Il CEO di Omega: «Senza il nostro Speedmaster andato sulla Luna non ci sarebbe il MoonSwatch»
In un mondo sempre più veloce e connesso, con smartphone e altri prodotti sempre più tecnologici, gli orologi sembrerebbero accessori superflui. Eppure l’industria orologiera svizzera continua a crescere. Ne abbiamo parlato con Raynald Aeschlimann, dal 2016 Ceo di Omega, incontrato in occasione degli Omega European Masters di golf di Crans Montana.
La storia di Omega passa anche per la misurazione di alcune delle più incredibili performance di atleti di ogni sport. Proprio per questo sorge una curiosità: perché avete scelto di essere «title sponsor» dell’European Masters di Crans Montana, che per quanto prestigioso non richiede certo precisione nel calcolo dei tempi?
«Mi sono chiesto anche io quanto un orologio potesse essere effettivamente importante nel golf. Poi un giorno ho parlato con Rory Mcllroy, il numero 1 al mondo, che mi ha confidato come avesse bisogno di uno strumento che lo aiutasse a mantenere ritmo e concentrazione e allo stesso tempo risultasse leggero al polso. Proprio per questo abbiamo sviluppato l’Ultralight. Performance non vuol dire solo lotta contro il tempo, ma saperlo anche gestire, prendendosi un momento per sé e guardando qualcosa che rifletta la tua personalità».
La vostra partecipazione a Crans Montana è anche un modo per rivendicare le vostre radici svizzere?
«Questa non è solo la più antica manifestazione golfistica d’Europa ma si svolge a casa nostra. Per questo invitiamo «a casa» i nostri ambassador e celebrità internazionali per ritrovarsi insieme in momenti di festa. E poi c’è un ambiente fantastico, con i migliori golfisti al mondo che vivono per una settimana a stretto contatto con gli appassionati, come un grande villaggio olimpico».
A proposito di villaggio olimpico, qualche settimana fa proprio un vostro orologio ha fatto partire il countdown per Parigi 2024.
«Un momento incredibile, sono così orgoglioso della nostra presenza in una città come Parigi che fa sognare e per un evento straordinario che unisce le persone in un momento di amicizia ma anche di sana competizione. Come facciamo dalla prima edizione del 1932, il nostro sarà un compito impegnativo nel quale misureremo oltre un milione di dati. Ma con il Comitato Olimpico stiamo lavorando su idee incredibili, sarà bellissimo! Anche perché, sinceramente, a Tokyo l’ambiente è stato surreale, senza pubblico e con gli atleti che vivevano nella costante paura di ammalarsi e rinunciare al proprio sogno. Queste Olimpiadi rappresenteranno una rinascita e il rinnovamento di belle emozioni da vivere insieme».
Rinascita e rinnovamento. Gli Omega European Masters sono stati l’occasione per mostrare la collezione Summer Blue dei vostri iconici Seamaster.
«Ci sono modelli e colorazioni che entrano nella storia per essere associati a un determinato personaggio, penso al Seamaster blu di James Bond, che è diventano l’oggetto del desiderio di tanti appassionati. Però la nostra storia ci ha insegnato che anche il nostro miglior prodotto deve saper essere adattato a ogni colore, in modo da seguire i trend e soprattutto riflettere la personalità di chi decide di acquistare un bene di lusso. Piuttosto che creare nuovi modelli, abbiamo quindi preferito proporre in una nuova veste una collezione già amata dagli appassionati.
Quanto è importante quella che è all’apparenza la semplice introduzione di un colore nelle strategie di un brand come il vostro?
«Dietro quella che sembra la semplice introduzione di un nuovo colore c’è in realtà molto studio dietro, nel quale in ogni dettaglio cerchiamo di esprimere il nostro DNA e anche raccontare lo spirito del tempo in cui stiamo vivendo: e noi dopo il difficile periodo del Covid volevamo ricordare con freschezza la nostra dinamicità e presenza nel globo proprio come il mare, l’elemento naturale del nostro Seamaster. Questo però non ferma lo sviluppo delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali che ci permettono di realizzare modelli sempre più precisi ed efficenti».
Lo sviluppo delle tecnologie sembra però impari quando vengono messe al confronto con quelle offerte dagli smartwatch. Non dev’essere facile di questi tempi la convivenza dell’orologeria tradizionale con questi apparecchi.
«In realtà penso che la pandemia abbia fatto crescere in molte persone la necessità di avere qualcosa di reale, non digitale. Per quanto possiamo essere connessi col mondo con nuovi strumenti, il fascino di meccanismi potenzialmente eterni e che raccontano una storia rimane ineguagliabile. A Crans Montana ho visto la maggior parte dei giovani con orologi al polso, perlopiù modelli recenti, a dimostrazione che l’interesse è vivo anche nelle nuove generazioni ».
In questo caso ha contribuito l’avvento dei MoonSwatch?
«Sono stati un successo incredibile che sicuramente ha spinto molti giovani a mettersi per la prima volta un orologio al polso. Un modo fantastico per celebrare i 60 anni dello Speedmaster Professional, il primo orologio ad essere andato sulla Luna».
Non c’era però, con questa operazione, il rischio di sminuire il suo prestigio?
«Non puoi avere il MoonSwatch senza la magia del Moonwatch. La sua iconicità è stata quindi resa ancora più popolare. Ci sono affezionati collezionisti Omega, i quali avrebbero potuto scegliere tra decine di orologi, che però negli scorsi mesi passavano regolarmente dalle boutique Swatch per cercare i MoonSwatch, un prodotto un po’ più «sbarazzino » che con la sua vivacità mette di buon umore anche solo a guardarlo. In fondo, non è proprio quello che cerchiamo quando mettiamo un orologio al polso?».