L'intervista

«La bicicletta è una scuola di vita che aiuta a superare gli ostacoli»

Domenico Pozzovivo, ottavo all’ultimo Giro d’Italia, racconta la sua rinascita dopo il terribile incidente del 2019
Flavio Viglezio
04.06.2022 10:53

A 39 anni, Domenico Pozzovivo è reduce da uno splendido 8. posto al Giro d’Italia. E pensare che un paio di anni fa, a seguito di un terribile incidente stradale, la sua carriera sembrava finita. Non per il professor Christian Candrian dell’EOC, che ha rimesso l’atleta italiano in sella. Ora Pozzovivo punta ad un grande Tour de Suisse, per suggellare un rapporto speciale con il nostro Paese.

È l’agosto del 2019. Domenico Pozzovivo si sta allenando, in vista della Vuelta, sulle strade del cosentino. Viene investito da un’auto, l’urto è terribile, così come la diagnosi: fratture scomposte di tibia e perone, così come al gomito, che è messo malissimo. «Hanno messo fine alla mia carriera», grida disperato il ciclista italiano. Per i medici non correrà più. È il maggio del 2022: a 39 anni Domenico Pozzovivo chiude il Giro d’Italia all’ottavo posto. Da quasi cent’anni un quarantenne non terminava la corsa rosa tra i primi dieci della classifica.

Nella rinascita dell’atleta lucano c’è anche tanto Ticino: da anni, con la moglie Valentina, Pozzovivo vive a Morcote. Ma soprattutto c’è il professor Christian Candrian, primario di ortopedia e traumatologia all’EOC. È lui che, di fatto, ha rimesso Pozzovivo in sella. Quando davvero in pochi ci credevano.

Dalle lacrime alla speranza

«In quei giorni – spiega Pozzovivo – per me tornare in Svizzera è stato come far rientro a casa. Mi sono sentito al sicuro a livello di integrità fisica, al di là delle questioni legate alla carriera. È stato però un periodo molto duro, pieno di dubbi. La sera piangevo spesso: ero debole, deluso e preoccupato. Ma ho ritrovato in fretta fiducia e coraggio: il dottor Candrian mi ha detto quasi subito che le possibilità di tornare a gareggiare erano concrete. Le sue parole mi hanno dato una carica immensa e l’aspetto mentale è fondamentale nel recupero dopo un simile infortunio».

Ha dovuto convivere con gli infortuni, Pozzovivo: «In carriera ho subito circa una ventina di fratture e ho dovuto affrontare sedici interventi chirurgici, dodici dei quali in anestesia generale. Ma la vita per me è una sfida costante, cerco sempre di superare gli ostacoli che mi si parano davanti. È un po’ come sulla bici: bisogna essere capaci di soffrire, di non accontentarsi mai e di accettare i sacrifici. Mi sono posto l’obiettivo di tornare a correre e mi sono detto: ‘‘Vediamo se ce la faccio’’. Gli infortuni subiti prima di quello che quasi mi toglie la vita sono stati in qualche modo... propedeutici, mi hanno aiutato ad affrontare con più maturità e consapevolezza il momento più duro della mia carriera».

Sono sportivi abituati alla sofferenza, i ciclisti. Soli contro gli avversari e contro se stessi, su salite che sembrano non voler finire mai. «Il ciclismo – precisa Pozzovivo – è uno stile di vita. So di cosa parlo, da corridore di corse a tappe. Il dolore è un nostro compagno di viaggio. In ospedale mi è capitato spesso di buttare nel cestino della spazzatura le pastiglie che mi portavano per lenire il male fisico».

Da disoccupato a protagonista

L’ottavo posto al Giro, a 17’ 29’’ dal vincitore australiano Jai Hindley, è insomma un piccolo miracolo sportivo. «Che nasce – prosegue – già nella stagione del rientro, condizionata tra l’altro dalla pandemia di coronavirus. Ho disputato il Giro rimanendo in costante contatto con il dottor Candrian, e mi sono classificato all’11. posto. In seguito ho subito un’ulteriore operazione: al Tour de France ero caduto proprio sul gomito già martoriato».

