Città

Il Casinò di Lugano non è incedibile

La possibilità di vendere il pacchetto azionario pubblico è emersa nell’ambito delle discussioni sul risanamento finanziario della Città
© CdT/Archivio
Giuliano Gasperi
27.11.2024 06:00

Sedici anni dopo, Lugano potrebbe riprovare a lanciare la pallina nella roulette e vedere su quale numero si fermerà. Parliamo della possibile vendita del pacchetto azionario pubblico del Casinò: uno scenario emerso di recente a Palazzo civico nell’ambito delle discussioni sulle misure di risanamento finanziario della Città. Il sindaco Michele Foletti toglie subito la suspense: «Non abbiamo offerte sul tavolo». Ammette però che la quota di maggioranza (2/3) della casa da gioco, almeno in teoria, potrebbe essere sacrificata per fare cassa. Di tale possibilità, negli anni scorsi, avevamo parlato più volte su queste colonne, ma ancora più in teoria rispetto ad oggi, perché il Casinò non aveva ancora ottenuto il rinnovo della concessione federale: un timbro fondamentale per massimizzare un eventuale profitto della vendita, dato che l’incertezza ha un costo. Ora i tempi sono maturi. Doppiamente maturi: la concessione c’è e Palazzo civico ha bisogno di respirare dal punto di vista economico. «Politicamente è uno degli asset più facili da vendere. Molto più facile, per esempio, rispetto alla residenza al Castagneto» commenta Foletti citando un altro asset sulla lista del Municipio. La cosa complicata è un’altra: capire a chi e, soprattutto, a quanto vendere.

Centoventi non bastavano

A questo punto dobbiamo tornare a sedici anni fa, quando l’allora Esecutivo aveva messo nero su bianco la sua volontà di cedere i due terzi del Casinò. Era stata aperta una sorta di asta pubblica a cui avevano partecipato cinque grosse imprese del settore: Casinos Austria (già allora azionista di minoranza), ACE-Novomatic, Swiss Casinos, Barrière e Partouche. La più vicina a chiudere l’accordo era stata Swiss Casinos, ma la sua offerta di 120 milioni era lontana dai 180 che sperava d’incassare il Comune. L’ente pubblico pretendeva troppo? Può essere. Hubertus Thonhauser, che in quel momento rappresentava Casinos Austria nel CdA dell’azienda luganese, aveva fatto notare come quella cifra sarebbe stata molto più alta di quella pagata per acquisire le azioni dei privati (circa 12 mila franchi per azione, che moltiplicati per le circa 6.700 azioni in mano a Lugano, davano una cifra vicina agli 84 milioni). Sta di fatto che Palazzo civico, dopo un anno e mezzo di valutazioni, aveva deciso di tenersi le quote.

Scesi da certe quote

Fino a quel momento, a livello di risultati, il Casinò era andato alla grande, guadagnandosi il soprannome di «gallina dalle uova d’oro». Nel 2007 aveva fatto registrare il miglior risultato di sempre, con un incasso lordo da giochi di 113 milioni. Fino a quel momento, dicevamo... perché già quando il Municipio aveva deciso di rinunciare alla vendita, i numeri stavano peggiorando. Infatti il 2008 si era chiuso con un incasso lordo di 87 milioni, scesi appena sotto gli 80 l’anno successivo. Nei bilanci a venire, il Casinò non tornerà mai più sopra i cento milioni. Ma nemmeno sopra gli ottanta (l’ultimo dato che abbiamo a disposizione sono i 37 milioni del 2022). Naturalmente, con il tempo, la casa da gioco ha razionalizzato i costi e il risultato d’esercizio, attualmente, veleggia nelle cifre nere. Si è però aggiunta l’attività del casinò online, che è in crescita ma non abbastanza per evitare le cifre rosse.

Ora è tutto diverso

La domanda vien da sé: la Città, oggi, quanto potrebbe incassare dalla vendita delle sue quote? Di sicuro, come rimarca anche Foletti, siamo distanti dalle offerte ricevute nel 2008. Molto distanti. La domanda successiva è se, in caso di cifre insoddisfacenti, Lugano non debba aspettare tempi e cifre migliori. Per saperlo, però, dovrebbe tastare il polso del mercato, per individuare e quantificare eventuali interessamenti. «Nei mesi scorsi abbiamo conosciuto il nuovo CEO di Casinos Austria Erwin Van Lambaart – racconta Foletti – ma non ha manifestato nulla in tal senso». Sedici anni fa, però, gli austriaci si erano seduti al tavolo. Parliamo d’ipotesi, comunque. Per le certezze bisogna lanciare la pallina.