«Impossibile fare previsioni sulle dimissioni di Francesco»
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La malattia di papa Francesco ha riaperto, in questi giorni, l’eterno dibattito sull’opportunità o meno che un pontefice non in perfette condizioni fisiche continui a guidare la Chiesa universale. Un dibattito, ovviamente, esploso in forme nuove e dirompenti dopo il clamoroso gesto di Benedetto XVI nel 2013.
Francesco Mores, associato di Storia della Chiesa all’Università Statale di Milano, ha curato di recente per Carocci la riedizione di un testo di Delio Cantimori, Appunti sulle eresie dei secoli XI-XIII, in cui non mancano i riferimenti potenzialmente interessanti anche per il presente. La sua analisi, sul punto, è molto chiara.
«Secondo me - dice Mores al Corriere del Ticino - bisogna sempre cercare di non personalizzare troppo. Il papato è legato alle figure, anche forti, che siedono sul soglio di Pietro. Ma si muove sempre in una prospettiva più lunga. Le dimissioni di Benedetto XVI si collocano tra due pontificati in continuità e, contemporaneamente, in discontinuità tra loro: quello di Giovanni Paolo II, nel quale il tema della malattia è stato estremamente rilevante, così come la sua scelta di non dimettersi; e quello di Francesco, un pontefice sì molto anziano ma che fino a oggi è sembrato in grado di governare una barca molto complicata da condurre. Quindi, non legherei le eventuali dimissioni a un solo atto di volontà personale, ma le inserirei, come dicevo, in una prospettiva più lunga. Davvero, non credo sia possibile fare una previsione su cosa deciderà Bergoglio».
Resta il fatto che Francesco è il secondo Papa più longevo della storia. Prima di lui, soltanto Leone XIII aveva varcato la soglia degli 88 anni alla guida della Chiesa. «È vero - dice Mores - ma siamo in due contesti e in due universi totalmente diversi. Nel caso di Leone XIII eravamo di fronte a qualcuno che si autodefiniva come un profeta biblico», un uomo cioè che non avrebbe mai potuto prendere in considerazione l’idea di lasciare il trono prima della morte.
Il sacro collegio
In attesa delle decisioni di Francesco, una cosa è comunque chiara: il Papa argentino ha cambiato la Chiesa con il suo messaggio e ha quasi interamente rinnovato il sacro collegio. Oggi i cardinali elettori sono 138 (18 in più del numero massimo fissato da Paolo VI), e di questi 110 sono stati creati da Bergoglio. Inevitabilmente ci si chiede se l’attuale sacro collegio sia funzionale all’elezione di un futuro Papa che somigli a Francesco.
«Il Papa è perfettamente consapevole del fatto che la creazione di un cardinale inevitabilmente porta con sé anche una prospettiva di futuro, e in questo senso guarderei con attenzione non soltanto la provenienza geografica ma anche l’età dei cardinali - sottolinea Mores - Pure nella Chiesa esistono le generazioni. E i tempi sono ormai cambiati, anche con grande rapidità. Ciò detto, aggiungo che Bergoglio sa senza dubbio valutare che cosa significhi creare cardinale qualcuno che sente affine alle proprie posizioni. Ma non bisogna mai dimenticare che il collegio cardinalizio spesso si muove in maniera imprevedibile. Dire, come spesso si dice, secondo me in maniera un po’ troppo affrettata, che il Papa stia preparando l’elezione del suo successore componendo un collegio fatto a sua immagine e somiglianza, è una forzatura. Guardando le biografie dei singoli ci si rende conto che esistono sfumature capaci di prefigurare scenari non definibili completamente. Questo se il nostro ragionamento resta sul piano storico. Perché per coloro che credono esiste anche un intervento divino, che è un elemento imprescindibile. Se il collegio cardinalizio prendesse decisioni inaspettate, non sarebbe la prima volta».
Sembra tuttavia difficile immaginare che, dopo Francesco, la Chiesa decida di guardare al passato. Le scelte del Papa argentino sono probabilmente un punto di non ritorno. «Sicuramente - dice ancora lo storico milanese - non esistono più le condizioni per cui il vescovo della Chiesa di Roma possa vivere in uno splendido isolamento. I cambiamenti, non soltanto con Bergoglio, sono stati troppo grandi. Ma questo riguarda l’immagine del pontefice. Per ciò che concerne la dottrina, invece, la questione è un po’ più complessa. Alcune prese di posizione del Papa sono state indubbiamente di grande rilievo. Penso alla questione della guerra: dal punto di vista del magistero, il concetto di guerra giusta è stato molto depotenziato, se non addirittura eliminato. E i pontefici che verranno dovranno necessariamente fare i conti con questo. Lo stesso si può dire delle iniziative sinodali. Il punto però non è la trasmissione o la diffusione del messaggio, ma la capacità che lo stesso ha di trasformare la Chiesa e le sue istituzioni».
In un mondo ormai «policentrico», spiega Mores, anche la Chiesa deve fare i conti con una natura «multipolare, per cui un ruolo da secoli centrale come quello del vescovo della Chiesa di Roma si deve misurare, ad esempio, con episcopati che vogliono dire la loro». La sfida del futuro, per la Chiesa, aggiunge Mores, «non è sui contenuti, ma sulle modalità di governo, come cioè far sopravvivere un’istituzione che ha forti elementi di centralizzazione in un mondo sempre più policentrico». E anche le riforme di Bergoglio, che pure ci sono state, «sono state assunte utilizzando alcune prerogative proprie di un potere centralizzato, sulla base quindi di meccanismi che molti ritengono non più adeguati ai tempi. Personalmente penso che molti di questi cambiamenti siano positivi, ma le modalità di decisione sono percepite come provenienti da un’altra epoca».
Francesco, comunque, per il fatto stesso di essere stato eletto al soglio di Pietro, è entrato nella storia. Ci rimarrà? È un Papa destinato a imprimere nella storia della Chiesa un segno indelebile?
«Credo di sì - risponde Mores - sebbene tutti gli ultimi pontificati siano stati molto significativi. Anche i Papi, in qualche modo, sono un sismografo di ciò che avviene, Nell’ultimo secolo, la figura e l’immagine del vescovo della Chiesa di Roma sono cambiate radicalmente. E oggi siamo molto più abituati di un tempo a percepire come presente la sua figura».