La Fed e la Banca nazionale premono sull'acceleratore
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Mercoledì, secondo le attese dei mercati, la Federal Reserve americana dovrebbe alzare i tassi dello 0,75%. Ma secondo alcuni analisti l’aumento potrebbe essere anche dell’1%. Giovedì anche la Banca nazionale svizzera annuncerà la sua decisione: secondo UBS il rialzo ammonterà allo 0,75%, in modo da portare i tassi allo 0,50%, ossia in territorio positivo per la prima volta dal 18 dicembre 2014, quando aveva introdotto un tasso negativo, poi abbassato al -0,75% nel gennaio 2015 in coincidenza con l’abolizione della soglia di cambio euro-franco a 1,20.
Gli economisti sono convinti che la Fed manterrà i tassi sopra il 4% oltre il 2023 nel tentativo di controllare l’inflazione. Il costo del denaro è attualmente al 2,25-2,5%. Il 70% dei 44 economisti interpellati dal «Financial Times» ritiene che il picco dei tassi sarà fra il 4 e il 5%. Ormai il trend rialzista accomuna tutti gli istituti centrali, tanto che da giugno le 20 maggiori banche centrali al mondo hanno complessivamente alzato i tassi di interesse di 860 punti.
Che effetti avranno questi aumenti sull’inflazione e anche sulla congiuntura? Lo abbiamo chiesto a Daniel Kalt, capoeconomista di UBS Svizzera. «Noi riteniamo - spiega Kalt - che la Fed aumenterà i tassi dello 0,75% e che anche la BNS il giorno dopo effettuerà un aumento della stessa ampiezza. Quindi i tassi in Svizzera saliranno in territorio positivo, ossia allo 0,50%, rispetto al -0,25% attuale».
Rallentamento dell’economia
«Nei prossimi mesi - prosegue - le banche centrali effettueranno altri aumenti dei tassi e questo provocherà un rallentamento dell’economia. Comunque, il calo della domanda porterà a una inflazione più bassa».
«È vero - rileva - che l’efficacia dei rialzi sarà limitata perché l’inflazione è dovuta ad una combinazione di fattori che riguardano sia la domanda, sia l’offerta. Infatti l’economia si è ripresa molto velocemente dalla crisi pandemica e negli USA e in parte anche nell’Unione europea la politica fiscale è stata molto espansiva. Per esempio negli Stati Uniti il Governo spedisce ogni settimana un assegno di 400 dollari a tutte le famiglie con un disoccupato. Questa combinazione fra offerta limitata e una spinta ai consumi aveva fatto salire l’inflazione già prima della guerra e poi il processo ha accelerato con l’attacco della Russia all’Ucraina. Così l’inflazione è salita fra l’8 e il 9% negli Stati Uniti e in Europa».
«Tutto questo - nota - rende molto difficile l’obiettivo di imbrigliare l’inflazione. Ma il presidente della Fed Jerome Powell ha detto chiaramente che è meno costoso agire in modo deciso adesso che lasciar correre i prezzi, perché cercare di fermarli dopo sarà più caro. Per questo le banche centrali negli ultimi due mesi sono diventate molto più aggressive».
Stati Uniti in buona salute
Ma quale sarà l’effetto sulla congiuntura? «Non credo - afferma - che negli Stati Uniti ci sarà una recessione forte. E anche quella che c’è adesso (il PIL è stato negativo per due trimestri consecutivi, ndr) non lo è veramente, vista la forza del mercato del lavoro. Insomma, ci sarà una frenata, ma l’economia continuerà ad essere in buona salute. In Europa invece ci sarà una recessione, ma sarà di breve durata».
Negli Stati Uniti e in Europa ci sono molti debiti. Che effetto avranno questi rialzi sui debitori? «I Paesi europei molto indebitati come Italia e Spagna - rileva - hanno avuto la possibilità di rifinanziare i loro debiti a bassi tassi negli ultimi anni. È la stessa situazione dei debitori ipotecari, che hanno avuto la possibilità di fissare i tassi a livelli bassi, per esempio all’1% per dieci anni. In questa situazione i debitori sono protetti per un certo periodo. Quindi potranno resistere se l’aumento dei tassi sarà temporaneo e poi si tornerà a livelli bassi. Ma se i tassi resteranno elevati, diciamo per un periodo di cinque o sei anni, molti Paesi europei avranno problemi».
La Svizzera dovrebbe tornare a tassi positivi. Che effetto avrà questo sull’economia e sui consumatori? «In Svizzera l’inflazione - illustra - è a livelli molto inferiori rispetto all’Europa e agli Stati Uniti e quindi i tassi non dovranno salire come all’estero. Noi riteniamo che non saliranno sopra il 2,5% e per questo i rialzi avranno conseguenze limitate sulla congiuntura. Ma anche da noi c’è il rischio che salgano al 4 o al 5%, anche se questo non rientra nelle nostre previsioni. Questo potrebbe danneggiare i consumatori e i debitori, che pagheranno molto di più per le ipoteche, provocando anche una frenata dell’immobiliare e quindi dell’intera economia. Ma, come detto, questo non è il nostro scenario centrale».
Tenuta dell’economia svizzera
«In definitiva, non siamo molto preoccupati per l’economia svizzera, visto che l’aumento dei tassi in questo momento è gestibile. Invece per l’Eurozona il problema è serio, visto che l’inflazione veleggia attorno al 9% e i tassi saliranno di più. Negli Stati Uniti invece ci dovrebbe essere solo un rallentamento economico».