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Iran: sesta condanna a morte per un manifestante

Le sentenze procedono a ritmo sostenuto: la prima solo sette giorni fa – Amnesty International: sono almeno 21 le persone che rischiano lo stesso destino
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Red. Online
20.11.2022 17:40

La Corte rivoluzionaria di Teheran ha emesso oggi la sesta condanna a morte nei confronti di un manifestante accusato di avere «l'intenzione di uccidere con un coltello per creare paura e insicurezza nella società» durante le proteste. Tale comportamento, secondo la legge della Sharia in Iran, comporta la pena di morte, ha riferito l'agenzia Tasnim.

L'annuncio della prima condanna era arrivato il 13 novembre. E le sentenze emesse dall'Iran procedono a ritmo sostenuto. Sotto accusa i quasi 16 mila manifestanti finiti a processo per le proteste esplose dopo la morte, il 16 settembre, di Mahsa Amini, la giovane di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non avere indossato correttamente il velo islamico. Nel frattempo le piazze, le strade e le università di varie città iraniane continuano a essere il teatro della protesta, giorno e notte.

Sei condanne a morte in 7 giorni

La prima pena capitale è stata inflitta a una persona giudicata colpevole «di aver appiccato un incendio a uno stabilimento governativo, d'aver disturbato l'ordine pubblico, di essersi riunito e di aver cospirato in vista di commettere un crimine contro la sicurezza nazionale, di essere un nemico di Dio e di corrompere la terra». Poi, dopo qualche giorno, una seconda persona è stata condannata a morte per le proteste, con l’accusa di avere «terrorizzato le persone per strada usando un coltello, dato fuoco alla moto di un cittadino e aggredito un individuo con un coltello».

Quattro giorni fa la Corte rivoluzionaria di Teheran ha emesso un verdetto preliminare di condanna alla pena capitale per tre uomini definiti «rivoltosi e perturbatori della sicurezza». Il primo è stato accusato di aver provocato «disordine pubblico, insicurezza nel Paese e di aver causato danni a persone e beni pubblici». La seconda condanna a morte punisce un manifestante per aver «appiccato il fuoco al governatorato della città di Pakdasht». Il terzo condannato è accusato di aver «tentato di chiudere una strada, impedendo il movimento dei veicoli e provocando terrore, oltre ad aver danneggiato beni pubblici», secondo quanto riporta il sito della magistratura.

Le reazioni

In sette giorni, sei condanne, dunque. Sei impiccagioni decretate dopo «procedure sommarie» stando alle ong. Già nei giorni scorsi il Cancelliere tedesco Olaf Scholz si era domandato «che razza di governo fosse quello che spara ai propri cittadini» e il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato alcuni attivisti iraniani, elogiando «la rivoluzione che stanno conducendo», provocando in entrambi i casi la reazione stizzita di Teheran. 

Secondo le ricerche di Amnesty International (i risultati risalgono a giovedì), almeno 21 persone arrestate durante le manifestazioni in corso da due mesi in Iran rischiano di essere condannate a morte per i reati di «guerra contro Dio» e «corruzione sulla terra». L’accelerazione dei processi si deve anche alla richiesta, rivolta al potere giudiziario e sottoscritta da 227 parlamentari su 290, affinché non mostri «alcuna clemenza» nei confronti dei manifestanti, emettendo condanne a morte che servano da «lezione» ad altri. La richiesta è stata raccolta dal capo della Magistratura, che ha sollecitato processi rapidi, scrive ancora Amnesty International.

Secondo un documento riservato, reso pubblico dal canale della BBC di lingua persiana, dall’inizio delle proteste sono stati arrestati 15-16.000 manifestanti. Nella sola capitale Teheran sono state mosse accuse contro 1024 persone.

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