Il galoppino? Può essere ancora decisivo

I procacciatori di voti resistono negli anni, anche se il loro ruolo appare mutato - Un "consulente elettorale" ci racconta aneddoti di un tempo
Luca Bernasconi
21.03.2016 09:23

LUGANO - «Galoppino: chi corre di qua e di là per rendere ad altri piccoli servizi o fare commissioni per loro conto; galoppino elettorale, chi si dà da fare per procurare voti a una persona o a un partito in tempo di elezioni». La definizione si può trovare nel vocabolario Treccani. Si tratta di una parola diffusa in tutte le regioni di lingua italiana ma che in Ticino assume una dimensione particolare soprattutto nella sua accezione «elettorale». Il termine deriva dal francese «galoper» e da noi, per un osservatore esterno, viene interpretato con una valenza molto spesso dispregiativa. Perché sovente l'azione del galoppino travalica il confine dell'etica per raggiungere, talvolta, quello della scorrettezza. Un fatto è comunque sicuro. Nei secoli sono più volte cambiati i valori della società, sono cambiate le virtù delle persone e sono cambiate le frontiere della morale ma quando si parla di elezioni i galoppini ci sono sempre. Magari hanno adattato ai tempi il loro modo d'agire, magari oggi intervengono ad altri livelli e con altri mezzi ma continuano comunque a lavorare nell'ombra per raggiungere l'obiettivo immutato da secoli: ottenere il voto nell'urna. Un altro elemento è però sicuro. Nel tempo il lavoro dei galoppini si è fatto viepiù difficile. Oggi è certamente più complicato «convincere» le persone, soprattutto i giovani, a seguire certi ordini di scuderia. Inoltre ci sono molti più occhi, discreti e indiscreti, a vegliare sui nostri comportamenti sociali. Ma un galoppino vero, quello che sente il suo compito come una missione di fedeltà verso il partito o il candidato di turno, troverà sicuramente il modo per raggiungere il bersaglio. E paradossalmente il fatto che per le prossime elezioni di aprile si è voluto responsabilizzare l'elettore consentendo per la prima volta il voto per corrispondenza a livello comunale, secondo alcuni potrebbe facilitare l'operato dei galoppini. Prima i «consigli» di voto dovevano essere concretizzati dall'elettore nella solitudine del seggio elettorale. Oggi invece nulla impedisce al galoppino di turno, previo accordo con l'elettore, di compilare lui stesso la scheda di voto e addirittura di spedirla per posta o consegnarla personalmente in cancelleria, evitando così eventuali ripensamenti dell'ultima ora. Con la sua decisione del 15 aprile 2013 di consentire il voto per corrispondenza generalizzato, il Gran Consiglio ha voluto dare fiducia all'elettore e l'opportunità di mostrare di essere ormai adulto. Una simile pratica è peraltro già molto diffusa nel resto della Svizzera. E anche in occasione delle recenti elezioni per il rinnovo dei poteri cantonali non sono successi sconquassi. Ma attenzione, in Ticino puoi trovare un galoppino ad ogni angolo. E magari anche alla tua porta: potrebbe essere la prossima persona che bussa.

A dimostrazione di come i galoppini esistano ancora alle nostre latitudini, abbiamo incontrato una persona che definiremmo «consulente elettorale» perché il suo impegno spazia su più fronti. Ci ha regalato tutta una serie di aneddoti e considerazioni che hanno avuto per protagonisti per lo più personaggi legati ai partiti storici, non solo del suo Comune ma anche di altri Comuni del cantone. Per comodità e discrezione lo chiameremo Giuseppe, anche se lui certo non si nasconde.

Avremmo infatti voluto incontrarlo in un luogo magari un po' appartato ma lui ha preferito darci appuntamento in un bar affollato. La prima nostra domanda è d'obbligo: esistono ancora i galoppini? «Esistono eccome. Magari il fenomeno non è così marcato come forse trent'anni fa perché certe dinamiche sono cambiate così come il contesto sociale, ma c'è sempre chi si occupa di procacciare voti per un dato schieramento. Le sedi dei partiti lavorano in modo discreto e sommerso».

Le vedette ai seggi

E senza aggiungere altro da parte nostra, Giuseppe parte con una serie di aneddoti. Li riportiamo utilizzando verbi al passato anche se, entro certi limiti, li potremmo usare anche al presente per fatti d'oggigiorno.

Ad esempio il nostro interlocutore sa per certo che in diverse località, taluni partiti allestivano una sorta di postazione di vedetta nei pressi della cancelleria comunale, magari di fonte all'entrata da dove dovevano passare tutti i cittadini per votare. Con un binocolo si monitorava la situazione. Man a mano che un elettore entrava si metteva un visto accanto al suo nome nell'elenco dei presunti votanti per quel partito. Le vedette disponevano infatti di un indirizzario con la probabile appartenenza partitica di tutte, o quasi, le persone rubricate.

Le telefonate dell'ultima ora

L'operazione aveva il suo culmine la domenica verso le 11-11.30 (i seggi, come oggi, chiudono a mezzogiorno). Se a quell'ora qualcuno non si era ancora presentato, partivano le telefonate al suo indirizzo.

