Il lavoro, il capitale e la forza d’urto dei valori cristiani

Il 18 maggio del 1919 vedeva la luce l’Organizzazione cristiano-sociale ticinese. Per sottolineare il centesimo anniversario della fondazione dell’OCST lo scorso mese di maggio è stato presentato il libro «Il sindacalismo di area cattolica nel Cantone Ticino», curato dagli storici Alberto Gandolla e Antonio Gili e dato alle stampe dalla Fontana Edizioni. Cogliamo quindi l’occasione per ripercorrerne la storia e ricordare alcuni personaggi che hanno contribuito a farla.
È con Alberto Gandolla, già insegnante alle medie e attivo in seno alla stessa OCST per il settore della scuola, che ci addentriamo nel ricordo di persone e fatti che hanno contribuito a tracciare il lungo cammino di un’organizzazione che pur arrivando sulla scena dopo quelle di ispirazione socialista ha una particolarità tutta sua, perlomeno in Svizzera. È infatti il sindacato più rappresentativo del cantone, come ci spiega Gandolla.
L’ispirazione
«Lo scopo di ogni organizzazione sindacale – prosegue lo storico – è di contribuire alla creazione di una società più giusta e nella quale pure i lavoratori abbiano dunque una loro dignità. Valori, quelli della giustizia e della dignità, a cui si ispira anche l’insegnamento sociale della Chiesa. Non deve perciò stupire che nel nostro cantone, all’inizio del ventesimo secolo, per difendere i diritti degli uomini e delle donne in quanto lavoratori, siano scesi in campo pure dei sacerdoti. L’associazionismo cattolico era già molto presente in Ticino ma mancava una focalizzazione specifica sul tema sindacale».

L’uomo della grande svolta
«Il grande, eccezionale motore dell’OCST, l’uomo che ha contribuito a forgiarne il volto vincente, è stato don Luigi Del-Pietro. Nato nel 1906 e originario del villaggio leventinese di Calpiogna, Del-Pietro nel 1929 era stato chiamato dal vescovo Aurelio Bacciarini a dirigere l’OCST, rimanendo poi alla guida del sindacato fino alla morte, avvenuta nel 1977. Il giovane Luigi Del-Pietro, in un momento storico caratterizzato dalla grande crisi economica mondiale, aggregò attorno a sé molti lavoratori, che magari non si sentivano rappresentati dagli altri sindacati. Dopo di che diede all’OCST una struttura interprofessionale con validi servizi e molto presente sul territorio ticinese, con la sede principale a Lugano e segretariati regionali a Mendrisio, Locarno, Bellinzona e poi anche a Biasca».
I servizi offerti già ai tempi dall’OCST erano «la cassa disoccupazione, la cassa malati, le colonie per i giovani, il segretariato agricolo e quello femminile e la consulenza legale», come precisa Alberto Gandolla che prosegue parlando ancora di don Del-Pietro.

L’abilità di leggere i tempi
«La grande qualità di Luigi Del-Pietro, nel corso dei decenni passati alla testa dell’OCST, è stata quella di saper sempre leggere e capire con prontezza sia i tempi sia le relative problematiche che si presentavano di volta in volta. Dopo la Seconda guerra mondiale il Ticino da rurale qual era entrato nell’epoca dell’industrializzazione e Del-Pietro, sostenuto dai validi collaboratori di cui si era circondato, aveva saputo individuare i nuovi tasti da toccare per il bene e la dignità dei lavoratori, per esempio l’accoglienza degli operai provenienti dall’estero. Come poi negli anni Sessanta e Settanta, quando in Ticino sono arrivati in gran numero i lavoratori stranieri con lo statuto di stagionali o annuali e soprattutto frontalieri. E le qualità di don Del-Pietro in materia di organizzazione e visioni hanno permesso all’OCST di essere davvero efficiente e concreta sul piano dell’azione a sostegno dei lavoratori».


