24 novembre

Il comitato NO EFAS scende in campo «contro una medicina a due velocità»

Sinistra e sindacati spiegano i rischi che nasconde la riforma sanitaria
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
15.10.2024 18:08

«EFAS è una follia e a farne le spese saranno i pazienti che dovranno pagare di più per ricevere di meno». Il comitato referendario No EFAS (composto da sindacati e partiti politici di sinistra) è sceso in campo oggi in vista del voto del 24 novembre per ribadire la propria contrarietà a una riforma giudicata «pericolosa». «La nuova ripartizione dei costi sanitari tra Cantoni e cassa malati porterà a un ulteriore e più rapido aumento dei premi», ha esordito Graziano Pestoni (Associazione per la difesa del servizio pubblico).

Di fronte a un bivio

Questo nuovo sistema di finanziamento «farà gravare una parte ancora maggiore dei costi sui premi di cassa malati», gli ha fatto eco Riccardo Mattei (SSM). Soprattutto, «consegnerà nelle mani degli assicuratori malattia il potere decisionale sulle cure stazionarie, favorendo la privatizzazione delle cure», hanno aggiunto Giulia Petralli (VPOD) e Samuel Iembo (PC). Con la riforma, infatti, il Cantone non verserebbe più i suoi contributi direttamente agli ospedali, ma a un fondo gestito dalle casse malati. «Siamo di fronte a un bivio», ha spiegato Franco Cavalli (Forum Alternativo). «Il rischio è che l’aspetto finanziario prevalga sulla qualità delle cure, aprendo definitivamente le porte a una medicina a due velocità». E ancora: «La riforma affronta un problema reale (ossia unifica il sistema di finanziamento tra cure stazionarie e cure ambulatoriali), ma lo fa «con una risposta sbagliata, ossia attribuendo agli assicuratori malattia il controllo della cassa», ha aggiunto Cavalli.

Condizioni lavorative

Per il PS, questo trasferimento di responsabilità politica dallo Stato alle casse malati comporterà un deterioramento delle condizioni lavorative in tutto il settore. «Con EFAS la gestione delle cure nelle strutture sanitarie dovrà rispondere al principio del profitto, che andrà a scapito della qualità e delle condizioni lavorative dei dipendenti», ha aggiunto Niccolò Mazzi-Damotti (PS). «A farne le spese saranno soprattutto le donne che costituiscono buona parte del personale curante specie nelle case anziani e nelle cure a domicilio», ha osservato dal canto suo Tamara Merlo (Più donne).

Le cure integrate

Di contro, Giuseppe Sergi (MPS) ha posto l’accento su due elementi. Il primo, di carattere finanziario. Il deputato MPS ha ricordato che la riforma peserà sulle casse pubbliche cantonali nella misura di 56 milioni di franchi all’anno. «Il dato figura nero su bianco nella consultazione del Consiglio di Stato che, a differenza del Gran Consiglio, ci ha visto lungo e si oppone alla riforma EFAS». Il secondo aspetto, evidenziato da Sergi, riguarda l’impulso alle cure integrate che la riforma EFAS vuole introdurre sottotraccia, spostando il finanziamento pubblico in ambito ambulatoriale. «La strategia delle cure integrate si fonda su accordi assicurativi tra casse malati e strutture sanitarie, le quali mettono a punto modelli assicurativi meno cari in cambio della rinuncia alla libertà terapeutica del paziente». Un miraggio estremamente pericoloso - dice Sergi - «che può funzionare solo per chi è in buona salute». In conclusione, Sergi ha quindi ricordato che il popolo svizzero nel 2012 si sia già espresso più che chiaramente bocciando in votazione popolare modelli di questo tipo. 

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