Il razzismo contro Vinicius scatena la polemica internazionale
In Spagna sono finite in manette sette persone. Ed è solo l'ultimo episodio della vicenda nata dagli insulti razzisti contro l'attaccante brasiliano del Real Madrid, Vinícius Júnior, in occasione dell'incontro valido per la 35. giornata della Liga, domenica sera, che ha assunto rapidamente le dimensioni della polemica internazionale. La polizia spagnola ha spiegato che gli arresti sono legati a due episodi distinti. Tre fermi sono avvenuti a Valencia – e l'accusa è di «crimine d'odio» – proprio per chi ha partecipato ai cori di insulti – «scimmia», tra gli altri – rivolti alla stella brasiliana durante la sconfitta del Real Madrid. Altri quattro fermi a Madrid, per l'impiccagione (nel mese di gennaio) di un manichino che indossava la maglia di Júnior, vicino al campo di allenamento del Real.
La partita della scorsa domenica è stata interrotta per quasi 10 minuti dopo che Vinícius ha identificato un tifoso del Valencia che gli rivolgeva epiteti razzisti. Video sui social mostrano i fan che riempiono il calciatore di insulti, prima e durante il match. Il giocatore, in uno sfogo, ha scritto su Instagram che ormai «il razzismo è normale nella Liga» e «il campionato che una volta apparteneva a Ronaldinho, Ronaldo, Cristiano e Messi oggi appartiene ai razzisti».
Si spegne anche il Cristo Redentore
E, come detto, il caso è esploso a livello internazionale. Tanto che sulla vicenda è intervenuto addirittura il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Il Brasile ha infatti protestato formalmente con l'ambasciatore spagnolo. In una forma simbolica di protesta, lunedì, le luci sono state spente per un'ora sulla statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro. L'ambasciatore del Brasile in Spagna, Orlando Leite, ha chiesto di incontrare le autorità spagnole per discutere del caso. Secondo El Mundo, che cita fonti diplomatiche, Leite avrebbe chiesto un incontro con la ministra delle Pari opportunità Irene Montero, la Procura Generale e il presidente del Real Madrid, Florentino Pérez, il presidente della Liga Javier Tebas e il presidente della Reale Federazione Calcistica Spagnola.
Secondo le stesse fonti, si starebbe valutando anche la possibilità che la Polizia federale brasiliana apra un fascicolo sul caso, invocando la giurisdizione internazionale del Brasile. Inoltre, il ministro della Giustizia brasiliano, Flavio Dino, ha dichiarato di volere valutare il principio di extraterritorialità, qualora ritenesse che le autorità spagnole non prenderanno «provvedimenti adeguati».
La squadra
Il Real Madrid ha nel frattempo presentato una denuncia per crimini d'odio all'ufficio del procuratore generale spagnolo, dichiarando «il suo più forte rifiuto e condanna per gli eventi che si sono verificati contro Vinícius Júnior». Florentino Perez ha incontrato il giocatore «per dimostrargli il suo sostegno e il suo affetto, per informarlo di tutti i passi che si stanno compiendo in sua difesa e per confermare che la società andrà fino in fondo per una situazione di odio così ripugnante».
Il governo spagnolo tramite la portavoce, Isabel Rodriguez, precisa dal canto suo che in Spagna «i comportamenti razzisti non restano impuniti» e che la polizia «è sempre al lavoro per contrastarli». E conclude: «Nel nostro Paese c'è piena sicurezza giuridica».
«Non è calcio, è disumano»
«Ogni partita fuori casa è una spiacevole sorpresa. E ce ne sono state molte in questa stagione». Inizia così il duro sfogo dell'attaccante del Real Madrid sui social. Il brasiliano ha postato un video in cui si vedono e si sentono gli insulti razzisti ricevuti in diversi stadi spagnoli. Gli ultimi proprio al Mestalla di Valencia, dove il brasiliano ha minacciato di lasciare il campo, prima di essere espulso nel finale per uno scontro con un avversario. La Federcalcio spagnola ha fatto sapere che per questo episodio il calciatore non sarà squalificato.
Nel post, Vinicius aggiunge: «Mi hanno augurato la morte, esposto una bambola impiccata, tante urla criminali... Tutto registrato. Ma il discorso cade sempre su "casi isolati", "si tratta di un tifoso". No, non sono casi isolati. Sono episodi continui in diverse città della Spagna (e anche in un programma televisivo). Le prove sono lì, nel video. Ora mi chiedo: quanti di questi razzisti hanno avuto i loro nomi o le loro foto pubblicate su siti web? Rispondo per semplificare: zero. Nessuno, neppure per raccontare una storia triste o per fare quelle finte scuse pubbliche».
Il campione poi conclude: «Cosa manca per criminalizzare queste persone? E punire i club in modo sportivo? Perché gli sponsor non fanno pagare la Liga? Le televisioni non si preoccupano di trasmettere questa barbarie ogni fine settimana? Il problema è molto serio e i comunicati non funzionano più. Nemmeno incolpare me per giustificare atti criminali. Non è calcio, è disumano».