Il punto

Il Governo tira dritto sul canone: dal 2029 si passa a 300 franchi

Il Consiglio federale boccia l’iniziativa «200 franchi bastano!» ma non fa sconti sui proventi – Si agirà in due tappe a partire dal 2027 e le modifiche toccheranno anche la soglia di assoggettamento delle imprese – Le reazioni sono negative – L’azienda: «Misure di risparmio già a breve termine»
©Gabriele Putzu

«L’iniziativa SSR avrebbe conseguenze drastiche per l’offerta giornalistica e il radicamento regionale dell’azienda. Pertanto, va respinta». Il consigliere federale Albert Rösti ha messo il punto finale alla questione, sgombrando il tavolo dai dubbi. Dubbi che provenivano – lo ricordiamo – dallo stesso «ministro» democentrista, il quale a suo tempo aveva sottoscritto l’iniziativa. Un no secco che tuttavia non significa evitare di mettere mano al sistema di finanziamento del canone radiotelevisivo. Il Governo, infatti, «intende fare un passo in favore delle economie domestiche e delle imprese», ha precisato ancora Rösti. Tramite una modifica dell’ordinanza, il canone passerà dagli attuali 335 franchi all’anno a 300. Non sarà ad ogni modo una «discesa improvvisa». L’Esecutivo procederà infatti per fasi: dal 2027 si passerà a 312, per poi passare a 300 franchi a partire dal 2029. Di conseguenza, nei prossimi anni la quota rimarrà invariata. Questa proposta, ha spiegato ancora Rösti durante la conferenza stampa, «permetterà di contrastare quanto avanzato dall’iniziativa popolare». E concederà alla SSR un periodo di transizione per attuare le necessarie misure di risparmio. Inoltre, nel decidere di sgravare le economie domestiche, il Consiglio federale ha tenuto conto delle diverse abitudini degli utenti: sempre più persone, infatti, fruiscono di servizi streaming a pagamento (Netflix, Spotify, mySports...).

Si passa a 1,2 milioni di fatturato

Il piano del Governo prevede però un’altra modifica, anch’essa già annunciata in novembre: il limite d’assoggettamento al canone delle imprese verrà portato dal 2027 dagli attuali 500 mila franchi di fatturato a 1,2 milioni. Secondo i calcoli del Consiglio federale, «questo sgravio andrà a beneficio dell’80% circa delle aziende soggette all’IVA, soprattutto piccole e medie imprese». La proposta, tuttavia, non piace all’Unione delle arti e dei mestieri (USAM), l’associazione mantello.

Un po’ di conti

Ma, a livello di conti, cosa c’è in ballo tra la proposta del Governo e l’iniziativa «200 franchi bastano!»? Anche in questo caso, è l’Esecutivo a chiarire la questione. «In caso di approvazione dell’iniziativa popolare, la quota del canone a favore della SSR scenderebbe dagli 1,319 miliardi di franchi odierni (1,25 miliardi più 69 milioni di rincaro) a circa 630 milioni», viene spiegato nei documenti. In pratica, il budget a disposizione dell’azienda verrebbe dimezzato. Con il progetto del Governo, invece, a partire dal 2029 gli introiti derivanti dal canone scenderebbero a 1,2 miliardi, circa 120 milioni in meno rispetto a oggi. Dettaglio non indifferente: la SSR non beneficerà più - o perlomeno non del tutto - del rincaro.

«Siamo sconcertati»

Le reazioni alla decisione del Governo? Negative. Se da un lato la SSR si dice soddisfatta «della chiara presa di posizione contro questa iniziativa», dall’altra ha «preso atto» del piano dell’Esecutivo. Ora, l’azienda analizzerà nel dettaglio le conseguenze della decisione: «Si tratta dell’inizio di un lungo processo», spiega la SSR in una nota. «Una cosa però è certa: la SSR farà il massimo, entro i limiti delle risorse finanziarie, per continuare a garantire a tutte le regioni del Paese un servizio pubblico diversificato e di alto livello qualitativo». Secondo l’azienda, inoltre, verranno adottate già a breve termine nuove misure di risparmio «indipendentemente dalla decisione del Governo». I motivi? «Il calo dei proventi pubblicitari e l’inflazione». A questo proposito, ai microfoni dei TeleTicino, il direttore della RSI Mario Timbal ha spiegato che «un taglio superiore al 15% (del canone, ndr) avrà un impatto sia sull’offerta sia sull’occupazione nella Svizzera italiana». Inoltre, «sono già pronte misure di risparmio». La mossa del Governo, come prevedibile, non ha fatto breccia in altri ambienti. I Verdi, così come l’Unione sindacale svizzera, sono contrari. Il sindacato SSM si è invece detto «sconcertato» dalla decisione del Consiglio federale «di imporre la controversa revisione dell’ordinanza nonostante le severe critiche avantate sia sul piano procedurale che sostanziale». «Questa misura non solo indebolisce il servizio pubblico dei media, ma mette a repentaglio la democrazia stessa», afferma Silvia Dell’Aquila, segretaria centrale del Sindacato dei media SSM. «Temiamo per il futuro delle istituzioni politiche, per il nostro panorama mediatico, per l’indipendenza del giornalismo e per la qualità e la varietà della copertura giornalistica». Sulla stessa linea l’associazione ticinese dei giornalisti, secondo cui «una SSR forte, accompagnata da misure in favore anche dei media privati, rappresenta di certo lo strumento migliore per evitare il dilagare della disinformazione, un flusso di fake news che rischia di indebolire il nostro sistema democratico».

