«La Corea del Nord è un alleato scomodo per la Cina»
Venerdì 4 novembre il Segretario generale dell'ONU Antonio Guterres ha condannato fermamente gli ultimi lanci di missili della Nord Corea, ribadendo il suo invito a Pyongyang a desistere immediatamente da qualsiasi ulteriore azione provocatoria e a rispettare pienamente i suoi obblighi internazionali ai sensi delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Ma cosa sta accadendo esattamente nella Penisola coreana? Abbiamo sentito le valutazioni di Lorenzo Mariani, già ricercatore dell'Istituto Affari Internazionali di Roma esperto di Coree ed Asia, e ora Project Manager presso la Trans European Policy Studies Association di Bruxelles.
Signor Mariani, la Corea del Nord ha criticato USA e Corea del Sud per la decisione di estendere le loro esercitazioni militari aeree congiunte in risposta agli ultimi lanci di missili balistici fatti da Pyongyang. Ignorando le richieste di Kim Jong-un affinché cessino tali esercitazioni, USA e Corea del Sud non rischiano di creare una situazione analoga a quella che ha preceduto l’invasione dell’Ucraina da parte russa?
“Non mi spingerei a cercare paragoni tra le due situazioni, anche perché la guerra tra le due Coree sulla carta non si è mai risolta. La giustificazione che la Corea del Nord dà al suo comportamento è sempre la solita: Pyongyang vede da sempre nelle azioni di coordinamento militare tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud una minaccia alla propria esistenza. C’è da dire che con il cambio dell’amministrazione a Seul e anche dell’amministrazione americana, la Corea del Nord si ritrova in uno scenario complesso in termini di politica estera. Per questo motivo spinge sull’acceleratore di una politica regionale più aggressiva, in quanto sa che questo, almeno in passato, è un atteggiamento che l’ha aiutata in prove di forza con la Corea del Sud e gli Stati Uniti, nelle quali, in un secondo momento, ha ottenuto maggiori concessioni”.
Per il regime di Pyongyang è più importante essere riconosciuto come potenza nucleare, oppure ottenere un allentamento delle sanzioni internazionali?
"In realtà la Corea del Nord non sta premendo molto per il riconoscimento internazionale. Il fatto è che per Pyongyang le potenze occidentali non vogliono riconoscerle un titolo, quello di potenza nucleare, che le appartiene de facto. Per il regime nordcoreano l’allentamento delle sanzioni internazionali sarebbe sicuramente necessario, per il Paese e per lo stesso regime. Pyongyang però sa che proseguendo con il suo attuale atteggiamento, l’allentamento delle sanzioni internazionali è un traguardo che si allontana sempre di più. Va comunque ricordato che la Corea del Nord è un Paese che vive da decenni sotto la pressione delle sanzioni internazionali e tuttavia ha imparato a vivere con questa situazione, sia adottando una repressione interna, sia con manovre di aggiramento delle sanzioni al livello esterno".
Dopo la conferma di Xi Jinping alla guida della Cina nel corso del recente Congresso del PCC, cosa potrebbe cambiare nei rapporti tra Pechino e la Corea del Nord?
"La Corea del Nord per la Cina è un alleato storico ma che dà molti problemi, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, caratterizzato da una crescente tensione tra Washington e Pechino. Alle autorità cinesi non fa certo piacere avere un vicino bellicoso che attira così tanto l’interesse militare delle potenze occidentali e regionali e che dà la giustificazione a Stati Uniti, Giappone, Australia e Corea del Sud di rafforzare la loro alleanza dal punto di vista militare. Per il momento possiamo attenderci un no comment cinese, ma è chiaro che una crescente tensione sulla penisola coreana non giova agli interessi regionali e internazionali di Pechino".
Washington accusa Pyongyang di fornire armi alla Russia, ritiene plausibile questo scenario?
“Le informazioni sono state rilasciate mercoledì dalla Casa Bianca ma manca la pistola fumante. Accuse del genere c’erano state a fine settembre, se ricordo bene, e la Corea del Nord aveva smentito tale notizia. Le informazioni attuali che giungono dagli USA parlano di alcune navi cargo con materiale bellico, in particolare colpi di artiglieria. Stiamo dunque parlando di armi convenzionali partite dalla Corea del Nord che sta cercando di aggirare le sanzioni tramite altre rotte, in particolare passando dall’Africa. La notizia della fornitura di armi nordcoreane alla Russia potrebbe essere plausibile, nel senso che la vendita di armi all’estero, anche aggirando le sanzioni, per la Corea del Nord ha rappresentato un importante introito nel corso dei decenni passati. Pyongyang ha ad esempio venduto missili a Paesi africani e anche all’Iran. Quindi oggi una fornitura di armi nordcoreane alla Russia appare plausibile, anche se sarebbe una mossa al quanto rischiosa. Comunque l’esercito russo apparirebbe messo male se dovesse realmente fare affidamento su colpi di artiglieria provenienti dalla Corea del Nord. Tuttavia tra gli elementi che potrebbero dare valore a tale notizia, vi è il fatto che una larga parte della componentistica militare nordcoreana è stata importata direttamente all’epoca dell’Unione Sovietica, o è stata poi reingegnerizzata dai nordcoreani. Quindi si tratta di strumenti bellici utilizzabili sia dalla Russia, sia dalla Corea del Nord. Mancando però una prova effettiva di tale vendita di armi, al momento la notizia dovrebbe essere trattata come una speculazione”.
Cosa sappiamo della situazione economica nella Corea del Nord?
"Stando a tutti i report delle varie organizzazioni internazionali, che tra l’altro non hanno avuto accesso al Paese negli ultimi due anni, per cui le informazioni sono pochissime, la situazione è drammatica. Le condizioni di vita nella Corea del Nord sicuramente sono peggiorate nel corso degli ultimi anni, ma già prima il Paese viveva una crisi cronica. All’interno della Corea del Nord vi è tutta un’economia grigia che si muove dietro l’economia di Stato, con alcune forme embrionali di privatizzazioni, e sono proprio queste attività che sostengono l’intero Paese. Questa economia ombra gestita dalla popolazione, che poi è fondamentalmente ostaggio del regime stesso, ha imparato un po’ a navigare. Il problema più grande negli ultimi due anni, a prescindere dalle sanzioni internazionali, è che molti lavoratori frontalieri attivi in Cina, sono rimasti chiusi fuori dal Paese (a causa delle misure restrittive imposte da Pechino per combattere la pandemia n.d.r.) e vi sono stati crescenti problemi nell’invio di denaro in Corea del Nord, e questo ha aggravato ulteriormente la situazione economica".