Il patto

I volenterosi e le divisioni interne

Da Parigi la coalizione dei trenta Paesi alleati all'Ucraina ha annunciato che una delegazione guidata da Francia e Gran Bretagna sarà inviata a lavorare per Kiev - Gramaglia: «Si ragiona in modo astratto»
©LUDOVIC MARIN / POOL
Francesco Pellegrinelli
27.03.2025 21:15

Saranno Francia e Regno Unito a guidare la «forza di rassicurazione» per l’Ucraina. Lo ha deciso la coalizione dei volenterosi, riunitasi oggi a Parigi, ospite del presidente francese Emmanuel Macron. Il gruppo ha stabilito che la «forza di rassicurazione» opererà in «aria, terra e mare», mantenendosi però a distanza dalla linea del fronte. Non si tratterà di una missione di peacekeeping in senso stretto, ma coinvolgerà diversi Stati che faranno base in aree strategiche», ha aggiunto Macron. «Una delegazione militare anglo-francese sarà inviata a lavorare con l’esercito di Kiev per preparare l’esercito ucraino di domani». Macron ha tuttavia riconosciuto che sulla «forza di rassicurazione», al momento, non c’è l’unanimità dei leader, «ma che tuttavia si andrà avanti comunque».

Coalizione divisa

Questo, in estrema sintesi, il bilancio del summit. Un vertice il cui esito «non si discosta molto dalle discussioni generali avvenute nei due precedenti incontri di Londra promossi dal premier Keir Starmer», commenta al CdT Giampiero Gramaglia, consigliere dell’Istituto Affari Internazionali di Roma. «All’interno di questa coalizione dei volenterosi, composta da trenta Paesi, alcuni sostengono con convinzione l’idea di creare una forza di interposizione (peacekeeping), mentre altri, come l’Italia e la Grecia, si mostrano più cauti». Di qui, appunto, la soluzione ibrida della «forza di rassicurazione», che comunque non piace a tutti.

Tuttavia, al di là di questa divergenza interna – che va tenuta in considerazione per comprendere appieno la situazione – il gruppo dei volenterosi «sta ragionando in astratto: manca infatti il presupposto fondamentale, ossia una tregua da monitorare». Al momento, ricorda l’esperto, esiste unicamente un accordo di cessate il fuoco, per altro molto fragile, che riguarda le infrastrutture energetiche e la navigazione nel Mar Nero. «Questo accordo è subordinato a condizioni poste dalla Russia che, al momento, non si sono ancora realizzate», osserva Gramaglia. «Mosca ha infatti richiesto la revoca delle sanzioni che ostacolano i suoi traffici marittimi nel Mar Nero. Inoltre, il Cremlino si oppone fermamente all’ipotesi di una forza di interposizione, soprattutto se composta da Paesi della NATO dell’Unione Europea».

Al netto di questa analisi, Gramaglia ritiene tuttavia positivo il fatto che Macron e Starmer stiano lavorando a un piano di sicurezza in vista di un’eventuale tregua tra Ucraina e Russia: «Va anche detto che nessuno ha effettivamente chiesto all’Europa di creare questa forza: né gli Stati Uniti, né la Russia, e soprattutto non l’ONU, che è l’unico organismo internazionale ad avere l’autorità per autorizzare una simile missione». Le divergenze all’interno del gruppo dei volenterosi potrebbero quindi anche preludere a un possibile disimpegno da parte di alcuni Stati, che non dispongono delle risorse necessarie o non mostrano la volontà politica per assumere un ruolo attivo, spiega Gramaglia.

Con o senza gli USA

Entrando nel merito del piano prospettato da Macron, Gramaglia non nasconde qualche critica: «Non si capisce quale possa essere l’utilità militare. Sarebbe come mettere una diga a 200 chilometri dal fiume che si vuole contenere». Tuttavia, fa notare l’esperto, c’è una grande differenza tra la «forza di rassicurazione» e la forza di interposizione. Quest’ultima avrebbe il compito di garantire il rispetto di un’eventuale tregua, mentre la «forza di rassicurazione» avrebbe una funzione militare dissuasiva. Ma che cosa accadrebbe nel caso in cui Mosca superasse la linea del fronte violando la tregua? «Questa soluzione non può che alimentare un'ulteriore ambiguità tra i Paesi europei», aggiunge l’esperto. Un esempio è l’Italia, che sarebbe disposta a partecipare a una missione di peacekeeping sotto l’egida della NATO, ma non a far parte di una «forza di rassicurazione dai contorni ancora poco chiari». Gramaglia non è quindi sorpreso che la coalizione non abbia mostrato un fronte unito. «Diversi Paesi erano lì semplicemente per sorvegliare che le cose non andassero troppo oltre. L’Italia e la Grecia, come detto, non sono infatti disposte ad accettare certi impegni. «Tuttavia, il fatto che i tre principali alleati europei in ambito militare – Francia, Germania e Regno Unito – siano allineati su questa posizione rappresenta un segnale chiaro rivolto agli Stati Uniti: l’Europa intende assumersi le proprie responsabilità ed è pronta a fare la sua parte». Ciò non toglie che Macron oggi ha pure auspicato un sostegno americano al dispiegamento europeo. Non a caso, il presidente francese ha detto di aver parlato con Donald Trump prima del vertice e ha annunciato l’intenzione di richiamarlo nei prossimi giorni, aggiungendo che «gli Stati Uniti restano alleati affidabili».