«Il mondo quantico è come il nostro: le interazioni danno senso al tutto»
La scienza ha sempre avuto un ruolo rilevante nella storia dei TED Talks. E anche Bellinzona non fa e non farà eccezione. Mercoledì sera al TEDx tra gli ospiti figura anche la fisica sperimentale Chiara Decaroli, attiva nell’ambito del quantum computing. Attualmente è manager presso Oxford Ionics e advisor per Redstone VC, dove gestisce un portafoglio di startup nel campo delle tecnologie quantistiche.
Dottoressa Decaroli, siamo soliti pensare alla fisica quantistica come alla materia più ostica per eccellenza. È davvero così?
«Innanzitutto bisogna dire che la meccanica quantistica è la parte della fisica moderna che si occupa di cercare di spiegare la materia nel suo stato più fondamentale, ovvero di capire come singoli atomi, fotoni, elettroni si comportano e interagiscono fra di loro. Ed è una scienza molto “nuova”, che ha visto le prime teorie emergere con Einstein, Bohr, Schroedinger negli anni Venti del Novecento. A confronto con altre branche della fisica, come la fisica meccanica e la fisica termodinamica, ormai familiari, la meccanica quantistica deve ancora essere assimilata e si sta ancora traducendo nella vita di tutti i giorni e nella cultura generale. Dall’altra parte, non si può negare che, in effetti, la meccanica quantistica parli di un mondo molto distante dal nostro, con leggi del tutto stupefacenti e non intuitive, come il principio della superposition, secondo cui un oggetto quantistico può esistere in diversi stati quantistici in contemporanea, e il principio dell’entanglement secondo cui due oggetti quantistici possono entrare in contatto e instaurare correlazioni che vengono sostenute anche se essi vengono separati e portati a distanza. Molti di questi fenomeni sono comprensibili solo attraverso la matematica».
Ha citato Niels Bohr. Spesso si ricorda la sua frase: «Se la teoria dei quanti non vi sconvolge, è perché non l’avete capita». Perché dovrebbe sconvolgerci?
«Proprio perché questa teoria è basata su leggi e principi molto diversi da quelli della fisica delle nostre “dimensioni umane”, dove per esempio gli elettroni possono passare attraverso barriere, dove i gatti sono vivi e morti contemporaneamente (citando il famoso gedankenexperiment del gatto di Schroedinger). È proprio questo elemento sconvolgente che mi ha attratta verso la fisica quantistica: era la materia che capivo meno e, allo stesso tempo, quella che spiegava le cose al livello piu fondamentale».
Come entra, la fisica quantistica, nella nostra vita quotidiana? E in che modo l’ha cambiata?
«La fisica quantistica ormai hapermeato la nostra vita quotidiana. Basti pensare a una tecnologia inventata negli anni Sessanta che ormai si usa tutti i giorni: il laser. Il laser si basa sul creare un fascio di fotoni tutti della stessa frequenza, ovvero “coerenti”. Viene ormai usato in medicina come in molti apparecchi domestici, nelle auto e per tagliare e modificare materiali. Molte altre tecnologie si basano su fenomeni quantistici, come le lampadine elettriche, i chip che popolano i nostri computer, le macchine per effettuare le risonanze magnetiche. Tutte queste tecnologie fanno parte della cosiddetta “prima rivoluzione quantistica”, ovvero si basano sulla teoria quantica sviluppata all’inizio del Novecento. Ma negli ultimi trent’anni una nuova rivoluzione sta avvenendo, la “seconda rivoluzione quantistica”, volta a utilizzare singoli oggetti quantistici come singoli atomi, fotoni ed elettroni per calcolare (la base dei computer quantistici) come sensori (la base del quantum sensing) e per comunicare (la base delle tecnologie per la comunicazione quantistica)».
L’economista Giovanni Barone Adesi, negli scorsi giorni, in un’opinione sulle criptovalute pubblicata proprio sul Corriere del Ticino, scriveva: «Le grandi aziende di Internet oggi sono minacciate dalle innovazioni nella computazione quantistica, che hanno subito una notevole accelerazione». In che modo la computazione quantistica potrà interferire con il dominio dei giganti di Internet?
«I computer quantistici sono computer che si basano sulle leggi della meccanica quantistica e utilizzano singoli atomi, fotoni o elettroni come “qubit” o “quantum bit”. Questi computer funzionano in un modo fondamentalmente diverso rispetto ai computer tradizionali e sono in grado di risolvere alcuni problemi specifici in modo molto più efficace. Per esempio, sono in grado di fattorizzare numeri molto grandi. Tutta la cybersecurity del nostro mondo di tutti giorni, dal modo in cui le nostre carte di credito sono protette, le transazioni online, i nostri dati privati, tutto si basa sulla crittografia, che utilizza numeri molto grandi che sono molto difficili da fattorizzare per proteggere le informazioni. I computer quantistici quindi sono una minaccia alla sicurezza dei nostri dati. Le grandi banche e aziende hanno già iniziato a migrare i loro protocolli di sicurezza a protocolli innovativi che promettono una protezione più elevata nei confronti dei computer quantistici».
Ma avremo mai un computer quantistico a casa nostra?
