Società

Il funerale dell'ecologia (in una bara di vimini)

I ticinesi preferiscono ancora le vecchie casse da morto - ma c'è chi progetta un "bosco sacro" sul Monte Ceneri
Le bare in vimini esposte presso il Centro Funerario di Lugano © CdT/Gabriele Putzu
Davide Illarietti
02.06.2024 11:00

A vederla, ricorda un grande cestino da pic-nic. Solo che non trasporterà bibite e vivande, ma un corpo senza vita diretto al cimitero. La bara di vimini intrecciati non è forse la più richiesta, tra quelle allineate nel deposito dei fratelli Delmenico, a Pregassona. «Ma sicuramente è qualcosa di particolare e di curioso» affermano i titolari.

È l’ultimo grido in fatto di sostenibilità ambientale. Quale esito migliore, del resto, per una vita trascorsa alla ricerca costante dell’eco-friendly, che andarsene in una cassa da morto a impatto zero? La moda è d’origine anglosassone ed è arrivata in Ticino già alcuni anni fa, a dire il vero, sull’«onda verde» delle rivendicazioni ecologiste. Ma con il rallentare di quest’ultime anche il funerale «green» ha perso terreno (se mai aveva attecchito) alle nostre latitudini.

La domanda non decolla

«Non hanno sicuramente avuto il successo delle auto elettriche, almeno finora» tirano le somme al Centro Funerario di Lugano, che nel suo assortimento propone - da circa quattro anni - ben tre varianti: banano, ananas e il classico salice. «C’è stato chi le ha scelte, per carità, ma non è il prodotto che la gente va a cercare spontaneamente. Bisogna saperlo proporre».

Anche perché trattandosi di soluzioni di nicchia il prezzo non è più basso rispetto alle casse tradizionali. Anzi. «C’è chi è assolutamente contrario, altri sono più incuriositi: il problema è che si tratta di scelte collettive e mettere d’accordo più parenti, su una bara non tradizionale, può essere difficile» fanno eco dall’Arte Funeraria di Locarno. Qui oltre ai vimini si vendono anche bare di bambù e, stando al sito internet, persino di cartone. «La polpa proviene da foreste sostenibili ed è assemblata solo con colle di amido naturale» annuncia la réclame. Al telefono precisano che in realtà finora di cartone sono state vendute solo urne funerarie («quelle sì, sono molto richieste»).

Come cambia il mercato

Forse non c’è tanto da stupirsi, dopotutto. Il «green» ha fatto da protagonista all’ultima fiera internazionale dell’industria funeraria (TanExpo) da poco conclusasi a Bologna, e i produttori stranieri - inTicino le bare «eco» arrivano dall’Inghilterra, perché «in Svizzera non le fa nessuno» - si sono sbizzarriti con le proposte: urne bio-degradabili, urne che diventano alberi, auto funebri elettriche e via dicendo.

In Ticino la domanda è ancora contenuta e i motivi sono «essenzialmente di tipo culturale» secondo Emiliano Delmenico, presidente dell’Associazione degli Impresari di onoranze funebri della Svizzera italiana. «Il funerale da noi è ancora vissuto come un evento sociale in cui si teme il giudizio della gente» osserva. «L’influenza della religione resta per il momento più forte di quella dell’ecologismo, o di altri movimenti, se non altro per ragioni anagrafiche: le persone che vengono a mancare appartengono a generazioni passate, e gli eredi rispettano la sensibilità dei defunti».

La bottiglia e il pacchetto di sigarette

Niente bare arcobaleno, dunque, come quelle proposte di recente da un impresario a Zurigo. Anche se la notizia di una cassa colorata di rosa presso un carrozziere di Minusio, nel 2017, già incuriosiva la stampa locale. Appunto di curiosità si tratta, sottolinea tuttavia Delmenico. «A prevalere sono ancora le scelte di tipo tradizionale. Quello che si sta affermando anche da noi, più lentamente che altrove, è semmai una progressiva personalizzazione delle cerimonie». Al posto delle marce funebri di Verdi o Chopin, canzoni di Vasco Rossi o perfino dei Led Zeppelin. Al posto del rosario, una bottiglia di vino o un pacchetto di sigarette infilato nella bara - «abbiamo ricevuto richieste specifiche in tal senso» conferma Delmenico - o la sciarpa di una squadra di hockey o calcio come viatico.

«La gente tende a essere seppellita così come era in vita, senza cercare un’immagine diversa o per forza solenne. Si vedono molte meno giacche e cravatte, più jeans e camice casual»» conferma Antonio Minoretti dell’omonima impresa funebre di Paradiso. L’azienda esiste dal 1970 e il titolare, veterano del settore, ha iniziato da bambino quando ancora i «becchini» erano veri e propri falegnami. «Il legno una volta era già abbastanza ecologico, così c’era» taglia corto.

Che dire? In cinquant’anni la vita è cambiata - e anche la morte. Ma per lo spirito dei tempi e i suoi retaggi tecnologici gonfiati dalla pandemia - funerali in streaming, codici QR che rimandano a «book» digitali del morto, social network appositi - sembra esser maturato un certo rigetto negli addetti ai lavori. Almeno una parte. Minoretti, se gli chiedono di organizzare una diretta su Zoom, risponde che il funerale «è una cosa seria» e che «o uno ci va, o non ci va». Come dargli torto. L’auto funebre elettrica, però, l’ha comprata anche lui - «tra i primi in Ticino» - ed è il segno che forse l’ecologismo, bare di vimini a parte, non è ancora morto e sepolto.

Il bosco sacro sul Monte Ceneri

Oltre Gottardo se ne contano già a decine. In Ticino i boschi non mancano: ma uno dedicato alla dispersione delle ceneri dei defunti, un «bosco sacro» in gergo, ancora non c’è. L’Associazione degli Impresari di onoranze funebri della Svizzera italiana (ASIIOF) da tempo sta cercando di colmare la lacuna: un luogo dove «i parenti dei defunti possano onorare i propri cari e sentirsi vicini a loro» e vivere il culto dei morti «a contatto con la natura» sarebbe «certamente molto gradito» secondo Emiliano Delmenico.

Ceneri (Cdt)
Ceneri (Cdt)

Quale luogo migliore dunque, per ospitare l’iniziativa, del Monte Ceneri? Al di là del nome, la posizione centrale e le caratteristiche del territorio hanno spinto il presidente dell’ASIIOF a tastare il terreno nei mesi scorsi. È stato anche individuato un mappale adeguato, su cui si è abbozzato un avvio di trattativa con la Confederazione (proprietario del sedime come di buona parte del rilievo montuoso) senza però andare oltre le prime battute. «L’Esercito ha risposto che i boschi di proprietà federale servono alle esercitazioni dei militi, e non è immaginabile una destinazione diversa» spiega Delmenico. L’impresario non demorderà: continuerà a cercare un sedime adatto allo scopo, in altre porzioni del Monte.

Un primo tentativo di crare un «bosco sacro» in Ticino risale già al 2019, in realtà. I promotori - cittadini privati - avevano individuato un terreno vicino a Taverne e preso contatto con il Comune. «Ci eravamo detti favorevoli» ricorda il sindaco Tullio Crivelli. «A patto che ci fosse un confronto anche con la Parrocchia». Da allora, però, non se ne fece più niente.

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