La rottura dei tabù
Alberto Gandolla, rimanendo al tema dell’azione sul campo, annota che «l’OCST inizialmente aveva puntato soprattutto sulla disponibilità al confronto e al dialogo con il padronato, tanto che fino a metà degli anni Trenta per l’organizzazione sindacale cristiano-sociale l’arma dello sciopero, con le possibili derive violente, è sempre stata un tabù».
Uno stato delle cose che non era però durato a lungo, dopo la nomina di Luigi Del-Pietro alla testa dell’OCST... «Il giovane prete originario di Calpiogna ben presto vide nella stipulazione di contratti collettivi lo strumento principale per garantire i diritti di lavoratori e lavoratrici, ma la controparte padronale faceva grandi resistenze. Ecco allora che Del-Pietro fece dello sciopero un’altra possibile freccia all’arco dell’OCST. Più in generale, si può affermare che Luigi Del-Pietro ha rappresentato nel migliore dei modi l’anima sociale della Chiesa ticinese. La stessa era a volte conservatrice in ambito teologico ma i suoi uomini che operavano nei molteplici campi della socialità conservatori lo erano ben poco. Anzi, spesso sono stati dei grandi innovatori sociali come appunto Del-Pietro».

L’ala politica
L’Organizzazione cristiano-sociale ticinese nel tempo si è anche fatta forte di un’ala politica, di uomini impegnati direttamente in assise parlamentari e pure di governo. «Uno degli altri personaggi importanti per il contributo che hanno saputo dare affinché l’azione dell’OCST diventasse sempre più efficace è Francesco Masina. Impegnato nel sindacato e tra i fondatori della Caritas, per il Partito conservatore, diventato in seguito PPD, è stato granconsigliere e consigliere nazionale fra il 1935 e il 1959. Deputato al Consiglio Nazionale, passando a tempi più recenti, è stato dal 1999 al 2011 anche Meinrado Robbiani, dal 1987 al 2016 segretario cantonale dell’OCST , per la quale ha lavorato per 41 anni. A proposito dell’ala politica, potrei fare anche i nomi di Giovanni De-Giorgi, Agostino Bernasconi, Angelo Pellegrini e Camillo Jelmini, altri cristiano-sociali che hanno dato un grande contributo sociale e politico affinché la socialità stessa non venisse lasciata in un angolo da chi è chiamato a governare e a fare le leggi. E agli albori del nostro sindacalismo cristiano-sociale non era una cosa per nulla scontata, compresa e accettata da certi settori della società per i quali gli ambienti vicini alla Chiesa dovevano occuparsi solamente delle questioni religiose e non mettere il naso nei rapporti fra capitale e lavoro».


