Il Ticino non dimentica le donne iraniane
Non è la prima e non sarà neppure l'ultima. Ieri, sabato 10 dicembre, alcuni ticinesi hanno accolto l'appello a riunirsi a sostegno del popolo iraniano che si sta battendo contro la Repubblica islamica. L'appuntamento in Piazza Cioccaro, a Lugano, è stata l'occasione per dimostrare che anche anche il Ticino guarda all'Iran e alle proteste che da quasi tre mesi infiammano il Paese. Da quel 16 settembre, quando Mahsa Amini, 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, è morta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non avere indossato correttamente il velo islamico come prescritto dalle leggi iraniane. La richiesta del popolo iraniano alla Confederazione è di «chiudere l'ambasciata della Repubblica islamica dell'Iran in Svizzera» contro un «governo dittatoriale che sta uccidendo (anche) i bambini».
«In Iran è in corso una rivoluzione, l’evento più grande degli ultimi 43 anni - come ha recentemente affermato in un'intervista al CdT Fariborz Kamkari, regista, sceneggiatore e scrittore -. Sotto il segno di uno slogan bellissimo: “Donna, Vita, Libertà”. Sinora il regime era riuscito a disinnescare ogni malcontento, tenendo separate tra loro le varie proteste: quelle etniche, quelle religiose, quelle sociali. Ma da quando sono iniziate le manifestazioni seguite all’uccisione di Mahsa Amini, i vari gruppi si sono uniti. Bruciando un simbolo, il velo, dicono no all’intero sistema. Non è più una rivendicazione economica, adesso tutti vogliono cambiare il Paese». Le donne iraniane sono state incoronate «eroi dell'anno» dalla rivista Time. Protagoniste indiscusse di queste proteste, vivono una vita che è sempre più «in contrasto» con il messaggio ideologico della Repubblica islamica, tra una repressione sempre più forte e le sanzioni statunitensi che hanno devastato l'economia del Paese mentre il sistema di potere appare «paralizzato» e «preferisce l'isolamento» internazionale.
Daria, rifugiata politica in Svizzera, appartenente alla comunità iraniana in Ticino, ci ha recentemente rilasciato un'intervista in cui spiega cosa significa vivere in Iran nel 2022 ed essere una donna lì, dove senza velo si rischia la vita. Ma soprattutto, perché l'Occidente non può restare a guardare: « L’era della neutralità è finita, il popolo iraniano va sostenuto con azioni concrete, perché le persone stanno combattendo per i diritti umani, per il diritto di scegliere la propria religione, il proprio abbigliamento e il proprio credo. La gente sta lottando per l'uguaglianza e la giustizia, per la sicurezza e il benessere sociale».
Un argomento che verrà affrontato anche martedì sera, 13 dicembre, in un evento che si terrà online su Zoom alle 20.30. Un evento che, come il ritrovo di ieri, è stato organizzato dal collettivo Io l'8 ogni giorno. Una serata di discussione e dibattito sulle proteste in Iran, per cercare di comprendere la storia e le radici di questo movimento, le sue ragioni e le sue prospettive, ma anche un'(ulteriore) occasione per esprime solidarietà e vicinanza a tutte le donne e gli uomini che si stanno battendo contro un regime patriarcale e autoritario e stanno subendo una repressione violentissima. Martedì interverranno Shirin Zakeri, Ph.D. ricercatrice alla Sapienza Università di Roma; Minoo Mirshahvalad, ricercatrice presso la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII e alcune donne iraniane residenti in Ticino.