Politica e cultura

Il Qatar pronto a investire sul Festival di Locarno, ma pesa il tema dei diritti

L’ambasciatore Mohammed Jaham Al Kuwairi: «Ci sono interessanti possibilità che vale la pena valutare insieme» - Raphaël Brunschwig: «Siamo aperti a collaborazioni che devono essere tuttavia vagliate molto attentamente ed essere anche funzionali agli obiettivi del Festival» - Lo scetticismo del copresidente del PS Fabrizio Sirica
La piazza Grrande di Locarno affollata di spettatori. ©Massimo Piccoli

L’avvento di Maja Hoffmann alla presidenza del Locarno Film Festival ha subito lasciato presagire a nuove opportunità di collaborazioni con istituzioni e sponsor internazionali. Le dichiarazioni della stessa Hoffmann sullo spostamento delle date del festival «Per rendere Locarno un luogo più attrattivo e suscitare l’interesse degli studios e delle agenzie» aveva in qualche modo confermato questa nuova direzione. Una direzione che sembra però orientarsi non soltanto oltreoceano, verso cioè le produzioni della grandi major americane. Qualcosa si muove, infatti, anche in direzione opposta, a Est.

Mohammed Jaham Al Kuwari, ambasciatore del Qatar in Svizzera, ha trascorso alcuni giorni a Locarno. Una visita non limitata alla partecipazione alla Giornata della diplomazia. «Ho avuto il piacere di incontrare i principali rappresentanti delle istituzioni ticinesi e il managing director del Festival - ha detto Al Kuwari al CdT - Lo scorso anno abbiamo festeggiato i 50 anni di rapporti diplomatici tra il Qatar e la Svizzera, un Paese con la quale condividiamo molti valori: pensiamo che possano esserci le condizioni per creare ponti culturali tra i due Stati».

Un ponte poggiato anche sul Pardo. Un primo, importante, segnale è stata l’assegnazione di alcune targhe al merito artistico nella tradizionale cerimonia di premiazione della critica indipendente.

«Dal 2010 il Doha Film Institute è diventata un’importante realtà che sta valorizzando e facendo crescere i migliori talenti del Paese e che già collabora con Locarno, presentando anche quest’anno alcune co-produzioni. Inoltre, con l’ambasciata qatariota ogni anno assegniamo premi ad artisti svizzeri e siamo onorati di farlo in questa edizione in concomitanza con i giorni del Festival. In generale, ci sono interessanti possibilità che vale la pena analizzare insieme».

Opportunità che, conoscendo l’immensa disponibilità economica del Qatar e delle multinazionali a esso legate, potrebbe riguardare anche il coinvolgimento di importanti sponsorizzazioni. «Con il progetto giusto saremo in grado di realizzare collaborazioni che vadano a beneficio di tutti, cercando di soddisfare le rispettive esigenze», dice il diplomatico qatariota.

Le discussioni con l’ambasciatore del Qatar sono state confermate da Raphaël Brunschwig. «Quello con Al Kuwari è stato un incontro ricco di interessanti spunti - ha detto al CdT il managing director - Siamo aperti a nuove possibilità di collaborazioni, che tuttavia devono essere attentamente valutate e funzionali agli obiettivi del Festival».

Certo, viene da chiedersi perché proprio il Locarno Film Festival, una manifestazione che ha nel suo DNA la libertà e la critica sociale. «Il Pardo è un festival dello stesso livello di Cannes, Berlino o Venezia - ribatte l’ambasciatore - ma concede molto più spazio alle produzioni indipendenti e dei giovani talenti di tutto il mondo. L’ideale per dare una vetrina internazionale e di prestigio ai nostri registi, i quali si occupano sovente di tematiche sociali». Una libertà di espressione e di denuncia civile che sembra tuttavia in antitesi rispetto ai rapporti di Human Right Watch, che ha più volte criticato il governo qatariota sullo stato dei diritti umani. «Sono davvero tanti gli osservatori internazionali che confermano il rispetto dei diritti umani in Qatar e l’impegno governativo in tal senso - ribatte Al Kuwari - Ovviamente sussistono ancora criticità, che tuttavia spesso sono da imputarsi a imprenditori giunti dall’estero per sfruttare i lavoratori. Stiamo facendo passi in avanti anche nelle leggi a tutela di quest’ultima categoria e i primi risultati sono tangibili. L’aspetto culturale giocherà un ruolo fondamentale nel miglioramento delle condizioni generali di vita, ed è proprio per questo che il nostro Governo sviluppa istituti di formazione e collaborazioni come, appunto, quella che vorremmo rafforzare con il Festival».

