Il Maine segue il Colorado, quel XIV emendamento che mette i bastoni tra le ruote a Trump

Il Maine squalifica Donald Trump dalle primarie repubblicane del 2024. È accaduto di nuovo. Era successo, solo nove giorni fa, con la Corte suprema del Colorado. Il segretario di stato del Maine, massimo funzionario elettorale dello stato americano, ha rimosso l'ex presidente dalla scheda elettorale dello Stato per il 2024. Alla base della decisione ci sarebbe il «divieto di insurrezione» contenuto nel XIV emendamento. Lo riferiscono i media americani. Che riportano pure le parole scritte dal segretario Shenna Bellows: «Sono consapevole che nessun segretario di Stato ha mai privato un candidato presidenziale dell'accesso al voto sulla base della Section 3 del XIV emendamento. Comunque sono anche consapevole che nessun candidato presidenziale è stato mai impegnato in una insurrezione. La Costituzione degli Stati Uniti non tollera un assalto alle fondamenta del nostro governo». Gli eventi del 6 gennaio 2021 «si sono verificati per volontà, conoscenza e sostegno del presidente uscente». Le primarie in Maine e in Colorado sono in calendario nel Super Tuesday previsto il 5 marzo.
Era l'inizio di settembre quando alcuni esperti di diritto costituzionale si erano fatti avanti sostenendo che gli sforzi dell'ex presidente per rovesciare i risultati delle elezioni del 2020, in base al XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, di fatto renderebbero Trump ineleggibile. Ma di che cosa si tratta?
Il XIV emendamento
Il XIV emendamento fu adottato nel lontano 1868. Gli Stati Uniti avevano appena conosciuto una sanguinosa guerra civile e, fra le altre cose, si trattava di includere, fra i cittadini del Paese, anche gli afroamericani appena liberati dal giogo della schiavitù. Non a caso, l'articolo 1 recita: «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e sottoposte alla relativa giurisdizione sono cittadine degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono». Che cosa dice la Section 3? Fu introdotta per impedire che qualsiasi funzionario civile o militare che aveva servito negli Stati Uniti prima della Guerra civile riguadagnasse posizioni di autorità se aveva tradito il suo Paese sostenendo la Confederazione sudista e riguarda l’«interdizione dall’ufficio per insurrezione o ribellione».
«Nessuno – vi si legge – potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vice Presidente o potrà tenere qualsiasi ufficio, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, dopo avere prestato precedentemente giuramento - come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato - di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, si sarà impegnato in un'insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione».
È davvero applicabile?
Non tutti gli studiosi di diritto concordano sul fatto che il XIV emendamento possa applicarsi al «caso Donald Trump» e il tentativo di insurrezione attuato a Washington il 6 gennaio 2021. Poiché tale tesi – sostengono – abbraccerebbe una definizione decisamente troppo ampia del testo dell'emendamento. Michael McConnell, professore della Stanford Law School, ha spiegato che termini come «insurrezione» o «ribellione» dovrebbero applicarsi solo alle rivolte più gravi contro il Governo, come la guerra civile. E, dunque, non a una sommossa come quella di Capitol Hill. C'è pure chi ha suggerito che squalificare, unilateralmente, un candidato potrebbe essere visto e interpretato come un passo antidemocratico.
Le reazioni
Lo staff dell'ex presidente aveva subito definito la decisione della Corte suprema del Colorado di escludere Donald Trump dalle primarie repubblicane per la Casa Bianca nello Stato come «sbagliata e antidemocratica», annunciando un ricorso alla Corte Suprema federale, incaricata di dirimere la questione e stabilire – a livello federale – se il tycoon è legittimato a candidarsi. Su Truth lo stesso Trump aveva scritto un post polemico: «È un giorno triste per l'America quando un famigerato procuratore come lo squilibrato Jake Smith è messo nella posizione di procuratore speciale da Lisa Monaco e dagli altri banditi che circondano il nostro incompetente presidente, il corrotto Joe Biden, per sporcare la mia reputazione con l'obiettivo di interferire nelle elezioni e, idealmente, mettermi in prigione» (il procuratore Smith è alla guida delle inchieste legate all'assalto al Congresso, ndr.). «Noi combatteremo per l'America come mai fatto prima», aveva detto nelle stesse ore Trump ai suoi sostenitori, durante un comizio in Iowa: «È la nostra battaglia finale, con voi al mio fianco. Cacceremo i globalisti, i marxisti comunisti e fascisti, sfratteremo Joe Biden dalla Casa Bianca e finiremo il lavoro una volta per tutte».
Nelle scorse ore, dopo la decisione del Maine, il primo a parlare è stato Steven Cheung, portavoce della campagna elettorale di Trump: Una decisione «atroce. Stiamo assistendo in tempo reale al tentativo di furto di un'elezione». Quindi le critiche al segretario di Stato Shenna Bellows per essere una sostenitrice del presidente Joe Biden.
Trump confermato nella lista elettorale in California
La California ha invece deciso di considerare valida la candidatura di Donald Trump. Nello Stato più popoloso degli USA, la commissione elettorale ha un potere limitato di rimuovere dalle schede i candidati, spiega il New York Times nel dare la notizia. Le decisioni contrastanti, rileva la testata, evidenziano le tensioni che riguardano la democrazia e il diritto di voto negli Stati Uniti e si moltiplicano gli appelli perché intervenga la Corte Suprema per stabilire se l'ex presidente sia o no eleggibile come candidato repubblicano alla Casa Bianca alle elezioni generali del 5 novembre 2024.