Il fardello è la cassa malati

Una delle sorprese dello scorso anno è stata certamente il ritorno dell’inflazione. La corsa dei prezzi ha colto un po’ tutti alla sprovvista da una parte perché era inattesa, tanto che nemmeno la Banca nazionale svizzera (BNS) ne aveva inizialmente colto l’entità, e dall’altra perché, dopo quasi un decennio dove la maggiore preoccupazione era la deflazione, l’idea di una possibile «morte dell’inflazione», avanzata anche dalla rivista americana Bloomberg Businessweek nel 2019, si era ritagliata un posto nel pensiero collettivo. Da ormai più di un anno e mezzo l’inflazione è tornata al centro del dibattito pubblico così come l’Indice dei prezzi al consumo (IPC), lo strumento statistico utilizzato per misurare il rincaro, è nuovamente oggetto dell’attenzione mediatica.
Misurare l’evoluzione dei prezzi
L’IPC non è solo una statistica divulgativa ma è guardato da vicino da molti attori economici ed è un osservato speciale della BNS che si riferisce a questo indicatore per adempiere al suo mandato della «stabilità dei prezzi», definita come una crescita annuale di massimo il 2% dell’IPC. Seppure in genere si associ l’IPC con il costo della vita, l’Ufficio federale di statistica (UST), incaricato di produrre il dato, traccia una netta differenza fra i due concetti: l’inflazione è una statistica che misura l’evoluzione del prezzo di un paniere di consumo medio, mentre il secondo - il costo della vita - è concettualmente più complesso (tanto che nessun Paese ha mai prodotto un indice di questo tipo) e fa riferimento al costo minimo di un insieme di beni e servizi, la cui composizione varia costantemente a seconda del variare dei prezzi relativi e delle abitudini di consumo.
L’IPC non misura l’evoluzione del costo della vita anche perché esclude gli attivi finanziari e alcune spese di trasferimento, come per esempio i premi delle assicurazioni malattia. Su quest’ultimo punto la questione è spinosa: i costi legati ai premi delle casse malati crescono fortemente ma l’aumento non è considerato nei dati sull’inflazione. Come spiega Eric Stephani dell’Ufficio cantonale di statistica (Ustat) «L’obiettivo dell’IPC è monitorare la variazione dei prezzi da un periodo all’altro, per cui nel caso dei servizi sanitari monitora, per esempio, i prezzi dei farmaci, delle degenze in ospedale o delle visite mediche e non i premi dell’assicurazione di base». Per tracciare l’aumento dei premi l’UST produce dal 1999 un indice sull’evoluzione dei premi assicurazione malattia (IPAM). Lo scopo dell’indice è quello di valutare l’impatto dei premi sul budget della economie domestiche. Da inizio pubblicazione, la crescita dell’IPAM è stata nettamente più marcata di quella dell’IPC e anche dei salari nominali. Secondo l’UST su 23 rilevazioni annuali, in 16 casi la crescita dei premi ha avuto un impatto negativo sul reddito disponibile.


Famiglie medie e panieri
L’IPC è prodotto dalla media ponderata dei prezzi di una grande varietà di beni e servizi e perciò come nota Stephani «riflette la variazione dei prezzi di un paniere riferito a un’economia domestica media. Quindi è normale che le percezioni delle persone differiscano dall’inflazione misurata con l’IPC. Le persone si concentrano sul rincaro di singoli beni o servizi, come possono essere per esempio i carburanti o l’elettricità, in base ai propri consumi». Per valutare le aspettative sull’evoluzione dei prezzi si può utilizzare l’inchiesta sulla fiducia dei consumatori svolta dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco) che rileva anche le sensazioni sull’evoluzione dell’inflazione. La crescita dei prezzi è rallentata dal 3,5% del 2022, all’1,6% dello scorso mese, ma come rimarca Stephani «secondo questa indagine della Seco sempre più consumatori percepiscono un forte aumento dei prezzi, nonostante in questi mesi l’IPC indichi una moderazione del rincaro».
Carburanti più cari
Se la percezione dei consumatori sull’inflazione può essere distorta da grandi variazioni del prezzo di singoli beni, l’IPC invece ha il pregio di dare una visione d’insieme del rincaro. L’indice permette infatti di individuare i beni energetici e quelli importati come i principali responsabili della crescita dei prezzi nella prima parte dello scorso anno. Rispetto alla media del 2021 i prezzi dei beni energetici a luglio di quest’anno sono quasi il 40% più elevati, mentre i prezzi dei carburanti lo sono del 7%. Il peso della categoria energia conta per il 3% dell’IPC, i carburanti solo per 2%, dunque il solo aumento dei prezzi di queste voci influiscono marginalmente sulla variazione complessiva dell’inflazione. L’indice dei prezzi all’importazione (IPI) prodotto dall’UST illustra come l’inflazione sia stata innescata in gran parte dalla crescita del costo relativo delle importazione rispetto ai beni domestici.
Più recentemente la dinamica inflazionistica è cambiata: da inizio 2023 l’IPI, grazie al franco forte, è costantemente in territorio negativo mentre la crescita annuale dei prezzi alimentari si aggira costantemente fra il 4-5%, tanto che questi stessi beni contano per un terzo dell’inflazione. La crescita dell’inflazione sembra quindi concentrarsi sul cosiddetto «carrello della spesa», un riferimento spesso utilizzato in Italia per quantificare il rincaro dei beni di consumo acquistati più frequentemente. Sulla recente dinamica inflazionistica Stephani nota che «finora il Gruppo di esperti della Confederazione non ha corretto al ribasso le proprie proiezioni relative all’inflazione. Perciò non è da escludere che nei prossimi mesi ci sia un riverbero dell’accelerazione dell’inflazione, spinta ad esempio dal possibile adeguamento degli affitti, che contano per il 15% dell’indice». Il rincaro in Svizzera sembra quindi entrato in una nuova fase toccando un’ampia gamma di beni e servizi.
