La svolta

Il Telepass non è più solo

Sulla Milano-Laghi è in funzione dal 1991 ed è usato anche da molti ticinesi – Ora verrà affiancato da un'alternativa firmata UnipolSai
Stefano Olivari
13.04.2022 19:49

Addio Telepass? Di sicuro dopo oltre trent’anni addio al monopolio del Telepass, per quanto riguarda i pagamenti automatici, ben conosciuto da chi viaggia in Italia. Infatti il gruppo assicurativo UnipolSai ha lanciato il suo Unipol Move, un apparecchio che come il Telepass permette di attraversare i caselli senza fermarsi a pagare quei pedaggi che fanno delle autostrade italiane le seconde più care d’Europa, dietro soltanto a quelle francesi.

Italia ‘90

Certo il risparmio cercato con il Telepass non ha mai riguardato i soldi, bensì il tempo. E quasi sempre così è stato, anche se ogni pendolare sa benissimo che le giornate no sono frequenti e che tenere le corsie di sinistra (di solito, ma non sempre, quelle riservate al Telepass e/o al pagamento con carte) non assicura l’arrivo in orario visto che spesso la coda è rimandata di poche centinaia di metri. La storia del Telepass parte con il Mondiale del 1990, quando in via sperimentale entrò in funzione a Milano, Roma e Napoli, ed arriva ai giorni nostri con la società Telepass, creata dal gruppo Autostrade nel 1997, di proprietà al 51% di Atlantia (quindi dei Benetton ma anche di Florentino Perez, proprio il presidente del Real Madrid che in questi giorni sta battagliando con la famiglia veneta per il controllo dell’azienda) e al 49% di Partners Group, il fondo di investimento che ha sede a Baar, nel cantone di Zugo, che nell’ottobre 2020 ha pagato questa partecipazione un miliardo di euro. Una data da ricordare per gli habituée di Brogeda è il 5 settembre 1991, primo giorno di utilizzo del Telepass sulla Milano-Laghi.

Viacard

L’antenata diretta del Telepass e dei suoi futuri concorrenti è la memorabile Viacard, introdotta nell’estate del 1983, agli albori del governo Craxi, che in origine era una carta a scalare, venduta in differenti tagli (10.000, 50.000 e 90.000 lire dell’epoca), quindi una carta usa e getta: quando il pedaggio costava di più del credito residuo la differenza veniva scalata dalla Viacard successiva ed era frequente vedere auto piene di Viacard esaurite. Sì, perché la Viacard si teneva nell’auto, come i pupazzetti del genere ‘Papà non correre’: era quasi un dogma, rari i casi di chi la metteva nel portafoglio. Quasi subito questa Viacard popolare, che faceva leva sulla diffidenza degli italiani (ma anche di gran parte degli europei) per i sistemi di pagamento troppo complicati o con addebito sul conto corrente, fu affiancata dalla Viacard intesa come tessera personale, con uso illimitato. Ma nella testa di tutti la vera Viacard è rimasta quella a scalare, sottilissima e con grandi probabilità di essere persa o rubata: chi rompeva un finestrino per una monetina trovava a maggior ragione interessante una tessera da potenziali 90.000 lire, 142 franchi come potere d’acquisto del 2022, che al mercato secondario si poteva rivendere per la metà.

Carte di credito

Oggi può sembrare incredibile, ma fino al 1994, primo governo Berlusconi, non è stato possibile pagare le autostrade italiane con la carta di credito e nemmeno con il bancomat. Insomma, per 11 anni la Viacard è stata insieme al Telepass l’unico mezzo di pagamento diverso dal contante. Va detto che non è che ci fossero manifestazioni di piazza contro questa situazione, in cui si mescolavano problemi tecnici e furbizia, per non dire di peggio. La fessura in cui si infilava la Viacard era infatti sottilissima, ci passava soltanto la Viacard e nemmeno benissimo: era inadatta alle carte di credito già come spazi, al di là della lettura della banda magnetica. Per sbloccare la situazione occorreva cambiare tutte le colonnine di pagamento alle barriere autostradali, difficile che i gestori delle autostrade (oltre che di Telepass e Viacard) fossero incentivati a farlo. Poi come al solito avrebbe vinto il sistema bancario.

Caselli

Nell’Italia prima del 1983 si pagava il pedaggio in contanti, con code ed incomprensioni di ogni tipo, ma per quanto riguarda l’autostrada l’Italia era partita in anticipo. Del 1924, due anni dopo la presa del potere da parte di Mussolini, è infatti l’inaugurazione del primo tratto della Milano-Laghi, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, che partì con il tratto Milano-Varese (la Milano-Como sarebbe entrata in funzione l’anno seguente) e che si auto-attribuì il platonico titolo di prima autostrada del mondo, con un pedaggio che per variava da 9 a 60 lire a seconda del mezzo: un viaggio poteva quindi costare fino a 60 franchi di oggi. L’opera dell’ingegner Puricelli, uno dei progettisti dell’autodromo di Monza, costò relativamente poco, circa 100 milioni di franchi attualizzati, fu realizzata in pochissimo tempo (meno di un anno e mezzo fra progettazione e costruzione) e di fatto è la base di quella che ancora oggi usiamo.

Telepass contro UnipolMove

Chi nel 2022 va da Lugano a Milano paga di autostrada 4 euro, 2,30 a Como-Grandate e 1,70 a Lainate. Unipol Move costerà una tantum 10 euro, più un canone di un euro al mese, che scatta solo in caso di effettivo utilizzo (cioè se in un mese non si percorrono autostrade italiane il canone non viene addebitato). Il Telepass meno costoso, quello cosiddetto Pay-per-use, costa anch’esso 10 euro di attivazione ed ha un canone (sempre in caso di effettivo uso) superiore a Unipol Move, cioè 2,5 euro al mese. Ma è chiaro che si tratta di cifre di massima, pronte a cambiare, con gli strumenti che verranno associati ad altri tipi di offerte, così che anche la modalità di pagamento del pedaggio autostradale italiano si trasformerà nell’ennesimo rompicapo che succhia tempo ed energie all’uomo moderno, quello il cui programma preferito è cercare su Netflix cosa guardare su Netflix. Senza bisogno di schiacciare il pedale della nostalgia fa comunque impressione che ci siano milioni di persone non ancora andate in pensione che hanno viaggiato in autostrade senza Telepass, senza carte di credito, senza Viacard e addirittura, visto che è nata nel 1985, senza la vignetta svizzera.