottati dal maestro Ryuken, il numero 63 della scuola di Hokuto (un Miyagi più cattivo, diciamo per chi non ha mai visto Ken il guerriero), mentre Ken è il 64. Ci vorrebbe un’enciclopedia di quelle monumentali e mai aperte degli anni Ottanta per elencare tutti gli altri, personaggi, a partire da Julia, la fidanzata di Kenshiro, a sua volta guerriera ma di un’altra scuola, per finire con i tanti cattivi, ma più dell’elenco wikipedistico conta una considerazione: i migliori manga-anime degli anni Settanta-Ottanta trattavano temi pesantissimi e ipotizzavano di avere spettatori con filtri culturali e sociali adeguati.
Oggi
Tutt’altro che da effetto nostalgia le tante riproposizioni. Da qualche settimana Amazon Prime Video ha messo online i 109 episodi della prima stagione (quelli della seconda sono 43). E al cinema, il 14, 15 e 16 ottobre Ken il guerriero tornerà anche come film: non una cosa nuova, ma l’opera del 1986 basata su temi e personaggi di buona parte della prima stagione, e che può quindi essere apprezzata anche da chi non ha mai visto il cartone animato. Qui siamo ancora al ‘vero’ Ken, mentre di troppo sono stati i live action (Il ritorno di Kenshiro), gli spin-off e gli OAV (da salvare solo quello sull’infanzia di Julia). Infiniti i libri e i videogiochi, il primo davvero ben fatto quello del 1989 per il Sega Mega Drive, per arrivare fino alla PlayStation 4, ispirando in alcuni punti tantissimi altri prodotti come Mortal Kombat. Ma l’aspetto commerciale e ludico non ha mai superato i valori del personaggio e della storia: onore, giustizia, integrità, un senso quasi messianico della propria missione sulla Terra. Il tutto da difendere con la forza, perché certe cose i cattivi non le capiscono e allora bisogna fargliele capire.