Il franco svizzero resta un rifugio, ma il 2023 vedrà un indebolimento

Il franco svizzero nel corso del 2022 si è rafforzato nei confronti dell’euro, la valuta del nostro principale partner commerciale. Nel complesso, la rivalutazione è stata di circa il 5%. Il cambio è osservato praticamente da tutti gli attori economici svizzeri, ossia dagli importatori, dagli esportatori (e quindi dall’industria elvetica), e non da ultimo, anche dai consumatori, visto che influenza il nostro potere d’acquisto.
A metà dell’anno, il cambio è sceso sotto la parità. Uno dei fattori fondamentali per questa situazione è il differenziale dell'inflazione fra Svizzera e zona euro. Se nella Confederazione il carovita si è attestato in novembre al 3%, nell'Eurozona si arrivava al 10%. Oltre a questo pesano anche gli aumenti dei tassi della BNS. La mossa è stata in realtà seguita anche dalla BCE, ma gli economisti accusano l'istituto con sede a Francoforte di aver reagito tardi al problema dell'inflazione.
Tre mesi di stabilità
Ora il cambio si situa a 0,9884 franchi per un euro. Negli ultimi tre mesi il cambio ha mostrato una certa stabilità, visto che si è discostato pochissimo da questo valore.
I minimi dell’anno sono stati toccati a fine settembre, a quota 0,9405 franchi. Solo nel 2015, al momento dell'abolizione della soglia minima di cambio da parte della BNS, l'euro era stato ancora più debole. In quel caso l'effetto era stato però di breve durata.
Ma cosa potrebbe succedere nel 2023? Quali sono le forze che intervengono nella determinazione di questo cambio, così importante per la nostra economia? Lo abbiamo chiesto ad un esperto del settore finanziario. «Per quanto riguarda il cambio euro-franco - spiega Nikolay Markov, economista della Pictet Asset Management di Ginevra - pensiamo che durante l’anno la valuta svizzera si indebolirà e che quindi il cambio passerà sopra la parità entro dicembre. A fine anno prevediamo che per euro ci vorranno 1,05 franchi ».
«A determinare questa tendenza – prosegue – dovrebbero intervenire diversi fattori. Innanzitutto la crescita economica europea potrebbe sorprenderci in modo positivo: noi prevediamo che non ci sarà una forte recessione, anche perché lo shock energetico avrà effetti minori rispetto a quanto atteso».
Tassi, differenziale crescente
«In secondo luogo – continua – il differenziale fra i tassi sarà a favore dell’euro. Sul franco l’attuale tasso direttore è dell’1%. E la Banca nazionale svizzera dovrebbe operare due aumenti di 50 punti base ciascuno entro l’estate, per arrivare in estate ad un tasso finale del 2%. Per contro, prevediamo che la BCE aumenterà i tassi di più e più velocemente: attualmente siamo 2,5%, e ci aspettiamo che li porterà al minimo al 3,5%, e forse ancora più in alto. Quindi, adesso abbiamo un differenziale sui tassi di 100 punti base, e arriverà a 150 punti o più. E questo dovrebbe favorire l’euro».
«In terzo luogo – illustra - dovremmo assistere nel corso di quest’anno al ritorno ad un ambiente più risk-on (ossia meno influenzato dal rischio), il che sarà più favorevole all’euro e alle monete dei paesi emergenti, e meno ad una moneta rifugio come il franco. Questo a condizione che non ci sia una escalation nella guerra in Ucrania, oppure fra la Nato e la Russia. In questo malaugurato caso, si verificherà un effetto di fuga dal rischio che favorirà enormemente il franco svizzero. Ma questo non rappresenta il nostro scenario centrale, ma è solo il principale scenario alternativo».
«Tutto questo dovrebbe portare ad un indebolimento del franco quest’anno, mentre il prossimo anno il franco tornerà a rafforzarsi, e quindi il cambio dovrebbe tornare sotto la parità. Infatti secondo noi il valore di equilibrio dell’euro-franco continua a scendere, e ora si trova 95 centesimi di franco per un euro. E quindi la valuta elvetica nel lungo termine continuerà ad apprezzarsi».
Buoni fondamentali
«A nostro avviso – precisa - il franco svizzero resterà anche in futuro una valuta rifugio, grazie ai buoni fondamentali dell’economia elvetica. Questo soprattutto rispetto alle valute dei principali Paesi industrializzati, ossia il dollaro e l’euro. Con fondamentali buoni intendiamo un debito pubblico molto basso (e quindi un servizio del debito leggero) e un’inflazione contenuta, che tra l’altro dovrebbe essere sotto controllo verso la fine dell’anno, il che non sarà il caso negli altri Paesi sviluppati. Noi prevediamo un tasso di inflazione dell’1,8% in dicembre, mentre in Europa nel migliore dei casi sarà leggermente superiore al 2%. Questo livello rientra nell’obbiettivo della BNS di un tasso vicino e inferiore al 2%».