Società

Il tramonto del Totocalcio, il sogno italiano nato in Ticino

Ora la nuova legge finanziaria della vicina Penisola rischia di farlo sparire definitivamente
Massimo Della Pergola, l’ideatore del Totocalcio.
Red. Online
09.02.2019 06:00

La decisione del Governo italiano di mettere mano alle leggi che regolano giochi d’azzardo, lotterie e affini e di decretare la morte di uno dei concorsi a premi più popolari dell’ultimo secolo, il Totocalcio, è stata accolta con unanimi sentimenti di stupore e tristezza. E questo perché, sebbene nell’ultimo decennio sia stata soppiantata da Internet e dai mille rivoli dell’universo dei pronostici, la «schedina», i suoi rituali e il sogno di un «tredici» in grado cambiarti la vita sono ancora nella mente di tutti. In Italia ma anche in Ticino dove – pochi lo li sanno – l’italianissimo Totocalcio è stato ideato.

È stata infatti nel nostro cantone che nacque l’idea di un concorso a pronostici legato al calcio. Merito di un giornalista italiano, Massimo Della Pergola (1912-2006) che, a causa delle leggi razziali promulgate dal regime fascista (era infatti ebreo) fu costretto ad abbandonare la natia Trieste e a rifugiarsi nel nostro Paese. Nella sua biografia dal titolo La Storia della Sisal e del suo inventore (ed. Laser) pubblicata nel 1997, Della Pergola racconta: «La prima idea mi venne quando ero nel campo di internamento di Pont de la Morge (in Vallese, ndr.). Lì ero solo un numero, il 21.915, ed ero addetto ai lavori di sterro. Così, per dimenticare la situazione, cominciai a lavorare con la mente attorno a un fantastico progetto: creare un’organizzazione capace di assicurare allo sport italiano i finanziamenti necessari al suo sviluppo» sfruttando il «piccolo demone del gioco». La sua idea (sintetizzata in una manciata di fogli di appunti e calcoli) prendeva spunto da alcuni concorsi a pronostici già esistenti in Inghilterra, Svezia e Svizzera, che però lui modificò in modo da renderla più aderente al campionato italiano e alla mentalità particolare dei giocatori italiani. Si trattava, in definitiva, di prevedere il risultato di 12 partite (vittoria interna, pareggio, vittoria esterna) scrivendo su una schedina i fatidici segni 1-X-2. Scrive ancora Della Pergola: «Trasferito a Lugano nel 1944, entrai a far parte della redazione di Sport Ticinese (un settimanale poi assorbito dal Corriere del Ticino, ndr.) dove feci amicizia con il direttore, Fabio Jegher e con il giornalista Geo Molo che feci partecipi della mia idea». Finita la guerra, Massimo Della Pergola tornò in Italia con il suo progetto pronto fin nei minimi particolari e la ferma determinazione a realizzarlo. «Il primo grosso ostacolo fu quello di trovare i fondi necessari per dare l’avvio all’iniziativa. “Chiesi dei prestiti e cercai soci», racconta, «ma mi veniva risposto che ero matto. Gli industriali a cui mi rivolgevo mi mettevano alla porta dicendo di non aver tempo da perdere. Tenni duro e fondai la SISAL (Sport Italia società a responsabilità limitata, senza la erre che rendeva la sigla poco orecchiabile)». A permettergli questa operazione furono proprio i due amici ticinesi Fabio Jegher e Geo Molo. Capitale iniziale della società: 300.000 lire, 100.000 a testa.
Fondata la società i tre iniziarono la lunga trafila burocratica tra Ministeri dell’interno e delle finanze che dovevano rilasciare il permesso per la gestione del gioco. Ottenuti i permessi il 17 gennaio 1946 la SISAL firmò poi un contratto di appalto con il CONI (il Comitato olimpico italiano) e il 5 maggio 1946 lanciò il suo primo concorso a pronostici. C’erano voluti circa quattro mesi per mettere a punto la complessa rete organizzativa composta da dieci uffici di zona interregionali e da una cinquantina di succursali provinciali, escluse Sicilia e Venezia Giulia, dove furono istituiti l’anno successivo. «Per le ricevitorie pensammo ai bar, che da sempre per gli italiani erano centri di discussione e polemiche sulle partite, e in un bar venne il suggerimento del prezzo della schedina: 30 lire a colonna, quanto un aperitivo. “Prezzo che non fu determinato in base a un calcolo economico. Pensai: gli italiano potranno comprare la speranza al prezzo di un vermut».

La prima settimana di gioco l’incasso delle giocate della schedina SISAL fu di 1.908.360 lire. Vinse Emilio Biasetti, impiegato milanese poco più che trentenne, che si aggiudicò 463.846 lire, l’intero monte premi. A costui seguirono ogni settimana centinaia di vincitori, alcuni anche milionari. Anzi, le grosse vincite divennero abbastanza usuali e Totocalcio divenne sinonimo di milioni tanto che lo Stato italiano, fiutando l’affare, nel luglio 1948, allo scadere del contratto di gestione tra CONI e SISAL, decise di nazionalizzare la «gallina dalle uova d’oro», affidando la gestione al CONI e cambiandogli il nome che divenne, appunto, Totocalcio. Della Pergola, Molo e Jegher si consolarono ottenendo la concessione per gestire il Totip (Totalizzatore ippico) che con la medesima formula dell’1 X 2 fece continuare a esistere la SISAL con le sue sedi e i suoi impiegati. SISAL che fece poi il botto in tempi più recenti con due nuovi concorsi a premi: l’Enalotto e il Superenalotto il quale, grazie a montepremi stratosferici, divenne all’inizio del millennio il gioco più seguito dagli italiani. Una fortuna della quale Della Pergola beneficiò solo in ridottissima parte. «Nel 1955 decisi di tornare al giornalismo puro e cedetti ai due soci la mia quota della società», racconta ancora nel suo libro. Una decisione che anche negli ultimi anni della sua vita (è morto nel 2006 all’età di 94 anni) non ha mai rimpianto. «Mi basta sapere di essere stato uno di quelli che ha spinto gli italiani a sognare». Era solito ripetere. Un sogno durato oltre mezzo secolo e che ora, purtroppo, è arrivato al capolinea.