L’analisi

Il tavolo di Putin e la retorica dell’immagine

Il presidente russo e Macron sono stati immortalati, lontanissimi, durante le loro discussioni al Cremlino – «Quel tavolo simboleggiava la distanza fra l’Unione europea e la Russia» spiega Arnauld Leclerc, professore di scienze politiche presso l’Università di Nantes
© EPA/KREMLIN POOL
Marcello Pelizzari
09.02.2022 12:00

L’arredamento, innanzitutto. Pomposo per alcuni, quasi a sottolineare la magnificenza della Russia. Kitsch per altri, come se l’epoca imperiale e zarista fosse solo una questione di pessimo gusto. E poi loro, Vladimir Putin ed Emmanuel Macron. Vicini eppure lontani, anzi lontanissimi. Separati da un tavolo immenso. Il vertice di pochi giorni fa, a Mosca, snodo cruciale dell’attuale crisi ucraino-russa, in fondo è racchiuso in questa immagine. Evocativa e significativa. Perché ci dà una misura, chiara, della distanza fra Russia e Francia, o se preferite Unione europea. Sui social, è ovvio, esistono già versioni alternative e altrettanto efficaci.

Le visite di Stato, a ben vedere, sono una messinscena. Ogni dettaglio è studiato in maniera maniacale, perfino le (presunte) gaffe. Soprattutto, l’obiettivo politico è duplice: da una parte c’è l’incontro vero e proprio, in cui due o più leader parlano, discutono, propongono soluzioni; dall’altra c’è la comunicazione verso l’esterno, il mondo. E qui, voilà, la finzione diventa realtà e viceversa. Tradotto: il Cremlino, lunedì, non ha lasciato nulla al caso. Il messaggio è chiaro. Putin non vuole la guerra, ma si avvicinerà all’Europa solo alle sue condizioni.

I servizi di comunicazione dei politici e quelli che si occupano dei protocolli in occasione delle visite sono perfettamente consapevoli delle questioni legate all’immagine e alla messinscena

La retorica dell’immagine
La retorica dell’immagine si riallaccia alla comunicazione non verbale. Con Arnauld Leclerc, professore di scienze politiche presso l’Università di Nantes, approfondiamo il tema: «I servizi di comunicazione dei politici e quelli che si occupano dei protocolli in occasione delle visite sono perfettamente consapevoli delle questioni legate all’immagine e alla messinscena» dice il nostro interlocutore. «I leader di alto livello sono molto sensibili a questa dimensione e, ancora, sanno come affrontarla». Di conseguenza, «Putin e Macron sapevano quale messaggio stessero trasmettendo. Erano separati da un lungo tavolo che simboleggiava la distanza tra l’Unione europea e la Russia sul dossier ucraino e su altri temi. La comunicazione non verbale è spesso molto più forte di quella verbale».

La mente corre all’indietro e ripesca un altro episodio-simbolo: durante la visita al presidente turco Reçep Erdogan, nell’aprile del 2021, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen fu costretta ad accomodarsi su un divano mentre il Sultano riservò una poltrona d’onore a Charles Michel, capo del Consiglio europeo. Chiamatelo machismo protocollare, voluto o meno. Della serie: parliamo noi uomini. E basta. Quanto era voluto quel gesto? Ancora Leclerc: «Nonostante l’alto livello di preparazione, durante questi vertici possono sempre verificarsi scivoloni o trappole. Il Sofagate rientra in questo discorso. Intenzionale o meno da parte di Erdogan, con quella strategia il presidente turco inviò un messaggio significativo al mondo». Un messaggio duplice, anche qui: la Turchia non rispetta le donne e nemmeno le più alte cariche dell’UE.

Fra trappole e furbizie
Vista da qui, la foto scattata al Cremlino potrebbe far pensare proprio a una trappola. Tesa al presidente francese Macron. Il quale, tuttavia, non è nuovo a furbizie o artifici. Se Putin ha scelto un tavolo e il non detto per ribadire la distanza della Russia, il citato Macron ha varato una sorta di trash talking per muovere guerra ai no-vax. Una rottura di cornici, considerando che il suo ruolo gli imporrebbe uno stile integerrimo e un comportamento irreprensibile. Tutto, senza scomodare Machiavelli, per raggiungere l’obiettivo. «Ogni attore politico agisce sia con sia attraverso le idee» spiega Leclerc. «Ma anche con e attraverso interessi. Una cosa non esclude l’altra, piuttosto i due aspetti si combinano. La retorica di Macron sulla pandemia, pur evolvendosi nel corso dei suoi interventi, puntava e punta a sostenere fortemente la vaccinazione. L’immagine usata per la Francia è quella dell’allievo diligente. Certo, il presidente ha poi sfruttato tutto ciò in termini elettorali: ha respinto i no-vax etichettandoli come irresponsabili e associandoli ai suoi avversari politici, mentre ha compattato i vaccinati».

La Germania è un partner economico importante per la Russia e ha stabilito una relazione storica e privilegiata con Mosca. La Francia, in questo senso, recita un ruolo minore sebbene spesso abbia fatto opposizione tenace alle politiche russe

La nuova Germania?
Tornando all’incontro fra Putin e Macron, al vertice di Mosca si è contrapposto l’incontro fra Biden e Scholz. Stati Uniti e Germania, già. Significa che il riferimento europeo per la Russia, ora, è la Francia? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi, in questo senso? «Non credo sia così» risponde Leclerc. «Le relazioni internazionali si basano su dati pesanti. La Germania è un partner economico importante per la Russia e ha stabilito una relazione storica e privilegiata con Mosca. La Francia, in questo senso, recita un ruolo minore sebbene spesso abbia fatto opposizione tenace alle politiche russe. Questi ruoli, adesso, non possono invertirsi perché la congiuntura potrebbe suggerirlo. Per contro, i presidenti francesi hanno sempre utilizzato la scena internazionale per aumentare il consenso interno in vista di una campagna presidenziale: successe con Sarkozy e la Crimea, con Hollande e l’Ucraina e ora sta accadendo con Macron, favorito in questo senso dalla presidenza francese dell’Unione europea. L’idea di voler apparire come un attore al di sopra della mischia dei candidati presidenziali è un classico».

Proprio la presidenza francese dell’Unione europea sta spingendo Macron a recuperare la grandeur perduta. Non a caso, dopo Mosca c’è stata la visita a Kiev. Politicamente ed economicamente, tuttavia, è difficile che la Francia si sostituisca alla Germania nello scacchiere internazionale. «L’Europa – conclude Leclerc – è stata dominata negli ultimi cinque anni da due leader politici: Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Bisognerà lasciare un po’ di tempo a Olaf Scholz affinché, pure lui, si affermi sul palcoscenico europeo. Ma no, la Francia non riuscirà né potrà sostituire la Germania. In particolare, sul fronte economico: la Germania è due volte più potente della Francia. Detto ciò, la Francia può costruire una leadership intellettuale e politica. Per renderla effettiva, però, servirà il sostegno della Germania e quello di altri partner. Macron ha tutto l’interesse a perseguire una strada del genere, considerando le sue convinzioni profonde in merito al federalismo europeo. Un modo, ancora, per smarcarsi a livello nazionale: ricordiamo, infatti, che la sua dimensione europeista nel 2017 fu un elemento chiave per battere Marine Le Pen».

© EPA/THIBAULT CAMUS
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