«Il Pardo è libero, e lo è in qualsiasi scelta senza che qualcuno possa o debba dirgli cosa fare - commenta il copresidente del PS Fabrizio Sirica - Tuttavia, affiancarsi a un Paese che al suo interno limita la libertà giornalistica, di espressione e di comportamento, sarebbe quanto meno paradossale. Per conservare la propria libertà, uno degli aspetti centrali è anche valutare con attenzione i propri sponsor e i loro obiettivi», conclude Sirica.

Tra dialogo interculturale e ferree censure

Un’immagine di «Les enfants rouges», proiettato a Locarno77 e co-prodotto dal Qatar.
Un’immagine di «Les enfants rouges», proiettato a Locarno77 e co-prodotto dal Qatar.

Il cinema prima ancora del calcio. Il Qatar da tempo scommette sulla settima arte: per acquisire ulteriore credibilità internazionale, a dispetto di condizioni politiche interne non propriamente democratiche o liberali, ma anche per promuovere la propria visione del mondo.

Lo fa soprattutto con il Doha Film Institute (DFI), fondato nel 2010 da Sheikha Al-Mayassa (sorella dell’emiro Tamim bin Hamad Al Thani) proprio allo scopo di finanziare film e registi, oltre che di organizzare ogni anno due festival, l’Ajyal e il Qumra.

A maggio di quest’anno, a Cannes, il DFI ha presentato i 44 progetti sostenuti nel 2024. «L’obiettivo fondante del nostro programma di sovvenzioni è costruire un nuovo collettivo di voci autentiche che portino diversità e profondità al mezzo cinematografico e incoraggino lo scambio e il dialogo interculturale», era stato il commento di Fatma Hassan Alremaihi, CEO del Doha Film Institute.

Affermazioni di principio assolutamente condivisibili che si scontrano, però, con le scelte compiute anche di recente dai vertici qatarioti.

Ad esempio, restando nel campo del cinema, la censura di It Ends with Us («Siamo noi a dire basta»), adattamento del romanzo di Colleen Hoover diretto e interpretato da Justin Baldoni. La pellicola, in uscita il 21 agosto, non sarà distribuito nei cinema di Doha per via di alcune scene di sesso. In realtà, It Ends with Us è solo l’ultimo di una lunga lista di film vietati dal Qatar, lista nella quale figurano anche Barbie o le serie Marvel dell’Uomo Ragno e del Doctor Strange.

Sta di fatto che il Qatar e il Doha Film Institute, grazie ovviamente a gigantesche disponibilità economiche, si stanno affermando come il nuovo hub per i giovani talenti cinematografici. I quali, a un’ora di auto dalla capitale dell’Emirato, nella zona desertica di Brouq e della penisola di Zekreet, possono anche contare sugli studios di Film City, costruiti appositamente per una serie televisiva araba e oggi aperti ad altre produzioni.

Nel programma di Locarno77, almeno quattro sono i film coprodotti e finanziati dal Qatar: due nel Concorso internazionale - Agora, del tunisino Ala Eddine Slim e Green Line della francese Sylvie Ballyot, ambientato nella Beirut devastata dalla guerra; uno nella sezione Cineasti del presente - Les enfants rouges, del franco-tunisino, Lotfi Achour; e uno, infine, tra i film proiettati in piazza Grande - Shambhala, del 40.enne regista nepalese Min Bahadur Bham, girato nelle montagne dell’Himalaya.