Il caso

La carbonara alla Max Mariola

Da chef televisivo a divisivo protagonista del dibattito pubblico italiano: che cosa è successo?
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Stefano Olivari
13.05.2024 21:00

La pasta alla carbonara è una religione e Max Mariola è uno dei suoi profeti. Per passare da chef televisivo da 9 milioni di follower (dichiarati) a divisivo protagonista del dibattito pubblico italiano il cinquantacinquenne Mariola aveva però bisogno di una di quelle inutili polemiche social che sono l’architrave delle nostre vite. E la polemica è arrivata, con il presunto scandalo della carbonara a 28 euro. Ma cosa è successo?

Ventotto euro

La pietra dello scandalo non è stata tanto la carbonara, con le tradizionali fazioni di guanciale e pancetta a combattersi, quando il suo prezzo nel locale che Mariola ha lo scorso gennaio aperto a Milano: il Max Mariola Ristorante (non si può dire che non ci metta la faccia) è in via San Marco, piena zona Brera, uno dei posti della città più frequentati di sera e di notte, da turisti e da professionisti della movida. Molti commentatori hanno considerato assurdi i 28 euro per la carbonara, mentre scriviamo queste righe diventati 30 perché non è in menu e viene considerata piatto del giorno, anche per gli standard milanesi. Strano che se la siano presa con la romana carbonara del romanissimo Mariola e non ad esempio con la cotolettona, ovviamente fra i secondi, proposta a 60 euro. Prezzi che uno svizzero può trovare quasi normali ma che un milanese di una volta, pur abituato alle fregature, come minimo commenta stizzito. E il milanese di oggi? Meglio non rispondere.

Instagram

La difesa di Mariola, da navigato uomo di spettacolo ben contento che si parli di lui in qualche modo, si è basata su due argomenti. Il primo è che la sua carbonara viene, nella parte finale, preparata al tavolo: non proprio show cooking ma quasi, uno spettacolo che tira fuori il peggio dalla clientela, fra selfie, video, commenti, storie, foto ricordo. In versione soft una logica non troppo diversa dalla sciabolata di Lacerenza. Il ristorante di Max Mariola è del resto nato proprio per essere un posto da Instagram, non un’oasi di silenzio e riservatezza. Il secondo punto della difesa del tele-chef è che la discussione sui 28 euro sia senza senso, in una zona di Milano così cara e volendo pagare regolarmente i dipendenti. “Per Milano 28 euro sono anche poco”, ha spiegato ai suoi tanti hater, fra cui molti colleghi meno visibili.

Romani

Difficile dargli torto, per quanto riguarda il prezzo, se vogliamo considerare il suo un ristorante di fascia alta. Se invece vuole giocare nel campionato dei ristoranti romani di Milano, che negli ultimi anni hanno avuto un vero e proprio boom, allora Mariola esce perdente: il suo 60 euro di prezzo medio di una cena è il doppio di quanto si spende nei vari Giulio pane e ojo, Felice a Testaccio, Ba’Ghetto, Cacio e pepe, Dar Cordaro e Ponte Milvio, per citare posti molto conosciuti e sempre pieni. Ma Max Mariola, inteso come ristorante, è romano o no? Molti lo considerano tale, più per la figura del fondatore che per le caratteristiche del menu, che a piatti romani associa piatti di altre regioni o comunque italianizzati, dalla cotoletta alle linguine al pesce, fino a spingersi verso contaminazioni asiatiche. Un romano fusion, per dirla alla milanese. Ma arrivati a questo punto bisogna rispondere alla madre di tutte le domande: chi è Max Mariola e perché è così famoso?

Televisione

La caratteristica che lo distingue dagli altri chef ipermediatizzati, da Cracco a Cannavacciuolo, per non dire di quelli di fascia più bassa, è che lui non è uno chef, più o meno di successo, diventato popolare grazie alla televisione, ma un personaggio televisivo che si è trasformato in chef e proprietario di ristorante. La sua storia è quella di un appassionato di cucina, senza alcuna formazione specifica, che negli anni Novanta frequenta un corso dove insegna anche una chef, Laura Ravaioli, che conduce una trasmissione su Gambero Rosso Channel. Nel 1999, a trent’anni, Mariola diventa quindi suo assistente e poco a poco si fa largo fra i vari programmi, co-conducendo con chef famosi come Fulvio Pierangelini e altri. Per quasi un quarto di secolo però cucina soltanto davanti alle telecamere e per i suoi account sui vari social network, gestiti dalla moglie, in cui si esibisce con un tono fra il professionale ed il familiare, con frequente uso del figlio Mario. Certo questo non spiega il suo boom né il suo essere diventato un’azienda, che guadagna con eventi e collaborazioni, un’azienda per cui il ristorante sarà un biglietto da visita.

Bilancio

Come è possibile che gli chef diventino tali soltanto per meriti televisivi e che la gente riempia i loro ristoranti? Con una storia diversa da quella di Mariola, potremmo citare Alessandro Borghese, che i suoi locali li ha aperti dopo il successo di Quattro Ristoranti e non prima, e tanti altri, a partire dai partecipanti ai vari talent show, Masterchef su tutti. Quanto a chi è diventato famoso in maniera classica, con la gavetta e le stelle Michelin prese sul campo, anche in questo caso si può dire che il ristorante sia un di più, fino ad arrivare al caso limite di Bruno Barbieri che dopo una carriera vera di fatto esiste soltanto in televisione, in prima persona e nelle parodie come quella geniale del Gialappa Show. Il gigantesco non detto di tutta la ristorazione, e che nel caso di Milano assume dimensioni enormi, è che chi non è personaggio mediatico può avere il bilancio in ordine soltanto con pizzerie e locali a conduzione familiare, meglio se in locali di proprietà acquistati grazie al tanto ‘nero’ che senza gli scontrini fiscali si è fatto fino agli anni Ottanta. Gli altri o sono riciclatori di soldi della mafia, o imprenditori che lavorano sull’immagine cercando di vendere il locale (o meglio ancora la catena) ad un fondo di investimento, oppure chef che lavorano in pareggio o in leggera perdita perché i soldi veri arrivano da televisione, consulenze, matrimoni ed eventi vari. Detto questo, il successo di Max Mariola, fra i vari ‘Daje!’ e ‘Sound of love’, rimane un mistero.