E i privati?

«Ho sempre espresso la mia opposizione all’iniziativa 200 franchi bastano! e, pertanto, accolgo positivamente la decisione del Consiglio federale di respingere il testo», ha commentato Jürg Bachman, ex presidente delle radio private svizzere. «Credo che la SSR debba disporre dei mezzi necessari per svolgere il servizio pubblico, ma è altrettanto importante che vi sia spazio anche per i privati». Secondo Bachmann, infatti, «con una SSR forte, a trarne vantaggio è l’intero sistema mediatico». Che dire, invece, del fatto che il messaggio del Consiglio federale non dica nulla sulla quota parte destinata alle emittenti private? «È un punto cruciale che dovremo discutere e chiarire al più presto con l’UFCOM e il DATEC e questo considerato che l’iniziativa 200 franchi bastano, invece, garantisce alle emittenti private la quota di canone attuale. Al momento non sappiamo come intende muoversi il Consiglio federale ma ci batteremo affinché questo vincolo venga mantenuto anche nella proposta che uscirà dal Parlamento».

«Se non è una fuga in avanti dell’Esecutivo poco ci manca» 

«Il fatto che il Consiglio federale respinga l’iniziativa è sicuramente positivo, in quanto la proposta avrebbe effetti deleteri sul servizio pubblico e sulla presenza della SSR nelle varie regioni, in particolare quelle abitate dalle minoranze linguistiche», ha commentato al CdT il consigliere nazionale Alex Farinelli. Il deputato PLR, tuttavia, non nasconde una certa sorpresa di fronte alla decisione dell’Esecutivo di inserire una chiara tabella di marcia per l’adattamento dell’ordinanza proposta. «Se non è una fuga in avanti, poco ci manca», commenta Farinelli. Pur riconoscendo che la legge conferisce al Governo precise deleghe sulla fissazione del canone, trattandosi di un’iniziativa popolare – secondo Farinelli – si sarebbe dovuto riconoscere il primato del Parlamento. «Il Consiglio federale avrebbe dovuto semplicemente respingere l’iniziativa, ricordando i vari scenari elaborati. Invece ha stabilito che dal 2027 è prevista una progressiva diminuzione del canone per le persone fisiche e giuridiche. È vero che il Parlamento in questi due anni e mezzo, verosimilmente, avrà tempo per svolgere i suoi lavori, ma istituzionalmente il Consiglio federale non avrebbe dovuto fissare date e, di conseguenza, cifre». E ancora: «Così facendo il Governo ha ribadito una volta di più che, a prescindere da quello che uscirà dal Parlamento, si vuole arrivare lì. Dobbiamo pensare – prosegue Farinelli – che ci sarà anche una votazione popolare che potrebbe avere un esito molto chiaro, per esempio, contro l’iniziativa». Insomma, secondo il consigliere nazionale PLR, il Consiglio federale si è già determinato. Non solo. Lo ha fatto con un progetto a livello di ordinanza: «Essendo l’ordinanza di competenza dell’Esecutivo, di fatto, il Parlamento ha poco da dire». E quindi? «Di certo, la modifica dell’ordinanza non andrà in votazione, visto che il popolo vota sulla Costituzione o sulle leggi. Ora il messaggio del Governo farà il suo corso e, contestualmente, verrà discussa l’iniziativa. Il Parlamento potrebbe decidere per un controprogetto diretto o indiretto e, alla fine, gli iniziativisti decideranno se ritirare il loro testo o meno».

«Pura cosmesi»

«Di ritirare l’iniziativa non se ne parla», ha commentato dal canto suo il consigliere nazionale della Lega Lorenzo Quadri. «ll Consiglio federale con la sua proposta intende spuntare le armi all’iniziativa 200 franchi bastano. Ma è chiaro che i 300 franchi proposti sono un esercizio di cosmesi che non soddisfa i promotori». L’iniziativa, quindi, verrà messa in votazione indipendentemente dalla modifica dell’ordinanza federale, aggiunge Quadri. Il quale ricorda il massiccio apporto ticinese alla raccolta firme, quasi 32.000. «Il mondo dei media è profondamente cambiato e l’attuale modello della SSR non tiene conto delle mutate abitudini degli utenti», chiosa ancora Quadri.

USAM: «Doppia imposizione»

Di «pura cosmesi» parla anche il presidente dell’USAM Fabio Regazzi. «L’Unione svizzera arti e mestieri ha sempre richiesto che tutte le piccole e medie imprese (PMI) fossero esonerate dal pagamento del canone, indipendentemente dalla cifra di affari». Al riguardo, però, la proposta del Consiglio federale non cambia nulla. «Gli imprenditori e i loro collaboratori pagano già il canone a Serafe in quanto cittadini privati. Come confermato dal Tribunale amministrativo federale, si tratta quindi di una doppia imposizione inammissibile da parte dell’Amministrazione federale», commenta ancora Regazzi. L’organizzazione mantello continuerà quindi a impegnarsi per l’abolizione completa della tassa per le PMI. «Finché questo obiettivo non sarà raggiunto a livello politico, l’USAM sosterrà l’iniziativa popolare «200 franchi, bastano!».