La guerra spiegata ai bambini
C’è chi la guerra la sta soffrendo ancora più del dovuto, chi dovrebbe solo occupare i pensieri in modo leggero e piacevole, dedicandosi al gioco, allo svago o all’apprendimento scolastico e godendosi l’affetto dei propri genitori. E che invece si sta ritrovando a dormire nelle notti gelide sul terreno nudo sotto alle bombe, con pensieri di terrore, traumi, ferite e morte. Sono i bambini colpiti dalla guerra in Ucraina. Vittime di uno scenario così tremendo e spietato da lasciare in considerazione a chi lo sta vivendo solo una strada: la fuga. E così ci troviamo davanti al dramma dei bambini rifugiati. Costretti a una partenza precipitosa, a separarsi dai loro affetti, ad abbandonare tutto ciò che è loro famigliare. Per fuggire verso un destino ignoto, in un luogo sconosciuto.
È il triste disegno che – stando a quanto reso noto dall’UNICEF – accomuna almeno un milione di bambini ucraini. Una cifra impressionante che scuote anche chi si occupa da sempre di stilare questi dati e di osservare da vicino i conflitti mondiali. «Un milione di bambini è scappato dall’Ucraina in meno di due settimane» ha scritto su Twitter James Elder, portavoce dell’UNICEF. «Si tratta di un evento senza precedenti. Non avevamo mai affrontato una crisi di rifugiati di questa velocità e di questa portata». Uno scenario definito apocalittico. È di stasera, inoltre, la notizia di un ospedale pediatrico di Mariupol distrutto dall'offensiva russa.
Se difficilmente riusciamo a conciliare nella nostra mente adulta le immagini di guerra con il destino dei bambini ucraini, possiamo solo immaginare cosa potrebbe passare nella testa dei più piccoli esposti, inevitabilmente, anche loro a queste drammatiche cronache di guerra. Come si può spiegare ai nostri figli questo difficile momento e come aiutarli a gestire le emozioni che ne derivano? Come prepararli all’accoglienza dei piccoli profughi e all’integrazione? Sono domande che in questi giorni attraversano i nostri pensieri.
Abbiamo sentito in tal proposito Daniele Dell’Agnola, scrittore di narrativa, compositore di musiche per la scena e docente SUPSI, dove si occupa di narrazione, ascolto e parlato e letteratura per l’infanzia.
La potenza della parola
Partendo da una premessa, Dell’Agnola ci spiega come – in genere – la letteratura
aiuti molto in questo tipo di casi, perché fornisce al nostro cervello delle
prospettive nelle quali ci si può “allenare” a gestire al meglio la realtà. «Credo
nella potenza della parola. Ma anche della letteratura» spiega, «perché là
dentro troviamo l’altrove, ovvero le possibilità per affrontare le
paure, per cercare soluzioni ai conflitti che muovono le narrazioni. La
narrazione, poi, è una grammatica essenziale dell’umano, serve per riordinare,
ritrovare una via per lavorare il tragico e anche per vivere meglio».
Leggere, secondo Dell’Agnola, è fondamentale nell’allenamento dell’empatia e nell’esercizio del pensiero critico «che è interazione e combinazione di processi complessi». E ancora: «La lettura di storie – di qualità e adeguate all’età dei lettori – stimolano cambi di prospettiva, permettono al cervello di allenare l’empatia. Nel romanzo, ad esempio, sono messe in scena le grandi emozioni e i grandi conflitti della vita, che contribuiscono alla nostra empatia».
Un occhio diverso
Ma cosa possiamo fare in concreto? Come parlare ai più piccoli
della guerra? È difficile raccontare loro quello che sta succedendo in Ucraina,
di fronte a una situazione così grave, a tanto indiscriminato dolore. «Cercherei
di non proiettare le nostre paure e i nostri sistemi di lettura del mondo sui
bambini perché noi adulti abbiamo la tendenza a controllare e a indirizzare il
pensiero, invece i bambini hanno un occhio diverso sul mondo, molto più aperto.
