In fuga da Cuba a causa della fame e di un regime sempre più brutale

Se in passato siete stati a Cuba e avete un buon ricordo di quest’isola e dell’accoglienza che la sua popolazione sa offrire ai turisti, tenetevi stretto quel ricordo, perché, purtroppo, negli ultimi anni la situazione economica e politica è molto cambiata, in peggio. Se già in passato il fenomeno dei balseros era molto noto, ossia i cubani che cercano di raggiungere le coste degli Stati Uniti su barche di fortuna ( le cosiddette «balsas»), oggi il numero delle persone che fuggono dall’isola caraibica è in costante aumento e recentemente ha raggiunto numeri record.
In fuga 140 mila persone
Stando ai dati forniti dalle dogane USA, un anno dopo le storiche proteste del 2021, l’esodo dei migranti cubani è esploso, con 140 mila persone in fuga in pochi mesi, con un aumento di 10 volte rispetto all’anno precedente. I cubani, alla pari di venezuelani e nicaraguensi (vittime di tre brutali dittature), cercano di fuggire da fame e repressione negli Stati Uniti ma anche in numerosi altri Paesi. Ce lo conferma Yuraimy Machado, giovane donna cubana fuggita sei anni fa dall’isola e ora residente a Milano dove aiuta sia la nutrita comunità cubana che vive nel capoluogo lombardo, oltre mille persone, sia i suoi concittadini in difficoltà a Cuba.
«Ho deciso di andarmene da Cuba - ci confida Machado - a causa della crisi economica e della mancanza di libertà». L’esule cubana ha tra l’altro aderito al Partito nazionalista cubano, fondato una decina di anni fa all’estero e registrato negli Stati Uniti, visto che a L’Avana c’è posto solo per il partito unico, quello comunista, che con l’uscita di scena dell’ultimo Castro, Raul, è oggi guidato da Miguel Dìaz-Canel, un personaggio grigio che si è fatto notare per la crescente repressione che ha usato nei confronti di chi osa contestare il regime. Diaz-Canel ha inoltre bloccato la liberalizzazione del settore delle imprese private, avviata da Raúl Castro nel 2008, stroncando così una delle poche iniziative volte ad animare l’anemica economia cubana. A molti cubani, decisi a lasciarsi alle spalle fame e dittatura non resta dunque che la fuga all’estero.
A Milano Yuraimy Machado aiuta proprio i cubani giunti in città a trovare un alloggio e anche a risolvere questioni di carattere burocratico. «Si è rivolta a me, tra gli altri, una famiglia cubana che voleva rientrare a Cuba per far visita ai parenti, ma a cui la nostra ambasciata aveva rifiutato il visto, - racconta l’attivista cubana - ma ricevo richieste d’aiuto anche da Cuba. C’è ad esempio una signora molto malata che vive in una casa di legno che sta cadendo a pezzi, a cui ho promesso di inviare delle medicine e di trovare il modo di sistemarle la casa, in quanto sull’isola posso contare sull’appoggio di persone che collaborano con noi. Cerchiamo di inviare medicine anche a prigionieri politici che in carcere non ricevono cure mediche».
«Il regime cubano - aggiunge la nostra interlocutrice - non ammette il suo fallimento, ma sull’isola l’economia non riesce ad avere alcuna produttività e si cerca di porre rimedio al problema cercando investimenti stranieri». Per questo lo scorso novembre il presidente cubano si è recato in visita in Algeria, Russia, Turchia e Cina. «A Cuba non sta funzionando nulla e la crisi economica si fa sentire moltissimo. I prezzi - sottolinea la nostra interlocutrice - sono diventati insostenibili per la popolazione, un pensionato non può più permettersi di comprare della carne». Anche i settori in cui per anni il regime ha raggiunto buoni risultati, come la sanità e la formazione scolastica, ora sono in declino.
Chiesti sacrifici al popolo
Come giustifica il Governo questi scivoloni? «I vertici del potere - chiosa la dissidente cubana - continuano a chiedere al popolo di sacrificarsi. Lo ripete in continuazione il dittatore Dìaz-Canel, ma il popolo non può sacrificarsi per qualcosa che il regime non è in grado di generare. La storia della scuola gratis e quella del buon livello della medicina a Cuba non valgono più oggi. Nel Paese è tutto un fallimento. Per cui il regime non può continuare a ingannare il popolo, in quanto non produce e non genera nulla. Nelle farmacie non si trova neppure un antibiotico e nel Paese dilaga la malasanità. A Cuba non si trovano più le medicine e non ci sono fabbriche in grado di produrre i prodotti base. Il popolo si sta svegliando, ma ha paura di parlare o di manifestare, perché sappiamo che la dittatura è sostenuta dai militari e dalla polizia che reprimono il popolo». A tale proposito val la pena ricordare il ruolo svolto dai cosiddetti «boinas negras» (berretti neri) nella repressione delle proteste di strada, «come quelle scoppiate lo scorso 11 luglio a San Antonio de los Baños, nella parte occidentale del’isola, che poi - ricorda Machado - si sono estese in oltre sessanta località del Paese».
Bloccati tutti i quartieri
I berretti neri sono le truppe d’élite delle Forze Armate Rivoluzionarie (FAR) e intervengono minacciando pesantemente i manifestanti quando scendono in strada a contestare il regime. Lo scorso luglio, come rammenta la dissidente cubana, «i berretti neri sono intervenuti bloccando tutti i quartieri, presentandosi nelle case armati di pistole, mitragliatrici e cavi elettrici, ordinando alle famiglie di non uscire in strada. Questi squadroni vengono appositamente formati per reprimere violentemente ogni cittadino che osa mettersi contro la dittatura. A Cuba la gente ha il terrore di questi berretti neri che imprigionano, torturano o fanno sparire chi osa sfidare il regime, per ordine di Miguel Dìaz-Canel».
Al di là delle ideologie, la realtà cubana oggi risente pesantemente anche della pandemia che ha fatto crollare il settore del turismo, fondamentale per l’economia. E a pagare il conto, come nel caso delle restrizioni causate dall’embargo americano, è il popolo, sempre più esasperato da carenze di ogni tipo, comprese quelle energetiche che causano sull’isola ripetuti black out. Anche Berna riconosce che a Cuba la situazione politica e sociale è tesa, mettendo in guardia sui rischi che corre chi vuole recarsi sull’isola. Viene ricordato in particolare che a fine settembre 2022 si sono svolte altre importanti proteste a seguito di un’interruzione dell’energia elettrica durata diversi giorni. Per cui il sito della Confederazione avverte che scioperi e dimostrazioni possono provocare blocchi stradali, mentre la crisi economica provoca delle difficoltà di approvvigionamento di carburante e di elettricità.