L'esperto

La crisi politica in Serbia: «La gente si ribella a un potere soffocante»

Massimo Moratti, corrispondente da Belgrado dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, spiega che cosa sta succedendo nel Paese slavo scosso da proteste di piazza
Le proteste di piazza stanno scuotendo la Serbia. ©Darko Vojinovic
Dario Campione
29.01.2025 06:00

Massimo Moratti è il corrispondente dalla capitale serba dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT) , un centro studi indipendente che si occupa di Europa Orientale e Sud-orientale, Turchia e Caucaso. Al CdT, Moratti spiega che cosa sta realmente accadendo a Belgrado.

«La causa scatenante della protesta è stata, com’è noto, il crollo della tettoia della stazione di Novi Sad che, il 1° novembre scorso, ha causato 15 morti. Un’opera finanziata dal Governo con fondi cinesi nel contesto della nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative. In seguito a questo crollo, la gente ha cominciato a chiedere giustizia e a pretendere che fossero individuati i responsabili. Inizialmente, il Governo non ha fornito tutti i dati necessari e questo ha scatenato le proteste. Negli ultimi giorni, le manifestazioni sono decisamente salite di intensità, ma già a dicembre 100 mila persone erano scese in piazza. Dopo lo sciopero generale di venerdì scorso e il blocco degli incroci della città di lunedì, stamattina (ieri, ndr) ci sono state le dimissioni del premier e del sindaco di Novi Sad».

Il crollo di Novi Sad, dice ancora Moratti, ha fatto emergere una situazione di crisi latente da tempo. «Già l’anno scorso - afferma il corrispondente dell’OBCT - le elezioni erano state contestate ed erano emerse accuse di brogli. La popolarità del sistema al potere è in calo, anche a causa del controllo capillare della società al quale i cittadini stanno reagendo. Il partito del presidente Aleksandar Vučić ha adottato, come si dice, una strategia di State capture, ha cioè piano piano infiltrato tutte le istituzioni, i poteri indipendenti, i media, ed è a questo che la gente si sta ribellando».

La Serbia, in pratica, si avvia a diventare una “democratura”, sul modello del sistema ungherese. «E non a caso - sottolinea Moratti - il leader ungherese Viktor Orbán è il migliore amico del presidente Vučić. Non solo: la stazione del crollo della tettoia a Novi Sad è sulla tratta che collega a Belgrado con Budapest lungo la nuova Via della Seta, finanziata dai cinesi e inaugurata dallo stesso Orbán. Come si vede, una simbologia molto forte».

Molti si chiedono se questa situazione possa portare a un cambiamento, nonostante appunto Vučić controlli il Paese in modo tale da poter reprimere ogni protesta. «Le dimissioni del premier e del sindaco di Novi Sad somigliano molto all’indicazione di capri espiatori e al tentativo di salvare chi sta al potere. Sono tuttavia molto importanti e indicano a che livello sia giunta la crisi: secondo me, un livello molto elevato. Il sistema potrebbe essere cambiato, ma non attraverso un voto popolare immediato. Non ci sono le condizioni per andare alle urne in modo regolare. Per questo, l’opposizione chiede un governo di transizione che ponga le basi per libere elezioni».

Sullo sfondo resta anche il legame tra Vučić e Vladimir Putin, oltre al fatto che la Serbia, in qualche modo, sia schierata in questo frangente con la Russia e non con l’Europa.

«È sicuramente vero - conclude Massimo Moratti - anche se, va detto, la protesta è nata con un carattere interno al Paese. Certo, gli studenti soprattutto invocano giustizia, trasparenza, democrazia. Tutti valori che, quando si fanno accordi con la Cina di Xi Jinping o con la Russia di Putin, non sono mai rispettati. E forse è sintomatico che la causa scatenante della protesta sia stata proprio la mancanza di trasparenza».