L'editoriale

La festa in una Francia sospesa

Le Olimpiadi per due settimane hanno fatto dimenticare le tensioni interne al Paese ospitante, diffondendo l’immagine di una Francia stabile, unita, festosa e fortissima, con le sue 64 medaglie
Fernando Lavezzo
12.08.2024 06:00

Le Olimpiadi non hanno fermato le guerre e nemmeno le hanno sospese, ma per due settimane hanno fatto dimenticare le tensioni interne al Paese ospitante, diffondendo l’immagine di una Francia stabile, unita, festosa e fortissima, con le sue 64 medaglie. Che Parigi fosse telegenica lo sapevamo già, ma alcune location azzeccate hanno contribuito ad esaltarne la bellezza. Il beach volley sotto la Tour Eiffel, l’equitazione a Versailles, la scherma al Grand Palais, i traguardi sul Pont Alexandre III, gli scatti dei ciclisti sul pavé di Montmartre. E le tribune sempre affollate, che si trattasse del pentathlon moderno o degli antichi dei del basket americano. Gli spalti vuoti e l’isolamento di Tokyo 2021 e di Pechino 2022, i Giochi della pandemia, sono solo un brutto ricordo. La COVID-19 è entrata anche a Parigi ed è stata affrontata (stavolta sì) come un’influenza. Noah Lyles, re dello sprint, ha corso i 200 metri debilitato dal coronavirus, ha chiuso al terzo posto, ha abbracciato il vincitore. Tre anni fa non lo avrebbero fatto uscire dalla sua stanza. Non sono ovviamente mancate le polemiche e, in alcuni casi, le strumentalizzazioni politiche. Ne avremmo fatto a meno, ma fanno parte del gioco. Anzi, dei Giochi. Dalla cerimonia d’apertura alle vittorie della pugile algerina Imane Khelif, senza dimenticare le gare di triathlon e di nuoto nelle torbide acque della Senna, balneabili nei giorni di gara, quasi mai in quelli di allenamento. Molti atleti si sono lamentati per la mensa del villaggio olimpico, per i letti di cartone, per i trasporti poco efficienti. Salute, cibo, sonno e riposo non sono capricci per chi insegue un sogno a cinque cerchi. Anche se poi, nel suo comunicato stampa finale, Swiss Olympic ha ringraziato e lodato gli organizzatori per un’Olimpiade definita «entusiasmante» e per l’accoglienza ricevuta.

Il bilancio rossocrociato è in linea con gli obiettivi più realistici della vigilia. Si sapeva di poter eguagliare le sette medaglie di Rio 2016 e si sognavano le tredici di Tokyo 2021. Ne sono arrivate otto, tre da discipline tradizionali (nuoto, equitazione, canottaggio), due da uno sport ben radicato nel Paese (il tiro) e tre da specialità più giovani (triathlon, BMX, beach volley). Una diversificazione che è sinonimo di salute per il movimento. Poteva andare meglio? Sì. Lo dimostrano i nove quarti posti. Compreso quello di Noè Ponti, capofila di una ricca delegazione ticinese, capace di cogliere un diploma pure con Elia Colombo nel windsurf. Il nuotatore gambarognese è stato coinvolto, suo malgrado, nell’unica polemica «made in Switzerland», con la mancata squalifica del canadese Liendo (argento nei 100 m delfino nonostante un’irregolarità all’arrivo). Scarsa, nell’occasione, la reattività del team elvetico nell’inoltrare ricorso a favore di Noè. Anche se poi, a lasciare un senso di missione parzialmente incompiuta, è la scarsità di ori conquistati: uno solo, quello di Chiara Leone nel poligono di Châteauroux, a 275 km dalle luci parigine. Non succedeva da Atene 2004.

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