Spunti per il futuro
Riassumere qui la storia centenaria dell’OCST è davvero ostico, se non impossibile. Speriamo quindi che le parole di Alberto Gandolla stimolino i lettori del CdT a dare almeno un’occhiata all’opera che ha curato insieme al collega Antonio Gili, appunto «Il sindacalismo di area cattolica nel Cantone Ticino».
Gandolla ha pure scritto un libro su Luigi Del Pietro («Una vita per la giustizia – Monsignor Luigi Del-Pietro Prete per il mondo del lavoro», 2017, Fontana Edizioni) e si augura che la pubblicazione sull’OCST induca gli storici ad approfondire ulteriormente la vicenda dei sindacati in Ticino e del loro rapporto con il padronato, in vista anche delle difficili sfide future.
«Negli archivi delle organizzazioni sindacali ticinesi, indipendentemente dalla loro matrice, socialista, cristiano-sociale o liberale che sia, non manca altro materiale interessante da andare a scovare e studiare. Anche la documentazione in mano alle controparti padronali è interessante. Di conseguenza, non mi dispiacerebbe affatto se un giorno si arrivasse a offrire al pubblico delle pubblicazioni comuni su quanto è avvenuto in Ticino nella storia dei rapporti fra capitale e lavoro, così da proporre una visione nel contempo globale e ricca di sfaccettature e giudizi», afferma infatti in conclusione lo storico.
Gli accesi scambi fra i sindacalisti e i loro detrattori
Come erano visti i cristiano-sociali dagli avversari? E quali erano le repliche? Per saperlo ci affidiamo alle parole pronunciate da Antonio Gili in occasione della presentazione del libro «Il sindacalismo di area cattolica nel Cantone Ticino», avvenuta lo scorso 11 maggio alla Biblioteca cantonale di Lugano.
Etichette equivoche
«Nel 1919 – ha ricordato l’ex direttore dell’Archivio storico della Città di Lugano – fu istituita l’OCST e nel 1920 iniziò le pubblicazioni il suo organo a stampa Il Lavoro, che sostituì La Gazzetta del Lavoratore, foglio delle leghe operaie e agrarie cattoliche fondate dal canonico di Locarno don Carlo Roggiero all’inizio di quel secolo. La stampa liberale definì il gruppo fondatore dell’OCST la “parte cristiano-sociale del partito socialista”, formula ambigua non dissimile da quella di “socialisti cristiani” utilizzata dal cattolico-conservatore Enrico Celio (futuro consigliere federale) in un suo articolo su Popolo e Libertà (organo del Partito conservatore democratico ticinese), che aveva costretto la predetta Gazzetta a specificare che per i cattolici, socialismo e cristianesimo erano due idee “insociabili come i termini di contraddizione”. Il Lavoro, nel suo primo editoriale del 9 gennaio 1920, scrisse che nel servire la causa del popolo “le nostre schede potranno unirsi a quelle dei socialisti – contro i partiti storici troppo restii a svestirsi di una certa atavica tendenza esclusivista – quando si tratterà di provvedere mediante legislazioni al miglioramento economico della massa lavoratrice”. Questa dichiarazione d’intenti diede adito a speculazioni politiche su vari giornali di partito».

Socialisti cristiani
«Negli ambienti padronali della borghesia ticinese confrontati con la grave crisi economica del 1921-’22, si generalizzò invece l’idea bizzarra che il gruppo cristiano-sociale fosse “l’ala destra della sinistra social-comunista”. A quegli ambienti appartenevano anche gli industriali e impresari di estrazione economica liberale ma di pratica (o almeno di tradizione) cattolica, i quali, ligi alle leggi infallibili di mercato, temevano che un’irruzione estranea, quale ritenevano quella del gruppo cristiano-sociale, potesse paralizzare il progresso. Questi timori sussistono nel tempo e risalgono agli albori del movimento cristiano-sociale ticinese. Nel 1905 don Roggiero, appellandosi al professor Josef Beck, uno dei leader storici del cattolicesimo sociale svizzero, stigmatizzava con queste parole i pregiudizi degli ambienti cattolici più reazionari: “Voi avete sovente osservato che ai nostri giorni gli sforzi per far riconoscere alla società i principi di giustizia urtino contro il pregiudizio che la riforma sociale sia lo stesso che la rivoluzione sociale. Il vero cristianesimo sembra ad alcuni consistere nel conservare lo stato sociale perfettamente come lo è adesso, o tutt’al più di addolcire coll’elemosina o colla carità le miserie causate dagli eccessi del capitalismo. Chiunque parli di giustizia sociale è perciò tacciato da quella corrente di demagogo, di socialista cristiano e, nel caso più favorevole, di idealista. In verità un accecamento deplorevole!”».


