Inflazione ai minimi da due anni, «ma molte voci aumenteranno a gennaio»

L’inflazione frena in Svizzera e scende ai minimi da due anni: in novembre la crescita dei prezzi su base annua si è attestata all’1,4%, in calo rispetto all’1,7% registrato in settembre e ottobre. Si tratta del livello più basso dall’ottobre del 2021 (quando era all’1,2%).
Stando ai dati pubblicati oggi dall’Ufficio federale di statistica (UST), in novembre l’indice dei prezzi al consumo si è attestato a 106,2 punti. Il rincaro annuo si trova nella fascia bassa delle aspettative: gli analisti interpellati dall’agenzia Awp scommettevano infatti su valori compresi fra +1,5% e +2,1%. Gli esperti si aspettavano una progressione più marcata perché nel giugno scorso è avvenuto il primo aumento del tasso ipotecario di riferimento (il secondo è seguito alcuni giorni or sono, il primo dicembre). A livello mensile i prezzi sono invece scesi: la variazione rispetto a ottobre è pari a -0,2% (le attese erano comprese fa -0,2% e +0,4%).
Come valutare questi dati? E come potrebbero evolvere in futuro i prezzi? Lo abbiamo chiesto a Nikolay Markov, economista della Pictet Asset Management di Ginevra. «L’inflazione - spiega - è inferiore rispetto alle attese, perché ci si aspettava l’1,7%, ossia un dato stabile rispetto a ottobre. Comunque il livello è in calo soprattutto a causa della voce «trasporti», scesa più del previsto, ossia dell’1,7% su base annua. E anche i prezzi della salute sono diminuiti dello 0,3%. Per giunta la voce «beni alimentari e bevande» resta elevata ma decelera al +3,2%. Infine, ci sono altre componenti che accelerano, come gli affitti, saliti del 2,3% su base annua».
La voce «servizi» corre ancora
«Nel complesso - precisa - tutto quello che è legato ai servizi resta elevato. Per esempio la voce «ristorazione e albergheria» è salita del 2,7% su base annua. E questo mostra che la frenata dell’inflazione non è dovuta alla domanda domestica, che resta piuttosto solida, ma ai beni e servizi importati, diventati meno cari grazie alla forza del franco, e alla voce «trasporti», i cui prezzi sono scesi».
«Per quanto riguarda il futuro - commenta - i rischi sono al rialzo, e questo a causa di diversi fattori. Prima di tutto in gennaio avremo il rialzo dello 0,4% dell’Iva, che colpirà tutti i prezzi. Inoltre, l’elettricità aumenterà del 18% e nel 2024 ci saranno degli effetti di base sfavorevoli, che contribuiranno a una ripresa dell’inflazione. Sulla base di tutto questo prevediamo che l’inflazione non diminuirà molto e anzi, nel dicembre del prossimo anno sarà all’1,9%».
La BNS non deve tagliare i tassi
«I rischi al rialzo quindi - sottolinea - sono elevati, e bisogna che la BNS non “sovrareagisca” al dato di novembre, che è in calo, e mantenga la sua politica invariata. Quindi, secondo il nostro scenario attuale, non effettuerà né rialzi né ribassi dei tassi. Infatti pensiamo che i rischi di un aumento o di un taglio dei tassi esistono, ma sono simmetrici. Invece, per le altre banche centrali sono più probabili dei cali che dei rialzi. La media dell’inflazione nel 2023 - prosegue - dovrebbe attestarsi al 2,1%, e nel 2024 all’1,7%. Guardando al 2025 l’inflazione dovrebbe scendere in media verso l’1,2%».
«A giocare sull’inflazione - nota - quest’anno sono intervenuti molti fattori. Quello meno importante a nostro avviso è rappresentato dagli aumenti dei tassi di interesse da parte della BNS, perché non hanno avuto forti effetti sull’economia reale. Piuttosto ha giocato la forza del franco, che ha calmierato l’inflazione importata. Un influsso, anche se molto blando, lo ha avuto anche il rallentamento della domanda domestica, che comunque è restata solida. E anche nel 2024 dovrebbe sostenere il PIL, che secondo le previsioni crescerà del 1,1%, in accelerazione rispetto allo 0,8% di quest’anno. Infatti a livello congiunturale la Svizzera e la Germania dovrebbero beneficiare di una leggera ripresa in Cina e in Asia e i consumi resteranno sostenuti».
«Chiaramente - rileva - esistono dei rischi, soprattutto di recessione, che sono molto più elevati in Europa rispetto alla Svizzera, anche per il rischio geopolitico legato alle due guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente, e che non tocca molto gli Stati Uniti. Questo potrebbe avere un impatto sugli investimenti e sul clima di consumo. Il conflitto a Gaza ha due dimensioni: da una parte può provocare l’entrata in guerra di altri Paesi, e in secondo luogo può influenzare negativamente il clima fra i consumatori. Il secondo rischio, che tocca di più l’UE la Gran Bretagna, è legato alla stretta monetaria, che potrebbe frenare i consumi, gli investimenti, e il credito bancario, che è già in forte ribasso. Quest’ultimo rischio potrebbe ulteriormente aumentare se la BCE aumentasse ancora i tassi, il che rimane possibile».
Il picco al 3,5% nell’agosto 2022
Negativa ancora sino al marzo 2021, l’inflazione è salita sensibilmente in Svizzera, arrivando a toccare un picco del 3,5% nell’agosto 2022, per poi tornare a calare lievemente e chiudere l’anno scorso con un dato (medio) del 2,8%, il massimo da 30 anni. Visto che non è stata compensata da una crescita degli stipendi nominali, ha comportato nel 2022 per i salariati la perdita di potere d’acquisto più forte dai tempi della Seconda guerra mondiale. Nel 2023 il punto più altro è stato osservato in febbraio: +3,4%.
Nell’intera Eurozona in novembre l’inflazione si è attestata al 2,4%, in calo dal precedente 2,9%.