La Colombia si è stufata delle «narcoserie»?

Narcoserie, narconovela o narcotelenovela. In spagnolo, esistono diversi nomi per definire un genere, il crime dedicato al narcotraffico, che negli ultimi anni sta spopolando sul piccolo schermo. Nulla di nuovo, per certi versi. Nel cinema, il traffico di droga trova spazio da decenni (ricordate Scarface?). Ma se anche in TV, sulle piattaforme streaming, la categoria ha preso il volo, parte del merito va dato all'iconica Narcos, serie che – ambientata nella Colombia degli anni Ottanta e Novanta – racconta la storia del celebre "imperatore della cocaina" Pablo Escobar e del violento e potente cartello di Medellín. Il successo della produzione, però, non è bastato per scacciare qualche dubbio. Il modo in cui sono costruiti trama e personaggi non rischia di romanticizzare un periodo buio e tutt'altro che edificante per la Colombia?
In questi giorni, si è tornati a parlare proprio di Medellín e, più in generale, del traffico di droga colombiano, grazie alla prossima uscita (25 gennaio) della serie "Griselda". Sofia Vergara interpreta Griselda Blanco, la temutissima "Madrina della cocaina", attiva nello stesso periodo di Escobar e famosa per i metodi sanguinari con i quali teneva in piedi i propri "affari". Ed è questa serie ad avere aperto un dibattito fra politici e popolazione: qualcuno sembra essersi stufato di questa rappresentazione del Paese.
Su X, l'ambasciatore colombiano a Londra, Roy Barreras, ha lanciato la discussione al grido di «Basta con la cultura dell'intrattenimento mafioso». «Cosa ha più visibilità, una serie NETFLIX in cui viene mostrata la Colombia come un Paese di gangster e sicari? O una delle tante campagne pubblicitarie che cercano di mostrare la ricchezza, la bellezza e le potenzialità culturali e ambientali della nostra patria? Purtroppo l’apparato commerciale che vive stigmatizzando il nostro Paese può fare di più, offendendo milioni di bravi colombiani. Liberate la Colombia! Basta cultura dell'intrattenimento "traqueta" (mafioso, ndr)».
Pubblicando un'immagine di Vergara nei panni di Griselda, Barreras ha rilanciato: «Fanno narconovelas, fanno narcocinema, vivono della cultura traqueta e danneggiano gravemente l’immagine della Colombia all’estero. Il nostro Paese ha così tante storie di resilienza, di miglioramento, ci sono così tanti colombiani di successo e storie di vita da raccontare».
Su X, l'uscita ha raccolto un discreto numero di risposte, con tanti utenti che hanno manifestato solidarietà con la presa di posizione di Barreras. «L'unica cosa che fanno questi film è apologia del crimine. Tanto più che finiscono per influenzare negativamente le nuove generazioni».
Ma non sono mancate anche posizioni opposte, volte soprattutto a sottolineare l'importanza del ricordo, anche se negativo. «La storia non va nascosta, deve essere chiara per non ripetere gli stessi errori e soprattutto per non dimenticare chi ha causato tanti danni», ha scritto su X un altro utente.
A scendere in piazza social, anche Gustavo Bolívar, già senatore del governo di Gustavo Petro, oggi scrittore di narcoromanzi. «Ambasciatore. Narcos, molestatori e corrotti sono coloro che danneggiano l'immagine del Paese. [Noi] Scrittori e registi raccontiamo solo le loro storie. Quando pubblicherò il mio prossimo libro "Nido de ratas" sarò colpevole di corruzione e cattiva immagine? O la colpa è dei narcotrafficanti corrotti e colpevoli che hanno svilito la Colombia?».
E ancora: «Cosa è venuto prima: quello corrotto o quello che racconta la storia dei corrotti? Il narcotrafficante o colui che racconta la storia del narcotrafficante? Per non intaccare l’immagine, scrittori e registi dovrebbero nascondere la verità? Non è meglio che il corrotto smetta di rubare, lo spacciatore smetta di trafficare e l'assassino smetta di uccidere?».