«Proprio grazie a quanto appena detto, i computer quantistici sono in grado di risolvere alcuni problemi in modo molto piu efficace rispetto ai computer tradizionali. In particolare, problemi molto complessi, con molti fattori e scenari, sono particolarmente adatti a essere risolti con i computer quantistici. Ci sono, oggi, anche molti problemi che non hanno una soluzione, perché troppo complessi per i nostri computer tradizionali. Per esempio, quando vogliamo comprendere alcune interazioni chimiche, per esempio per creare un nuovo farmaco, oggi ci dobbiamo avvalere di approssimazioni. Per creare un nuovo farmaco ci vogliono molti anni e miliardi di dollari, proprio perché le approssimazioni non ci permettono di individuare le ricette con precisione. In futuro i computer quantistici potrebbero aiutarci a creare farmaci mirati a costi più bassi e più velocemente. Come avrete già capito, probabilmente non avremo computer quantistici a casa, perché questi computer sono destinati a risolvere problemi molto complessi, e non a mandare e ricevere email».
Anche nella scienza si può vedere una spinta, essenziale, decisiva, dell’economia. Le prospettive della fisica quantistica sono al servizio dell’economia o della società civile?
«Ci sono molte organizzazioni che esaminano i risvolti etici delle tecnologie quantistiche e dei computer quantistici. I computer quantistici hanno molte applicazioni che variano dal campo della medicina e farmacia al campo dell’energia, della finanza e della logistica. Molte delle applicazioni dei computer quantistici potrebbero avere un enorme impatto sulla società civile, dal permettere passi avanti alla personal medicine, allo sviluppo di nuovi farmaci, allo sviluppo di nuovi materiali per batterie e fonti energetiche più pulite.
Quando si parla di quanti, si citano anche i paradossi. Secondo il paradosso di Hardy neppure esisteremmo. Un concetto difficile da recepire, che va oltre il materialismo. Non si dovrebbe parlare di filosofia quantistica?
«La meccanica quantistica spiega come singoli oggetti quantistici, come singoli atomi, fotoni ed elettroni, si comportano. Non si occupa di spiegare perché si comportano in questo modo. È infatti la filosofia della fisica che cerca di trovare teorie che combaciano con gli esperimenti. C’è tutta una branca della fisica quantistica che si occupa di “interpretarla”, con molte teorie più disparate, dalla teoria dei many worlds alla teoria di Copenaghen, i dibattiti continuano. Ciò che mi ha sempre affascinata è che nel comprendere come la natura si comporta al livello di singoli atomi possiamo comprendere molto di più. Per esempio, nel mondo quantico tutto interagisce con tutto ed è l’interagire con gli altri elementi circostanti che di fatto dà significato e definisce la materia. Non è così anche nel nostro mondo umano?».
Ha accettato di parlare in occasione di un TEDx. Come si racconta la scienza quantistica al grande pubblico?
«In effetti, la fisica quantistica non è l’argomento più semplice da esporre a un pubblico generale. Personalmente mi sono sempre interessata di comunicazione scientifica e fin dai tempi dell’università ho fatto molte attività in outreach. Penso che comunicare la scienza all’infuori del laboratorio sia un compito importante di ogni scienziato, non solo per ispirare le generazioni più giovani ma anche per creare e rinforzare il rapporto tra la scienza e il suo impatto sulla società. La fisica quantistica è una scienza complicata, eppure è davvero molto affascinante, misteriosa e bellissima. Trovo che le reazioni del pubblico siano sempre un misto tra paura e interesse profondo, una fascinazione difficile da trovare in altri argomenti. Parlare di come gli atomi, che costituiscono i nostri corpi, le sedie su cui ci sediamo, le lettere di questo articolo, si comportino, di come ballino una danza speciale e tutta loro che per noi è ancora un po’ sconosciuta, penso che sia il modo migliore per raccontarla al grande pubblico».
Non abbiamo ancora raccontato la sua storia: dalla ricerca agli investimenti in startup di tecnologia, sino a lavorare in una startup che crea computer quantistici. Ci dice di più della sua traiettoria?
«Sono cresciuta nel Nord Italia, ma ho sempre avuto un animo avventuriero, e così dopo il liceo classico sono partita per Edimburgo dove ho studiato fisica sperimentale. Sei anni dopo, con quattro Paesi europei alle spalle, sono “approdata” a Zurigo, dove ho conseguito il mio dottorato ricercando i computer quantistici. Dopo il dottorato, mi sono spostata a Oxford, dove ho contribuito a instaurare il National Quantum Computing Centre, un centro nazionale di ricerca ormai noto a livello mondiale sui computer quantistici. Mi sono occupata soprattutto di lavorare con le aziende che utilizzeranno questa nuova tecnologia, dal settore energetico a quello farmaceutico, da quello finanziario a quello dell’ingegneria. Ho poi fatto un salto nel mondo del venture capital e sono stata una investment manager a Redstone VC, una compagnia che investe in giovani startup in deep tech. Ho investito in cinque compagnie europee nell’ambito delle tecnologie quantistiche. Questo lavoro mi è piaciuto moltissimo, mi ha permesso di comprendere tutto l’ecosistema delle tecnologie quantistiche e di capire quali barriere e quali leve sono importanti nello sviluppo di una tecnologia, fino a renderla un prodotto. Mi è piaciuto talmente tanto parlare con i fondatori delle startup che ho deciso di lavorare per una di queste, Oxford Ionics, con base a Oxford, che costruisce potenti computer quantistici».