Il «pacchetto» sulla Giustizia verrà discusso senza ritardi
La cosiddetta «lex Ermani» verrà discussa a breve. L’iniziativa presentata da Fiorenzo Dadò (Centro) ha infatti ricevuto la «benedizione» dell’urgenza, così come proposto dalla Commissione giustizia e diritti durante una riunione svoltasi poco prima dell’inizio dei lavori. Domani, o al più tardi mercoledì, il Parlamento deciderà se apportare delle modifiche alla legge sull’organizzazione giudiziaria (LOG).
Che cosa prevede?
Questo, riassumendo, quanto accolto a larga maggioranza dal Legislativo (servivano i due terzi dei voti favorevoli). Già. Ma che cosa propone l’iniziativa? Essenzialmente, vuole concedere maggiori poteri e strumenti al Consiglio della Magistratura (CdM), l’organo di vigilanza sui magistrati. E tutto questo, come noto, per andare a correggere le falle emerse a più riprese nel caso (non ancora terminato) del Tribunale penale cantonale (TPC). La modifica di legge, nel dettaglio, prevede per il CdM la possibilità di prendere anche misure cautelari – come la sospensione del magistrato interessato – dal momento in cui è stato aperto un procedimento disciplinare (oggi possibile solo dall’apertura di un procedimento penale). Oppure, saranno previste sanzioni più importanti: si va dalla multa fino a tre stipendi lordi, alla destituzione dalla carica di presidente, fino al trasferimento in un altro ufficio e, come detto, alla sospensione per 12 mesi (oggi sono tre).
Una lettera indigesta
Dunque, concedere o meno l’urgenza? Secondo Dadò, presidente della Commissione, era un passo obbligato. Anche perché la richiesta di modifica è arrivata direttamente dallo stesso CdM. «Se oggi siamo chiamati a esprimerci sull’urgenza, non è per uno sfizio», ha ricordato il deputato. «Ci è stato chiesto in audizione e tutta la Commissione ha deciso di agire in tal senso». Dadò è quindi tornato a ribadire «la grave crisi istituzionale che colpisce la Magistratura e il ruolo dei tre poteri dello Stato». Ruolo che «dovrebbe essere ben chiaro a tutti sebbene a volte sia travisato, bistrattato e sempre più spesso citato all’occorrenza secondo i propri comodi o, come in questo caso, per i comodi di qualcuno». L’iter dell’iniziativa, secondo Dadò, ha quindi rischiato di subire delle deviazioni inaspettate. E questo sulla base di una lettera inviata alla Commissione dal Governo, in cui si facevano delle osservazioni sulla procedura dell’iniziativa. Una lettera mal vista perlomeno da Dadò, che ha sottolineato «l’inopportuna e strana ingerenza da parte dell’Esecutivo, su richiesta del Dipartimento delle istituzioni, che sembrerebbe interpretare à la carte la legge sul Gran Consiglio». Una questione di divergenza di vedute sulla procedura da seguire. Quindi, il sibillino affondo di Dadò: «Non si vorrebbe che l’origine della coalizione» contraria alla modifica «sia il risultato del timore reverenziale nei confronti di quella rete vassalla in cui opera la lunga mano di chi ha cucinato e servito al Paese questa brodaglia». A Matteo Quadranti (PLR) è in seguito toccato il compito di ribadire la necessità dell’urgenza. Nel ricordare «che la Giustizia ticinese sta vivendo momenti difficili», il deputato ha messo l’accento sulla correttezza della procedura seguita dall’iniziativa. Sì dunque a trattare subito il testo, senza attendere il parere o le controproposte del Consiglio di Stato.
Troppa fretta
Per Alessandro Mazzoleni, invece, la fretta in questi casi è cattiva consigliera, e dunque l’urgenza è da scongiurare. «Una modifica legislativa va affrontata con la calma necessaria, e tutti i magistrati vanno sentiti. Non vorremmo che sorgano malintesi». Inoltre, ha ricordato ancora il leghista, «il Governo ha il diritto di esprimersi». In ogni caso, una volta sentiti tutti i pareri, per Mazzoleni è comunque necessario dare più poteri al CdM. Un concetto ripreso anche da Ivo Durisch (PS), il quale però si è detto contrario a scavalcare la procedura. «Va data facoltà all’Esecutivo di esprimersi» sulla questione. Di parere opposto UDC, Verdi, MPS e Verdi liberali, che hanno deciso di appoggiare l’urgenza.
Il rispetto della procedura
Nel suo intervento, Norman Gobbi ha innanzitutto tenuto a precisare il senso della lettera inviata in Commissione e citata da Dadò. «Era volta a garantire una procedura corretta dell’iniziativa parlamentare». Non si trattava dunque di «disquisire sull’urgenza o meno dell’oggetto». Il consigliere di Stato ha poi ricordato che l’Esecutivo «non si tira indietro quando bisogna discutere sull’urgenza di una correzione di qualsiasi atto formale». Ricordata da Gobbi, e non a caso, la correzione del decreto legislativo dopo il voto popolare sull’imposta di circolazione. «La correttezza delle procedure è volta a garantire il coinvolgimento di tutti gli attori interessati». Sarebbe quindi stato utile «sottoporre formalmente il testo dell’iniziativa a chi poi dovrà applicare la modifica legislativa». E dunque al CdM stesso. «Le formalità, nei rapporti istituzionali, contano. È una forma di rispetto» che garantisce «trasparenza». Il risultato finale, ha ribadito Gobbi, «non è contestato dal Governo, che è attore-spettatore». In sostanza, il direttore del DI ha osservato che – lasciando il tempo a tutti gli attori di esprimersi – sarebbero potute arrivare proposte «ancora più coraggiose» di quelle uscite dalla Commissione.
Il Parlamento, però, ha tirato dritto accogliendo il voto sull’urgenza. Il tema della modifica della LOG, dunque, arriverà domani o mercoledì in aula. Così come l’altro «ramo» della riforma della Giustizia, il più corposo: una serie di risoluzioni approvate da tutti i gruppi in Commissione, e che vanno dall’adozione di un codice etico per la Magistratura, passando dal tema delle nomine dei magistrati, alla creazione di una direzione del Ministero pubblico, fino al ruolo del Consiglio della Magistratura, che dovrebbe essere professionalizzato.