La corsa rosa che l’ha visto chiudere tra i migliori dieci ha invece rischiato di guardarla solo alla TV. Fino a febbraio Pozzovivo era senza squadra. « Mi sono tenuto in allenamento da solo, da indipendente. L’ho fatto in maniera seria, sono pure stato a Tenerife, cercando di riprodurre nel miglior modo possibile gli allenamenti che solitamente si fanno con la squadra. Ero convinto di poter dare ancora qualcosa al ciclismo. E in quei giorni mi sono detto che se avessi trovato una formazione disposta ad ingaggiarmi, avrei puntato ad un posto nella top ten al Giro d’Italia. Quando ho trovato l’accordo con l’Intermarché – che aveva bisogno di un corridore con le mie caratteristiche per le corse a tappe – la mia mente è subito andata alla corsa rosa».

L’ottavo posto finale è un grande risultato: «Sì, sono molto felice, anche perché sono pure andato vicino ad un successo di tappa. L’ultima settimana è davvero stata estremamente positiva. Peccato per la caduta nella discesa del Mortirolo, che tra l’altro conosco molto bene: ho sofferto parecchio, ma sono contento perché non ho mollato. Ho stretto i denti e mi sono reso conto che la mia soglia di sofferenza è aumentata. La passione è sempre la stessa e sono costantemente alla ricerca di nuove sfide personali: il giorno in cui non sarò più animato da questo fuoco sacro, smetterò di correre».

Obiettivo Tour de Suisse

Non è allora ancora arrivato il momento di pensare alla pensione, per Pozzovivo. Che dopo le fatiche del Giro guarda già al prossimo Tour de Suisse che scatterà il 12 giugno. E che vedrà il gruppo pedalare per lunghi chilometri sulle strade ticinesi. D’altra parte lo scalatore italiano una tappa al Giro della Svizzera l’ha già vinta: «Una giornata indimenticabile, con una vittoria in solitaria al termine della Locarno - La Punt. Il Tour de Suisse, per un corridore come me, permette di puntare sia ai successi parziali sia alla generale. Il mio obiettivo sarà quello di entrare tra i primi cinque della classifica. Purtroppo non ho potuto lavorare molto con la bici da cronometro in fase di preparazione: nella corsa contro il tempo in programma a Vaduz dovrò stringere i denti».

Tra libri e pianoforte

È abituato a stringere i denti, Domenico Pozzovivo. O, come lo chiamano in gruppo, «il Dottore». Sì, perché nella sua vita non c’è solo la bicicletta. È laureato in Economia e presto lo sarà anche in Scienze Motorie. E nel tempo libero si rilassa suonando il pianoforte. «Poter staccare la spina, ogni tanto, è fondamentale. Rispetto ad un tempo quello di oggi è un ciclismo più stressante ed esigente. D’altra parte è questa l’evoluzione del nostro mondo. E anche il ciclismo è cambiato: penso che sarà sempre più raro, in futuro, assistere a carriere come la mia. Oggi si comincia a vincere prima rispetto ad una volta. Ma le carriere si stanno accorciando: in generale si smette prima, insomma».

Un giorno toccherà anche a Pozzovivo appendere la bicicletta al chiodo: «Come ho già avuto modo di dire, per adesso non ci penso. La mia intenzione è comunque quella di rimanere nel mondo del ciclismo, in particolare nel settore del coaching. La funzione di responsabile delle performance mi attira parecchio».

Parla il professor Candrian

Tra il professor Christian Candrian – primario all’EOC – e Domenico Pozzovivo è nata una bella amicizia. Il medico e l’atleta hanno imparato a conoscersi bene. E a rispettarsi. Ancora oggi i due si incontrano regolarmente, per scambiare quattro chiacchiere. «Quando Domenico è arrivato da noi – spiega Candrian – era messo piuttosto male. Sono però rimasto estremamente colpito dalle sue capacità di recupero, sia sul piano mentale sia su quello riabilitativo. Ha reagito alla situazione in maniera incredibile: appena operato, ha subito manifestato la volontà di tornare in sella. Una mentalità che fa la differenza e che dimostra la capacità di soffrire da parte di atleti di questo livello». Sportivamente Pozzovivo non è più giovanissimo: «Per noi medici un 39.enne è ancora giovane. Per il tipo di infortunio che ha avuto, i problemi intervengono a partire dai 60 - 70 anni». Il professor Candrian ha ridato coraggio e fiducia a Pozzovivo: «Non potevo dirgli esattamente quando sarebbe successo, ma ho subito confidato a Domenico che la sua carriera non era finita».