«Perché non sei ancora andato a votare? Mi raccomando, che venga anche tua moglie! Lo so che lei è restia a venire al seggio ma il suo voto è importante. Lo so che ha problemi a camminare, ma non preoccuparti, se ci sono problemi veniamo noi a prenderla. Dai, mettetevi il vestito della festa e sbrigatevi. E non ti preoccupare nemmeno di quel problemino che hai con il Comune, ti aiuteremo a trovare una soluzione»: il testo è ovviamente inventato ma poteva essere di questo tenore la telefonata che partiva in quelle ore concitate. Infatti i galoppini erano anche pronti a prelevare quasi «manu militari» i ritardatari, se non i recalcitranti. Bisogna infatti considerare che in talune località, i seggi o le maggioranze si giocano su piccoli numeri. Così, un'assenza può fare la differenza.

Prelevati all'estero

Giuseppe ci racconta così che in una piccola località di valle sono stati più volte decisivi i voti dei cittadini ticinesi di quel Comune domiciliati all'estero, «costretti» a recarsi al seggio in Svizzera. «Mi ricordo che lassù la ventina di suffragi degli elettori di casa in Italia permetteva al partito, di cui non faccio il nome, di assicurarsi la maggioranza per il quadriennio a venire. Anche se poi quei venti votanti non si facevano più vedere in paese. Di conseguenza bisognava "coltivarli" a dovere. Il giorno delle elezioni biosognava andarli a prendere in Italia per farli votare da noi. E una volta espletato il dovere civico occorreva riportarli a casa» ci dice Giuseppe, particolarmente divertito nel raccontare l'episodio.

Non si sa se in simili circostanze girasse anche qualche franchetto. Non è escluso. Ma di sicuro, i «frontalieri del voto» per quella trasferta di un giorno erano completamente a carico del partito.

Soldi per un voto

Ma in generale c'era chi era disposto a vendere il suo voto e, rispettivamente, qualcuno propenso ad acquistarlo? Su questo tema il nostro interlocutore ha preferito glissare, affermando di non avere certezze. Comprensibile perché quando si parla di soldi si preferisce spesso un atteggiamento «diplomatico».

Non di meno Giuseppe ci ha rivelato un episodio curioso: il pagamento di una piccola somma a coloro che non avessero votato per un certo candidato. In un Comune del piano si erano verificati attriti all'interno del partito di maggioranza. Si erano così venute a creare due correnti concorrenti. La vincente mise così i suoi uomini in lista mentre l'altra fu esclusa dai giochi. Ma quest'ultima, ormai in rotta con i vertici, aveva promesso denaro a chi avesse reso nulla la propria scheda elettorale, in modo che il voto non andasse al partito di riferimento e venisse di conseguenza penalizzato. Non sappiamo come andò a finire, anche se un caso come questo si avvicina molto di più alla frode elettorale che al galoppinaggio.

Come circuire un anziano

Storie e leggende si narrano anche in merito al voto anticipato e al voto per corrispondenza (diverso dall'attuale voto per corrispondenza generalizzato). Personalmente abbiamo sentito, proprio di recente, gli echi di un episodio avvenuto anni fa, non è chiaro se in occasione di una elezione cantonale oppure comunale. Protagonista è stato un anziano di una casa di riposo che è stato «aiutato» dall'esponente di un partito nella compilazione di una scheda da inviare al Comune con la modalità del voto anticipato. Quando però è venuto il momento dell'apertura dei seggi, lo stesso anziano è stato «accompagnato» alle urne dal rappresentante di un altro partito. Immaginatevi lo stupore dell'addetto al seggio che non ha potuto fare altro che affermare: «Ma lei ha già votato». E immaginatevi anche l'incredulità dell'«accompagnatore». Oltre naturalmente al disorientamento del povero anziano, con evidentemente gravi problemi di senescenza.

Questo per dire di come alcuni approfittino delle condizioni di talune categorie di persone per portare acqua al loro mulino.

I voltamarsina

Per finire, non potevamo non accennare ai voltamarsina, cioè a coloro che decidono di votare, talvolta per interesse, per un diverso fronte politico. Giuseppe ha un'idea ben precisa sulla questione: «Oggi voltar marsina non è così scandaloso come affermava nel suo romanzo "Il voltamarsina" don Francesco Alberti. Esiste un elettorato che cambia schieramento per convinzioni proprie o per opportunità personali. A parte lo zoccolo duro dei partiti storici, una parte consistente degli elettori è molto mobile, soprattutto fra i giovani. Gli ideali da strapparsi i capelli hanno lasciato il posto alla politica reale e concisa. Tutti vogliono tutto e subito. Gli ideali sono maggiormente presenti nella fascia di popolazione dai 50 anni in poi. Ma è bello poter lottare con un idealismo moderato ma incisivo. Dare un posto al sole a chi non ce l'ha, per una vita tranquilla, secondo me è appagante e dà la voglia di andare avanti».