Il nucleare è sostenibile? Perché sì e perché no
L’energia nucleare è (ancora) sostenibile? È questo l’interrogativo di fondo che, ieri sera a Tesserete, ha animato il dibattito organizzato dalla LEA, l’associazione del PLRT per l’ambiente e l’energia. Un tema tornato d’attualità dopo che il Consiglio federale, ad agosto, ha riaperto la discussione sulla costruzione di nuove centrali nucleari, manifestando l’intenzione di abolire il divieto approvato dal popolo nel 2017.
A prendere la parola in apertura di serata è stata la presidente della LEA, Marion Eimann, la quale ha ricordato come in pochi anni il contesto energetico sia radicalmente cambiato. Se nel 2011, dopo l’incidente nucleare di Fukushima, il mondo aveva deciso di avviare una riflessione profonda e critica sull’impiego di questa tecnologia, dieci anni dopo anche il Consiglio federale ha pensato di rivedere la propria posizione: «I dilemmi di fondo, però, non sono cambiati», ha detto Einmann, che al termine del suo intervento ha annunciato il passaggio di consegne della carica di presidente a Christian Fini, moderatore (per l’occasione) della serata a tratti accesa che ha visto confrontarsi esperti, politici e imprenditori.
Leonardi: «Affidabile e sicura»
Alla domanda del moderatore, ossia se le rinnovabili possono coprire il fabbisogno crescente di energia senza il supporto del nucleare, Giovanni Leonardi, presidente del CdA dell’Azienda elettrica ticinese (AET) ha evidenziato dapprima come «fuori dai confini svizzeri diversi Paesi, come Finlandia, Svezia, Belgio, abbiano deciso di tornare sui propri passi investendo in progetti. Per non parlare della Francia che nel proprio portafoglio ha messo quattordici nuovi reattori», ha detto Leonardi, sottolineando il ritardo accumulato dalla Svizzera. Quanto alla tecnologia in sé, «il nucleare, specie quello di nuova generazione, è affidabile e sicuro. E questo nella misura in cui produce elettricità 24 ore su 24, a differenza del solare che - in estate - produce 8 ore su 24, meno ancora in inverno». Di qui, la riposta alla domanda iniziale: «Solo il nucleare oggi può garantire la sicurezza dell’approvvigionamento».
Maggi: «Tecnologia problematica»
Sul fronte opposto, il parere del coordinatore del WWF, Francesco Maggi, il quale ha messo in guardia la platea, accorsa numerosa, dai rischi di un’apertura al nucleare: «Frenerà la transizione energetica in corso». Il nucleare - ha ribadito l’ex deputato dei Verdi - è una tecnologia problematica, sia dal profilo economico (i costi di costruzione delle nuove centrali sono esorbitanti) sia dal profilo ambientale, non fosse altro per la gestione delle scorie. «Di fronte al surriscaldamento globale, occorre agire ora, abbattendo le emissioni di CO2», ha aggiunto Maggi. «Lo dobbiamo fare con le rinnovabili».
Cattaneo: «Bisogna essere pragmatici»
Una posizione per certi versi simile a quella dell’imprenditore Rocco Cattaneo: «Dobbiamo essere pragmatici. Abbiamo deciso di ridurre la nostra dipendenza dal petrolio, puntando sull’elettrificazione della mobilità e del riscaldamento. Questo richiede un’enorme diversificazione delle fonti energetiche». Tuttavia, secondo Cattaneo, bisogna essere chiari: «Il nucleare non risolverà il problema entro il 2050. Quello di cui abbiamo urgente bisogno ora sono investimenti massicci nelle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare. Sono le soluzioni più rapide, relativamente economiche e già disponibili». Discutiamo pure del nucleare come opzione per il futuro - ha aggiunto Cattaneo - «ma non sarà la risposta immediata alla crisi energetica. La priorità deve essere investire nelle rinnovabili e affrontare la sfida di garantire energia pulita al momento giusto». Nel frattempo, è essenziale mantenere operativi gli impianti nucleari esistenti per facilitare la transizione. Altrettanto urgente è potenziare i progetti di stoccaggio, come l’aumento dei volumi nei bacini idroelettrici, e farlo con la massima velocità possibile. «Questi interventi non possono aspettare. Dobbiamo agire subito per costruire un sistema energetico resiliente, sostenibile e in grado di rispondere alle esigenze future».
Pesenti: «Serve energia a prezzi competitivi»
Altro imprenditore, altra visione: per il presidente di AITI, Oliviero Pesenti, non bisogna perdere di vista ciò che il nucleare permette di garantire, ovvero energia pulita a basso costo. «Se vogliamo che l’industria svizzera resti competitiva, abbiamo bisogno di energia sicura e a prezzi competitivi. E il nucleare ce lo permette». Secondo Pesenti, è necessario «rimettere la tecnologia al centro del dibattito. Alla politica, però, chiedo di agire senza indugi: se impieghiamo 30 anni per costruire un impianto, avremo perso la partita prima ancora di iniziarla».
Barzaghi: «Non si può imporre un progetto»
Ed è proprio sui processi democratici di deliberazione e scelta che la deputata del PS, Cristiana Zanini Barzaghi, ha calibrato il suo intervento: «Trent’anni per fare una centrale nucleare è ancora un tempo ottimistico. Viviamo in un Paese democratico. Non si può imporre un progetto, qualsiasi esso sia, calandolo dall’alto. Occorre che sia equilibrato e che la popolazione possa avere un ritorno diretto». Più in generale, Zanini Barzaghi ha poi criticato l’idea che l’energia nucleare possa essere definita pulita: «Basti pensare alle scorie o all’estrazione dell’uranio. A livello ambientale, il nucleare non è sostenibile». Secondo la deputata del PS, per uscire dal fossile occorre «fare investimenti su più vettori, come l’idrogeno che ancora viene poco considerato». Inoltre, bisognerebbe avere il coraggio di promuovere comunità autosufficienti all’interno degli agglomerati urbani, «incentivando la creazione di reti locali in cui l’autoconsumo venga massimizzato e valorizzato», ha concluso Barzaghi.