Il ricordo

Il 3 ottobre di dieci anni fa a Lampedusa morirono 368 migranti

Oltre 500 migranti restarono per 48 ore in balia del mare, la maggior parte di loro in fuga dall'Eritrea, stipati su un barcone fatiscente di 20 metri salpato dalla Libia
© KEYSTONE (EPA/CIRO FUSCO)
Jenny Covelli
03.10.2023 19:30

«Ho salvato 47 persone». A parlare è Vito Fiorino e il suo ricordo risale al 3 ottobre 2013, il giorno di quella che è stata definita la più grande tragedia dell'immigrazione del mar Mediterraneo. L'uomo, appassionato di pesca, si trovava insieme a sette amici a bordo della sua barca, la Gamar, a Lampedusa. «Avevamo deciso di uscire in mare perché le condizioni erano buone. Ho guardato attraverso l'oblò e incominciava ad albeggiare. A quel punto, davanti a me si è presentato questo scenario terrificante: almeno 200 persone in acqua che urlavano, chiedevano aiuto. Alcune erano attaccate ai cadaveri. Inizialmente abbiamo pensato ai versi dei gabbiani, invece erano urla di uomini e di donne». Un barcone carico di migranti, provenienti quasi tutti dall'Eritrea, si era inabissato davanti all'Isola dei Conigli. «È stata una situazione veramente brutta, drammatica. Mi sentivo impotente. La Gamar è una barca di 10 metri, omologata per 9 persone. Noi eravamo già in 8. Ho pensato "io 4 o 5 le voglio comunque salvare". Cercavo di portarle a bordo e mi scivolavano dalle mani, perché sporche di gasolio. A forza, a fatica, le prendevo per una gamba, per un braccio. Abbiamo cominciato a portare a bordo il primo, il secondo. Era una disperazione. In un attimo mi sono dimenticato che ne volevo salvare 4 o 5. Provavo impotenza. Avrei voluto salvare tutti, ma non c'era possibilità». Quel 3 ottobre di dieci anni fa persero la vita 368 migranti. Vito Fiorino ne salvò 47, 46 uomini e una donna. Che oggi lo chiamano «father», «papà», perché per loro è iniziata una seconda vita. «Il mio rapporto con il mare si è azzerato completamente – racconta oggi –. Non è più un mio luogo. Il mare di Lampedusa è un cimitero. Non sento l'esigenza di andare a fare il bagno, sarebbe come tuffarsi nei ricordi».

Oltre 500 tra uomini, donne e bambini, erano stati in balia del mare per 48 ore a bordo di un peschereccio fatiscente lungo appena 20 metri, salpato dal porto libico di Misurata. Il barcone era arrivato a Lampedusa in piena notte. Ma, a un passo dalla meta, si era scatenato l'inferno. Il motore si era bloccato a meno di un miglio dalle coste, qualcuno aveva dato fuoco (probabilmente) a uno straccio, che era caduto sulla tolda ricoperta di catrame, in mezzo alla gente. Ed era partito il panico. La barca si era sbilanciata, prima di colare a picco. Quel giorno, solo 150 persone sono state salvate, tra cui 40 ragazzi. Quasi 200 cadaveri sono stati raccolti in mare nell'immediato. Altri sono stati restituiti dalle onde nei giorni successivi. Il 9 ottobre 2013 i sommozzatori sono entrati nel relitto della nave e hanno scoperto altri 100 cadaveri intrappolati nella stiva come topi. Le immagini hanno fatto il giro del mondo.

Solo qualche giorno dopo, l'11 ottobre 2013, un barcone è affondato in acque maltesi, a poca distanza da Lampedusa. Morirono 268 siriani, tra cui 60 minori. Diventò «il naufragio dei bambini». 

Il ricordo

Il 3 ottobre è diventata la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza. «Oggi ricordiamo il naufragio di Lampedusa – ha dichiarato oggi la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola –. E la triste verità è che il naufragio della nave migranti del 2013 non è affatto una tragedia isolata: da allora nel cimitero del Mediterraneo sono morti migliaia di donne, bambini e uomini. Le recenti emergenze nell'isola di Lampedusa così come in altri Paesi vicini ci ricordano che la migrazione è la sfida delle nostre generazioni».

Alle 3.15 di questa mattina, davanti al memoriale Nuova speranza in piazza Piave, a Lampedusa, c'è stato un momento di raccoglimento. I nomi delle vittime sono stati letti davanti al monumento che li ricorda. Poi, la marcia verso la Porta d'Europa, monumento simbolo di accoglienza. Alle 10.30 una corona di fiori è stata deposta in mare.

Che cosa è cambiato?

Da quel 3 ottobre ad oggi oltre 24.000 rifugiati e migranti sono morti o risultano dispersi nel mar Mediterraneo, scrive UNHCR, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. «Quando, dieci anni fa, nelle acque di Lampedusa persero la vita 368 migranti, l’Italia intera si indignò gridando “mai più”. Eppure, in questi 10 anni il Mediterraneo ha continuato a essere un cimitero a cielo aperto – è la dichiarazione di Amnesty International –. Le politiche italiane ed europee hanno mostrato il loro fallimento nella gestione dei flussi migratori, stringendo accordi con Paesi come la Libia e la Tunisia, nei quali le persone migranti subiscono torture e altre violazioni dei diritti umani. Siamo complici di tutto questo. Si indeboliscono le protezioni, s’inaspriscono le sanzioni. La solidarietà è criminalizzata». Save the Children: «Il grido e lo sdegno che si sollevarono in quell’occasione sembrano caduti nel vuoto: avevano detto “mai più!”, siamo arrivati alla Decima Giornata della Memoria e dell’Accoglienza e siamo ancora qui a parlare degli stessi drammatici eventi. In Italia, dal 2014 a oggi, sono arrivati via mare più di 112 mila minori non accompagnati. Quest’anno, dal primo gennaio, sono oltre 11.600 i minori arrivati via mare senza figure adulte di riferimento». L'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), l'UNHCR e l'UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, «continuano a collaborare con determinazione e impegno, insieme alla comunità internazionale, per cercare soluzioni sostenibili alla crisi umanitaria nel Mediterraneo. Il nostro comune obiettivo è quello di salvare vite umane e garantire i diritti fondamentali delle persone».

Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio scorsi, davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, il naufragio di un barcone carico di migranti ha provocato la morte accertata di 94 persone, con un numero imprecisato di dispersi.

Il 14 giugno un ex peschereccio con a bordo più di 700 migranti è naufragato al largo di Pylos, in Grecia. Sono stati recuperati 82 corpi, i dispersi sono stati stimati in almeno 500. La nave era partita dal porto libico di Tobruk con a bordo (si stima) 750 migranti. Era diretta verso le coste italiane. I sopravvissuti hanno raccontato che quando la nave della Guardia costiera greca ha provato a fissare una corda alla prua dell’ex peschereccio in modo da poterla trainare, questo ha iniziato a oscillare fino a ribaltarsi, per poi affondare con decine di persone ancora intrappolate al suo interno.

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