L'analisi

Il lato oscuro delle cripto blockchain

Sempre più frequente l'abuso di sistemi di pagamento alternativi per coprire transazioni illegali – Il fenomeno tocca vari settori: il finanziamento del terrorismo, le scommesse clandestine o l'oscuro mondo del Darkweb
© Ti-Press / Massimo Piccoli
Gian Luigi Trucco
26.10.2023 06:00

Le valute digitali, la cui circolazione globale supera i 1.120 miliardi di dollari, possono portare benefici a privati, istituzioni pubbliche e private, come illustrato nella seconda edizione del PlanB Forum svoltosi a Lugano la scorsa settimana, ma costituiscono, in misura sempre maggiore, mezzi a disposizione di criminali e terroristi per sviluppare le loro attività. Il fenomeno non è nuovo. Già molti anni fa l’organizzazione Al-Sadaqah (trad. «contributo volontario»), legata ad Al-Qaeda, sollecitava offerte in Bitcoin attraverso Facebook e Telegram. La valuta digitale è stata usata anche da altri gruppi terroristici, a iniziare dall’ISIS, che aveva a Raqqa un centro di raccolta dei finanziamenti e aveva creato su Darknet il sito Isdarat.

Un modello consolidato

L’uso delle cryptocurrencies in questo ambito è stato definito come la versione tecnologica del tradizionale modello hawala, con cui si versa denaro a una persona di fiducia in un luogo e, attraverso una serie di connessioni, compensazioni e parole convenute, un’altra persona mette a disposizione la somma in un’altra località, spesso molto lontana. Il tutto senza alcuna traccia, con transazioni effettuate magari in una via elegante di Londra o Manhattan o in un suk fra tappeti o barattoli di miele. Ma il finanziamento del terrorismo è solo uno dei lati del problema. Secondo Europol e le omologhe di altre aree, Bitcoin è oggi lo strumento più utilizzato dalla criminalità organizzata e la forma esclusiva di riscatto richiesta nei casi di estorsione.

La discrezione è centrale

Le ragioni del favore che le criptovalute incontrano sono molteplici, e anche singolari. La Blockchain su cui le transazioni girano ne assicura una precisa registrazione, ma vengono meno i dati di mittente e destinatario, rappresentati da stringhe di numeri e lettere, per cui l’identificazione personale, con nomi, indirizzi e altre informazioni, in caso di inchiesta, si presenta complessa (e costosa, in quanto realizzabile da parte di entità specializzate). L’anonimato diventa ancora più «protetto» con l’utilizzo di software particolari disponibili su Darknet. Bitcoin fornisce una certa sicurezza finanziaria (a parte la volatilità del valore e il rischio di truffe o di perdita dei dati relativi al proprio digital wallet), le transazioni sono irrevocabili e le «coin» non duplicabili. Possono essere cambiate in denaro ordinario e usate per acquisti sia in forma normale che su Darknet, anima nera della rete.

Uno scenario complesso

Il contrasto a queste attività non è facile. Le norme nazionali e sovranazionali sono rafforzate, sono costituite agenzie specializzate nel contrastare il crimine organizzato, il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, come il team da poco impiantato da Scotland Yard sulla scia di preoccupanti sviluppi, come indica la recente inchiesta del Financial Times (vedi box a lato), ma il fenomeno si espande a nuovi settori: dal traffico di droga e di esseri umani alla pedofilia, passando per le scommesse clandestine, il traffico di armi e di prodotti vietati, i furti di identità, le estorsioni, le frodi, e ovviamente il terrorismo.

Un’analisi del complesso scenario è stata condotta in occasione della Global Conference on Criminal Finances and Cryptocurrencies, svoltasi a Basilea nel settembre 2022, con la partecipazione, oltre che di istituzioni pubbliche, anche di provider di asset virtuali. Secondo i dati del 2022 il totale delle transazioni illecite in Bitcoin ammontava ad oltre 20 miliardi di dollari, e da allora è certamente aumentato. Quali le ragioni di questo successo ? Con le procedure di compliance bancaria sempre più intrusive e il mantra KYC (know your customer), la confidenzialità risulta essenziale. Inoltre l’accesso alla piattaforma e le transazioni sono veloci, dirette, senza una terza parte coinvolta, non servono spazi per custodire biglietti di banca o lingotti, ma solo un portafoglio virtuale, ancorchè a rischio di furto e truffa, come le cronache mostrano.

L’intervento di Israele

Quella del terrorismo è un’area critica, tanto che società private si sono affiancate a enti pubblici per combattere il fenomeno, creando software in grado di monitorare e bloccare transazioni sospette. Ad esempio, nei primi sei mesi di quest’anno le autorità di Israele hanno cancellato ben 190 indirizzi sulla piattaforma Binance, confiscando averi in Bitcoin di militanti iraniani e di Hezbollah per quasi un miliardo di dollari.

Piovono milioni da ogni parte

L’attualità porta sotto i riflettori Hamas e la Jihad Islamica Palestinese. Come indica il Wall Street Journal, per loro i canali di finanziamento sono globali, da parte di nazioni amiche e di enti benefici, con una elevata quota di cripto, pari a decine di milioni di dollari, in grado di aggirare le sanzioni. Hamas, la sua brigata militare Al-Qassam e altri gruppi terroristici palestinesi usano Facebook e X (ex Twitter), indicando addirittura i dati dei loro wallet digitali, invitando a donare, e le rimesse di cifre anche piccole, 20 o 100 dollari, piovono numerosissime da ogni direzione, USA inclusi. Secondo quanto dichiarato da Dmitry Machikhin, CEO della società di cryptoanalisi BitOK, Hamas avrebbe ricevuto fra il 2020 ed il 2023 circa 41 milioni di dollari di «offerte», mentre altri 94 milioni sarebbero detenuti dalla Jihad Islamica Palestinese, partner di Hamas, secondo quanto riferito dalla società di analisi Elliptic. Un «fundraising» di successo, in aggiunta agli almeno 100 milioni di dollari che ogni anno Hamas riceve dall’Iran attraverso la Turchia ed il Libano, anche con l’uso di società fantasma e la negoziazione di metalli preziosi, e a quelli che le organizzazioni «caritatevoli» del Golfo inviavano a Gaza.