«Il dibattito lanciato da Macron non basta, occorre decentralizzare il potere»

Romain Pasquier, politologo e professore all’università Sciences Po di Rennes, commenta il grande dibattito nazionale lanciato martedì dal presidente Macron per frenare le proteste dei gilet gialli. Il progetto, che durerà due mesi, prevede una serie di consultazioni su tutto il territorio tra il Governo e la società civile. Verranno dibattute le riforme previste dall’Esecutivo. Dal canto suo, il capo dell’Eliseo ha previsto una serie di incontri con i sindaci di ogni regione per un confronto diretto a livello locale.
Il grande dibattito nazionale è l’ultima chance per Macron di mettere fine alla crisi dei gilet gialli?
«Il progetto rappresenta un’importante porta di uscita dalla crisi. Per il presidente è fondamentale che le concertazioni mettano sul tavolo le soluzioni necessarie a ritrovare la via del dialogo e le modalità per costruire un progetto politico condiviso dal maggior numero possibile di francesi».
Il dibattito su scala nazionale potrebbe cambiare la strategia di Macron?
«Macron ha esercitato il potere in modo differente rispetto a quanto aveva annunciato durante la campagna elettorale. L’allora candidato di En Marche si presentò come una figura nuova che aveva l’obiettivo di cambiare i vecchi mondi della Quinta Repubblica attraverso un’organizzazione orizzontale. Il suo modo di governare, però, è estremamente verticale e centralizzato e si avvale di una potente tecnostruttura. Sebbene all’inizio gli sia servito per far approvare un certo numero di riforme, l’iperpresidenzialismo che ha praticato alla fine gli si è rigirato contro. I gilet gialli, infatti, si sono rivolti direttamente a lui. Con il grande dibattito nazionale, Macron cerca di cambiare la sua linea politica, rendendola più inclusiva attraverso il dialogo tra il territorio e lo Stato. Per riuscire in questo obiettivo c’è ancora molto lavoro da fare, perché la sua cultura politica è fortemente tecnocratica e centralizzatrice. Oltre al dibattito, è necessario rafforzare i territori attraverso una decentralizzazione e uno sviluppo condiviso delle riforme».
Come reagiranno i gilet gialli?
«Ci sarà sempre una parte che rifiuterà il dialogo. Macron scommette sull’isolamento della base radicale e violenta del movimento in modo da allontanarla dall’opinione pubblica, che inizialmente appoggiava la protesta con un tasso di opinioni favorevoli compreso tra il 70 e l’80%. Il sostegno dei cittadini francesi ha dato forza ai gilet gialli, che in termini numerici non erano così forti».
Quali sono i punti deboli del grande dibattito nazionale?
«Sebbene si concentri sulla partecipazione cittadina, gli incontri sono pur sempre organizzati dallo Stato, che viene considerato parte integrante dell’iniziativa. C’è poi il fatto che il dibattito è sintomatico di un’iperpresidenzialismo francese, in cui Macron incontra sindaci di piccoli comuni per parlare del prezzo del gasolio o dei trasporti pubblici, temi che dovrebbero essere trattati dalle regioni o dai dipartimenti. Viene da chiedersi come un capo di Stato possa occuparsi della manutenzione stradale e, al tempo stesso, di politica internazionale. Per cui il dibattito avviato mostra un modello centralizzato».
Quale sarà la strategia della République en marche in vista delle prossime elezioni europee?
«Macron continuerà a difendere il suo progetto europeo, che però dovrà essere compatibile con le richieste che emergeranno durante le concertazioni. Il partito di maggioranza deve ritrovare gli elettori del centrodestra e del centrosinistra, che sono essenzialmente europeisti. Il presidente non riuscirà certo ad attirare l’elettorato del Rassemblement National di Marine Le Pen o della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, per questo è nel suo interesse apparire come l’ultimo baluardo contro il populismo e l’euroscetticismo. In queste ultime settimane il presidente e il suo partito, La République en marche, stanno registrando una lieve scossa nei sondaggi riguadagnando qualche posizione. Per riconquistare quella maggioranza moderata che ha perso, Macron continuerà a dialogare e ad evocare nuove soluzioni e nuovi modi per realizzare le sue riforme, ma non con lo stesso metodo e la stessa arroganza di prima.