La riflessione

«In futuro? Il Cremlino continuerà a destabilizzare l’Ucraina»

Secondo l’esperta Mara Morini in Russia prevalgono rassegnazione e paura - Cresce tra la popolazione la percentuale di chi vorrebbe la fine delle ostilità e l’inizio dei negoziati «alle condizioni di Putin, però»
©SERGEI ILNITSKY
Francesco Pellegrinelli
19.11.2024 06:00

Mille giorni di guerra. E la Russia? Come è cambiata la società controllata dal Cremlino? Che cosa resta di quella parte (minoritaria) di Paese che all’inizio del conflitto è scesa in piazza per protestare contro «l’operazione speciale»? Lo abbiamo chiesto a Mara Morini, politologa e professoressa associata di Scienza politica all’Università di Genova nonché profonda conoscitrice della società russa: «L’opposizione nel Paese oggi è stata completamente annientata. La morte di Aleksei Navalny, avvenuta in carcere, ha spento ogni speranza e, al momento, non c’è nessun erede con il medesimo carisma in grado di mobilitare la società». I dissidenti, perlopiù, vivono all’estero, dove le azioni di protesta - come il corteo di Berlino organizzato nel fine settimana - hanno un impatto minimo sulla pancia del Paese, oltre a lasciare carta bianca al Cremlino sulla narrazione da diffondere in patria. «Oggi più che mai la propaganda russa domina ogni aspetto della vita quotidiana del Paese. Non bastasse, i rischi di finire in carcere sono concreti, per cui - chi non condivide le politiche di Putin - si trova senza un punto riferimento o semplicemente in attesa di tempi migliori», commenta Morini che parla soprattutto di «rassegnazione».

Per quanto riguarda, invece, la tenuta economica del Paese, l’esperta non si dice sorpresa che le sanzioni occidentali non abbiano indebolito il potere di Putin. «Il Paese ha adottato da subito un’economia di guerra che ha favorito un aumento generalizzato di tutti gli indicatori economici. Anche le previsioni del PIL per il 2025 sono positive». Insomma, nessuna crisi economica russa ha messo in ginocchio il Cremlino, né tanto meno gli oligarchi russi hanno spinto il presidente Putin ad abbandonare le proprie velleità militari, come supposto inizialmente da alcuni analisti, dice l’esperta. Medesimo discorso, in Parlamento, dove anche i partiti all’opposizione votano con «Russia unita», il partito del presidente Putin. «L’opposizione è più di facciata che reale; soprattutto quando si vota in Parlamento».

Eppure, avverte l’esperta, il modo di vedere il conflitto nella società russa, anche quella rurale e profonda, è cambiato. «A dirlo sono alcuni sondaggi, come Levada, che possiamo ritenere attendibili per diverse ragioni ma soprattutto perché negli ultimi anni hanno dimostrato di descrivere bene le trasformazioni in atto nella società russa». I sondaggi Levada mostrano chiaramente che negli ultimi sei mesi la percentuale di chi chiede la fine delle ostilità e l’inizio delle negoziazioni è cresciuta. Con una grande premessa, però: «Le trattative devono avvenire alle condizioni di Putin». Ciò significa che le rivendicazioni territoriali del presidente Putin, secondo Morini, trovano sostanzialmente sostegno anche in una fascia allargata della popolazione: «La società russa si pone in linea con le rivendicazioni di Putin». In particolare, «la popolazione considera i territori occupati come regioni annesse alla Russia, in linea quindi con quanto già emerso nei referendum illegali organizzati negli stessi territori a settembre 2022».

Guardando al futuro, secondo Morini, un cambiamento significativo sul fronte si potrà vedere solo in primavera, dopo la fase invernale. «Fino ad allora non ci saranno grandi stravolgimenti». Nel frattempo, a gennaio, ci sarà l’insediamento di Trump, al quale Biden ha lasciato in eredità la dichiarazione sull’utilizzo dei missili a lungo raggio. «Vedremo come evolverà la situazione. Tuttavia, non penso che ci sarà un’escalation, poiché Putin ha già chiarito che ciò implicherebbe un coinvolgimento della NATO». Morini non esclude piuttosto la possibilità di un negoziato, anche se questo dipenderà «anche dalla capacità di Trump di coinvolgere la Cina». Secondo l’esperta, Putin potrebbe dare qualche segnale di apertura, accettando per esempio un cessate il fuoco. «In prospettiva, però, con la fine della presidenza Trump o con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali russe nel 2030, temo che il conflitto potrebbe riaprirsi». Secondo l’esperta, la politica estera russa, nei prossimi anni, sarà contrassegnata dalla necessità di mantenere i Paesi che il Cremlino considera nella propria sfera di influenza «in una condizione di instabilità controllata». Questa strategia per Mosca ha vantaggi evidenti, dice Morini: «In primo luogo consente al Cremlino di continuare a influenzare la politica domestica di questi Paesi. Concretamente, se l’Ucraina non è ritenuta politicamente stabile, non può aderire all’Unione Europea». La conclusione di Morini non fa sconti: «Dal punto di vista di Mosca, per evitare che l’Ucraina cada definitivamente sotto l’influenza dell’Occidente, Putin dovrà continuare a destabilizzare il Paese. Lo farà politicamente, interferendo nelle elezioni presidenziali; lo farà con la disinformazione e, temo, anche con attentati».

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