Il ritorno, in sordina, di Kamala Harris
Oggi, alle 13 ora di Washington, in qualità di vicepresidente Kamala Harris aprirà la sessione del Congresso nella quale verranno certificati i risultati delle ultime presidenziali. Tradotto: verrà ufficialmente riconosciuta la vittoria di Donald Trump. Parentesi: proprio Harris aveva sfidato il tycoon nella corsa alla Casa Bianca. Immaginiamo, dunque, un certo imbarazzo.
Quella di oggi, leggiamo, è l’ultima tappa del processo elettorale che porta, appunto, all’investitura del nuovo presidente. Una semplice formalità, parte della Legge elettorale del 1887, questo passaggio ha assunto un’importanza – diciamo – smisurata dopo che, nel 2021, circa 2.500 supporter di Trump avevano preso d’assalto il Campidoglio, sede del Congresso, nel tentativo di ribaltare il risultato delle presidenziali del 2020, segnate dalla vittoria di Joe Biden sullo stesso Trump e dalle accuse di brogli dell’allora presidente.
A quattro anni di distanza da quei fatti, le cose sono decisamente cambiate. In parte perché sono state prese le necessarie misure di sicurezza, ma soprattutto perché la sconfitta del Partito Democratico è stata talmente netta che non c’è stato il minimo spazio per polemiche o accuse. Nessuno, insomma, si opporrà al risultato scaturito dalle urne. L’ultimo, possibile ostacolo in questo senso è stato «rimosso» venerdì, con la rielezione di Mike Johnson – un Repubblicano – alla presidenza della Camera. Niente, riassumendo, impedirà a Donald Trump di essere incoronato presidente il prossimo 20 gennaio. Un presidente felon, criminale, nella misura in cui venerdì conoscerà la pena nell’ambito del caso Stormy Daniels. Niente galera, d’accordo, ma il presidente eletto è stato riconosciuto colpevole, lo scorso 30 maggio, di 34 capi d’accusa mentre il giudice Juan Merchan, pur dicendosi disposto a non imporre una pena carceraria, ha confermato di voler emettere una sentenza.
Il ritorno, in sordina, di Kamala Harris sotto i riflettori giunge dopo settimane di lotte intestine in seno al Partito Democratico. Da un lato, c’è chi accusa Biden di essersi chiamato fuori dalla corsa troppo tardi mentre dall’altro i sostenitori del presidente ritengono che, se fosse stato lui a sfidare Trump, avrebbe vinto. Lotte che prefigurano una competizione senza esclusione di colpi in vista delle primarie per le presidenziali del 2028. Di fronte alla giovane generazione emergente, Kamala Harris mantiene un certo mistero circa le sue intenzioni future. Molto discreta, la vicepresidente si è concessa una parentesi familiare alle Hawaii, sia per rilassarsi sia per riflettere sul seguito della sua carriera. Prevalgono due ipotesi: una candidatura alle primarie del 2028, vista la sua popolarità intatta tra i giovani elettori, o una rifocalizzazione sulla California, il suo Stato d'origine, la cui carica di governatore diventerà vacante a partire dal 2026. A 60 anni, il futuro sembra ancora davanti a lei. Nonostante la sconfitta nella corsa alla Casa Bianca.