Il sindaco di Miami si candida, sfida a Trump e DeSantis
Mentre colui che finora era considerato il candidato di punta Donald Trump rischia di restare schiacciato da beghe legali presenti e future, come una terza incriminazione in Georgia, il fronte dei repubblicani per le elezioni del 2024 si allarga ancora.
L'ultimo a scendere in campo per il Grand old party è il sindaco di Miami, il cubano-americano Francis Suarez, il primo ispanico a candidarsi alle primarie di entrambi gli schieramenti.
Coetaneo del governatore della Florida, Ron DeSantis, il sindaco è figlio d'arte. Il padre immigrato Xavier, che Francis esalta come «l'incarnazione del sogno americano», è stato sindaco di Miami per due volte, negli anni 80 e 90. Suarez junior è stato eletto per la prima volta nel 2017 con un plebiscito, l'86% dei voti, e la seconda nel 2021 con il 79%.
Sposato con Gloria, organizzatrice di eventi e imprenditrice, due figli, il sindaco si presenta come un repubblicano vecchio stile, alla Ronald Reagan. Ha attaccato DeSantis, con il quale non si parla da mesi, per la sua battaglia contro Disney accusandolo di aver bruciato migliaia di posti di lavoro per «una vendetta personale» e preso le distanze sulle carte classificate da Trump, per il quale ha detto di non aver votato nel 2020: «Non doveva farlo, io le avrei restituite».
Appassionato di tecnologia e criptovalute, ha il sogno di portare la Silicon Valley a Miami e, durante la pandemia di Covid, è diventato il beniamino di tanti addetti del settore che si sono trasferiti nella sua città. I critici lo accusano di essere più interessato a tenere conferenze in giro per gli Stati Uniti che ai gravi problemi che affliggono Miami come i prezzi delle case alle stelle.
Qualche giorno fa Suarez ha rivendicato come un grande successo per la città l'arrivo del super campione argentino Lionel Messi. «Ci ha scelti perché qui c'è il miglior stile di vita al mondo», ha commentato. Sulla sua strada alla Casa Bianca, oltre alla decina di rivali interni, ci sono comunque diversi ostacoli.
Innanzitutto il fatto che fuori dalla città della Florida non è molto conosciuto. Quindi un'inchiesta aperta dall'Fbi in primavera su pagamenti per centinaia di migliaia di dollari, fino a 170.000, ricevuti da una compagnia immobiliare che gestisce proprietà di lusso per una consulenza che avrebbe fornito alla società scorciatoie su burocrazia e permessi.
Chi non sembra essere troppo scosso da indagini e guai legali è Trump, almeno all'apparenza. Alcune fonti hanno rivelato al Washington Post, che lo scorso autunno era stato proposto all'ex presidente di provare a patteggiare con il dipartimento di Giustizia per evitare di essere incriminato nell'inchiesta sulle carte segrete portate a Mar-a-Lago, ma non volle sentire ragioni.
Nei prossimi due mesi, gli avvocati del tycoon si aspettano anche l'incriminazione per il tentativo di sovvertire il risultato del voto in Georgia. La terza da aprile, e forse la più grave perché la negazione della vittoria di Joe Biden e le azioni conseguenti hanno innescato la rivolta di Capitol Hill. Non il miglior biglietto da visita per una nuova corsa elettorale.