Il Black Friday dell'ambiente, il paese leader dei resi è la Svizzera
Il Black Friday 2023, 24 novembre, per l’ambiente sarà davvero venerdì nero visto che l’esplosione dell’e-commerce negli ultimi mesi è stata trainata dall’abbigliamento, con una miriade di pacchettini che vanno in entrambe le direzioni fra prove e restituzioni. Qualcuno dice basta, ma alla fine sono in pochi quelli che davvero pensano di essere responsabili per le emissioni mondiali di CO2. Cosa dobbiamo aspettarci quest’anno? Spoiler: il peggio.
Black Friday
Questa giornata di saldi nei negozi fisici ma soprattutto in quelli online sta per compiere un secolo, essendo nata nel 1924 da un’iniziativa di Macy’s, la catena statunitense di grandi magazzini, anche se fino agli anni Ottanta non è mai stata un fenomeno di massa e comunque in Europa nessuno ne aveva mai sentito parlare, con la Svizzera che si è appassionata a questa giornata di shopping compulsivo soltanto da pochi anni: di solito si citano le iniziative della Manor nel 2015 ma comunque è difficile andare molto più indietro. Tipicamente è l’occasione per portarsi avanti con i regali di Natale, ma c’è anche chi aspetta il Black Friday per spese che aveva in mente da tempo di fare, dagli smartphone all’abbigliamento. Chi guarda con snobismo a tutto questo deve arrendersi di fronte alle cifre, visto che nella sola Svizzera il Black Friday 2022 ha fatto muovere 7,1 milioni di pacchi.
Fast Fashion
Al di là del Black Friday, circa il 41% di chi compra online compra anche abbigliamento, una percentuale inferiore soltanto all’elettronica. Con abbigliamento che sempre più significa fast fashion, cioè vestiti di moda ma a prezzi stracciati, le tipiche magliette a 5 euro o franchi che nel mondo in cui siamo cresciuti si sarebbero comprate al mercato o in negozi popolari. A sua volta fast fashion significa fondamentalmente Cina, visto che molti dei grandi del settore vengono da lì: Shein, Temu. Concorrenti che hanno ormai superato H&M (Svezia) e compagnia, mentre nella vecchia Europa sta andando bene la spagnola Inditex (Zara). Riducendo il discorso all’Europa, nel 2022 le app di moda più scaricate sono state Shein (20,7 milioni), Vinted (13,3), Trendyol (8,3), Zalando (8,1) e H&M (6,3).
Il caso Shein
Il caso Shein è il più interessante di tutti, perché dalla base di Guangzhou partono tutti i capi e gli accessori messi in vendita per 150 milioni di utenti sparsi nel mondo e perché fin da subito questo marchio ha puntato tutto sul digitale, a parte qualche temporary store. Il suo segreto risiede negli algoritmi che ogni giorno gli permettono di identificare allo stato embrionale tendenze e microtendenze della moda, oltre alle richieste della clientela, e di adattare subito creazione e produzione: ogni giorno nascono 5.000 nuovi prodotti Shein, nel senso proprio di prodotti diversi, con una reattività che nemmeno gli altri negozi online hanno, figurarsi quelli fisici. Il prezzo medio per il consumatore occidentale? Intorno ai 7 franchi. Il segreto di Shein non è quindi il copiare o l’essere veloci, come le altre aziende di fast fashion, ma quello di anticipare i gusti del proprio pubblico. Si può quindi dire, paradossalmente, che l’algoritmo di Shein sia più stilista di tanti stilisti. In negativo è facile notare l’assoluto disprezzo per l’ambiente, oltre che uno sfruttamento del lavoro da noi nemmeno immaginabile.
Resistenza
Travolti come siamo da offerte e promozioni di ogni tipo, si ha la sensazione che tutto sia un immenso Black Friday, per non dire Black Week visto che ormai la cosa si è allargata ai giorni prima e anche dopo. Ma non è così, perché moltissimi negozi e tanti grandi marchi stanno ben lontani dal Black Friday, negli Stati Uniti e in Europa. Tipicamente chi vende prodotti di fascia alta è indifferente a questa giornata: mai si è visto un orologio svizzero scontato al 30%, e comunque tutti i grandi marchi cercano di non mescolarsi alla massa: Apple e Tiffany non hanno bisogno di Black Friday e ci tengono a sottolinearlo. La novità è che anche tanti negozi e catene normali (negli USA ha fatto clamore il ritiro dalla competizione di REI e dei suoi 181 negozi) stanno cercando di smarcarsi, con una sorta di resistenza (viene in mente il Green Friday di tante aziende francesi) che lancia un messaggio di questo genere: il prezzo non è l’unica cosa che conta in un prodotto o servizio. E del resto mettersi a fare concorrenza al commercio online, non necessariamente cinese, sul terreno del prezzo significa avere già perso.
E l'ambiente?
La vera resistenza al Black Friday e più in generale al commercio online è come al solito costituita dagli ambientalisti. Secondo Transport & Environment, ong che si occupa di trasporto sostenibile, i camion e in generale gli autoveicoli usati per le consegne a magazzini e negozi nel 2022 per i soli acquisti effettuati nel Black Friday abbiano rilasciato 1,2 milioni di tonnellate di CO2 nella sola Europa. Il doppio rispetto alla settimana media, più del decuplo rispetto al giorno medio. A questo vanno aggiunte le emissioni dei veicoli usati per le consegne a domicilio degli acquisti online, che rappresentano il grosso del Black Friday: è quindi realistico affermare che un giorno del genere impatta sull’ambiente circa 20 volte più rispetto a un giorno normale, senza contare gli imballaggi e l’enorme quantità di rifiuti prodotta.
Resi svizzeri
Il meccanismo psicologico e commerciale alla base del Black Friday è quello degli acquisti di impulso. In parole povere si acquistano volontariamente, a prezzi scontati, prodotti che già si aveva intenzione di acquistare ma nel negozio, fisico o online, ne vengono aggiunti altri sull’onda dei primi acquisti. Il risultato è una percentuale enorme di resi: in Europa è già alta, intorno al 23% annuale di tutti gli acquisti online, e si stima che per gli acquisti del 24 novembre sarà doppia. Il settore leader dei resi è la moda, con il 56% del totale. E il paese leader dei resi è la Svizzera: nel solo abbigliamento il 45% degli acquisti viene restituito, dato simile alla Germania (44%) e clamorosamente diverso da Francia e Italia (24 e 16). Vengono restituiti, secondo le diverse formule dei rivenditori (molti con il reso gratuito), il 47% delle gonne e il 42% dei pantaloni, il 38% delle scarpe che lasciano il tallone scoperto e il 31% delle ballerine. Non ci sono statistiche affidabili per sesso, ma dal tipo di merce restituita è chiaro che i resi sono trainati dalla clientela femminile. Con altri trasporti, latri imballaggi, altre emissioni. E qui non è colpa del Black Friday, ma di una mentalità che si sta pericolosamente diffondendo, secondo cui quasi niente ha valore. Dimenticando però che tutto ha un prezzo.