Sedicenti cattolici
«Nel 1923 Il Lavoro denunciò senza peli sulla lingua la riduzione della religione a mero strumento di conservazione e di ordine sociale: “Vi è della gente che si fa una strana concezione del Cristianesimo. Di questa religione d’amore, di fratellanza, di giustizia, essi non vogliono vedere che il lato puramente utilitario, e non l’ammettono se non in quanto non rechi loro molestia e serva invece ai loro interessi immediati. La religione è cosa abbassata al livello del gendarme o di un istrumento indispensabile d’ordine, di governo, di rispetto della proprietà privata. Se essa eleva la voce per condannare gli eccessi delle classi, dette dirigenti, la rapina, l’usura dei grandi, l’amoralità, anzi l’immoralità di certi impieghi di capitali, e per richiamare a tutti le leggi immutabili della giustizia e della carità, questi signori interessati fanno gli offesi, gli scandalizzati ed esclamano concordi: “Cosa c’entra la religione in questo? Lasciate stare, non occupatevi di questo”».
Che cos'è la dottrina sociale
Di Carlo Silini
Anno di anniversari, il 2021, per quella parte dell’insegnamento cattolico che si occupa di questioni sociali. L’espressione «dottrina sociale della Chiesa» fu infatti coniata 80 anni fa, nel 1941, da papa Pio XII. Ma quella che viene considerata la prima enciclica sul tema, la Rerum Novarum, firmata da Leone XIII, risale a mezzo secolo prima, cioè al 1891.
Le origini
Se è vero che, storicamente, la dottrina sociale prende forma nell’Ottocento, anche a seguito delle grandi battaglie laiche (marxismo e socialismo) per i diritti dei lavoratori, in nuce i suoi principi si trovano già nella Bibbia. Per esempio nell’idea di un Dio liberatore degli oppressi nel libro dell’Esodo e nel rispetto della dignità della persona che emerge dai testi evangelici.

I principi
Spesso la dottrina sociale della Chiesa cattolica viene descritta come una «terza via» tra capitalismo e collettivismo. I suoi principi, stando al Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (2004), sono: il bene comune, cioè «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente »; la destinazione universale dei beni:«Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa è contenuto all’uso di tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire a tutti con equo criterio»; la sussidiarietà in base alla quale «tutte le società di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto quindi di sostegno, promozione, sviluppo rispetto alle minori»; la partecipazione, cioè le attività mediante le quali il cittadino «contribuisce alla vita culturale, economica, sociale e politica della comunità civile cui appartiene»; la solidarietà, per cui «il processo di accelerazione dell’interdipendenza tra le persone e i popoli deve essere accompagnato da un impegno sul piano etico-sociale altrettanto intensificato».
I testi vaticani di riferimento
Rerum Novarum, Leone XIII, 1891; Quadragesimo anno, Pio XI, 1931;Mater et magistra, Giovanni XXIII, 1961;Pacem in terris, Giovanni XXIII, 1963; Gaudium et spes, Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II, 1965; Populorum progressio, Paolo VI, 1967; Octogesima adveniens, Paolo VI, 1971; Laborem Exercens, Giovanni Paolo II, 1981; Sollicitudo rei socialis, Giovanni Paolo II, 1987; Centesimus annus, Giovanni Paolo II, 1991; Caritas in veritate, Benedetto XVI, 2009; Laudato si’, 2015; Fratelli tutti, Francesco, 2020.
Un'opera scritta da dieci autori
Il libro
«Il sindacalismo di area cattolica nel Cantone Ticino – Centenario dell’Organizzazione Cristiano-Sociale 1919-2019» (Fontana Edizioni, 2021) è stato curato da Alberto Gandolla e Antonio Gili. Già docente di storia alle scuole medie di Tesserete, Gandolla è è presidente della Fondazione Monsignor Luigi Del-Pietro e responsabile dell’Archivio dell’OCST. Gili è invece stato direttore dell’Archivio storico della Città di Lugano e del periodico Pagine storiche luganesi.

Gli altri contributi
All’opera hanno contribuito anche Aldo Carera (ordinario di Storia economica all’Università cattolica di Milano), Maria Libotte (storica che collabora con la Fondazione Mons. Del-Pietro e l’Associazione archivi riuniti delle donne Ticino), Luigi Maffezzoli (giornalista e storico), Lorenzo Planzi (dottore in Storia contemporanea e ricercatore all’Università di Friborgo), Renato Ricciardi (attuale segretario cantonale dell’OCST), Meinrado Robbiani (già segretario cantonale dell’OCST e vicepresidente di Travail.Suisse), Gabriele Rossi (ex docente di storia alle medie e attivo in seno alla Fondazione Pellegrini Canevascini per la storia sociale della Svizzera italiana) e Giorgio Vecchio (già professore ordinario di Storia contemporanea all’Università di Parma).