L'editoriale

Il numero dei candidati e la sostanza delle idee

La corsa da record per il Gran Consiglio: l'ambizione e la saggezza di tenere i piedi ben ancorati per terra
Gianni Righinetti
26.01.2023 06:00

La corsa da record per le elezioni cantonali risveglia un moderato entusiasmo sullo stato di salute del nostro sistema democratico. Allo stesso tempo però sorgono interrogativi e dubbi che ci riportano tutti con i piedi ben ancorati per terra. «Volar basso» deve essere la parola d’ordine per il plotone dei 924 candidati al Gran Consiglio. Detto che in Parlamento siedono 90 deputati, che sono 22 quelli che non si ripresentano (i seggi realisticamente liberi) e che in ogni quadriennio sono 8-10 i «trombati» (citazione «chi non è stato rieletto in una consultazione elettorale»), ci rendiamo immediatamente conto che i sogni di gloria della stragrande maggioranza di chi ha deciso di correre sono mal riposti. Il messaggio più realistico possibile che ci sentiamo di trasmettere ai naviganti è: «non illudetevi troppo, preparatevi a una delusione. Poi, se andasse diversamente saremo tutti felici e brinderemo alla vostra elezione (indipendentemente dal colore politico)». Sì, festeggeremo perché l’avallo popolare è quanto più di valore esiste in una democrazia. Quindi evviva la democrazia anche se i detrattori di questo sistema esistono eccome. La risposta a chi si lamenta e ritiene che «votare è inutile, perché poi fanno sempre quello che vogliono» è sempre la stessa da tempo immemorabile. Quello democratico delegato ai partiti sarà anche un sistema imperfetto, ma ad oggi nessuno è stato ancora in grado di suggerirne e implementarne uno migliore. La perfezione non è di questo mondo, sia esso inteso come strettamente politico o universale. Comunque complimenti ai candidati coraggiosi che hanno deciso di mettere il loro nome in piazza, alla mercé di ogni fatto, misfatto o pettegolezzo. Ambire a una carica pubblica significa esporsi e prestarsi anche ad ogni genere di strumentalizzazione. Dura lex, sed lex: è la legge della politica. Ma dire la propria opinione godendo dell’opportunità del megafono della campagna elettorale è una grande occasione e, nel contempo, una grande responsabilità. Ai blocchi di partenza tutti ci facciamo forse una smisurata aspettativa dalle settimane che conducono alle elezioni, nella fattispecie al 2 aprile. Poi, con il passare dei giorni, l’entusiasmo si allenta e il sogno di trovarsi a pronunciare la formula che attesta l’avvenuta elezione con il pronunciamento della dichiarazione di fedeltà alla Costituzione e alle leggi si trasforma in un miraggio. L’essenziale è non volare e non abbattersi. Il tutto nella consapevolezza di essere stati utili alla causa democratica, non nel senso strettamente politico-partitico, ma universale. La nostra aspettativa è che chi si è candidato partecipi al dibattito pubblico, che dica la sua e che contribuisca ad arricchire quel tavolo delle idee che, al di là dei sempre più roboanti paroloni da parte degli attori protagonisti della politica, resta troppo spesso vuoto, sprovvisto di quei guizzi in grado di perseguire universalmente quell’interesse comune che tutti sostengono essere il solo ed unico scopo della loro discesa in politica (quando parliamo di candidati) e ragione dell’esistenza (se consideriamo i partiti). Forse ci stiamo (una volta ancora) illudendo, ma l’aspettativa reale e sincera è che tra tantissimi candidati ve ne sia un numero considerevole che, grazie alla loro esperienza di vita e professionale sia in grado di farci assaporare una campagna diversa, con proposte di sostanza e non fragili e facili sogni per un Ticino (o addirittura un mondo) migliore.

L’ultimo interrogativo, che in sostanza è anche il primo, è sapere quale sarà la risposta a livello di partecipazione democratica di tutto quanto abbiamo sotto gli occhi. Solo il giorno dello spoglio scopriremo se l’alta aspettativa con tanti candidati, farà rima con una partecipazione ampia degli elettori. La curva della partecipazione negli ultimi quadrienni è stata perfettamente altalenante con una tornata lievemente sopra il 60%, e un’altra di poco sotto questa soglia. Il numero dei candidati storicamente non ha avuto un peso determinante. E qui si torna a bomba sulle idee: sarebbe bello scoprire che tanti aspiranti politici possano essere in grado, con la forza di una seria inventiva, a trascinare gli elettori ad esprimersi. In primis riuscendo a mobilitare un altro plotone: quello formato da coloro che, ormai disillusi, a votare non ci vanno più.

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