Voglio dire che la prospettiva del bambino e quella dell’adulto sono per loro
natura molto lontane» spiega. «Ci sono però autrici e autori che sono stati
in grado di assumere questa prospettiva dell’infanzia scrivendo grandi opere
letterarie», prosegue Dell’Agnola. «In queste storie la parola poetica e lo
sviluppo dei personaggi aiutano il bambino a formare un pensiero critico e come detto ad
allenare l’empatia». Il consiglio per gli adulti è quello di leggere le storie ai più
piccoli, racconti che non devono per forza parlare di guerra o di stretta attualità. L’importante è che stimolino la mente. «Queste storie mettono in
scena mondi possibili, dove il pensiero mette le ali e i personaggi hanno una
capacità empatica fondamentale per l’Uomo. Leggendo, il cervello simula la
coscienza di un’altra persona, di un eroe, di un personaggio. Per questo la letteratura
non può assumere un ruolo marginale. Il pericolo, in questo contesto, è che
abbia la meglio la cultura dell’indifferenza. E questo non lo vogliamo».
Responsabilità e pazienza cognitiva
Le responsabilità degli adulti verso i minori giocano naturalmente un ruolo di fondamentale
importanza in questo periodo storico. «Se dei politici con responsabilità
planetarie hanno l’empatia di una zanzara, abbiamo un problema» dice Dell’Agnola.
«Cerchiamo, come umanità, di non auto annientarci abbandonando i bambini
davanti agli schermi, alla dimensione completamente impazzita di notizie e
immagini. Guardarle significa per il loro cervello non avere il tempo di
elaborare e probabilmente nemmeno gli strumenti per farlo. Per questo ci sono
le storie, le parole che gli autori sono in grado di mettere per parlare ai più
piccoli». Dell'Agnola introduce l’idea – tratta dal libro di di Maryanne Wolf, Lettore
vieni a casa – di pazienza cognitiva. «Il cervello ha bisogno di pazienza:
intendo una pazienza cognitiva». E prosegue: «Questo è un concetto
che si riverbera sulla capacità di stare dentro un discorso, di ascoltare, di
elaborare, di percepire la dimensione emotiva delle storie e dei conflitti. Si
allena con le parole dette, ascoltate e soprattutto con le parole scritte sulla carta».
I due lupi
Ma come dobbiamo comportarci noi adulti? Dell’Agnola risponde a questa domanda
citando un aneddoto: «C’è una storiella che molti conoscono. È quella di un
nipote che ascolta le parole e i racconti di un nonno. L’anziano spiega al
giovane che nel petto delle persone vivono due lupi costantemente in lotta. Il
primo è un lupo violento, aggressivo, pronto a odiare, mentre il secondo è pieno
di amore, luce e armonia. Il ragazzo, che ha ascoltato attentamente la voce del
nonno, chiede quale dei due lupi avrà la meglio. “Quello cui diamo da mangiare”
risponde l’uomo». In partica, chiarisce il nostro interlocutore, dobbiamo
sapere nutrire il lupo giusto. E aggiunge portando come esempio una citazione
di Paolo Buletti, che smonta le parole rimontandole in modo creativo: «La
parola armi diventa rima, poi mari, ma anche rami, dove ognuna di queste
trasformazioni evoca immagini molto belle. I rami, ad esempio, ricordano gli
“alberi protettori, la saggezza del legno, la generosità delle braccia”. Direi
che questo atteggiamento è esemplare».
«Reagire come Alice»
Un altro interrogativo che sorge spontaneamente nei nostri pensieri è quale
potrebbe essere l’impatto di questa guerra e dell’esodo dei profughi – anche
bambini – sulle nostre giovanissime generazioni. Come potrebbero reagire i più
piccoli? «Chiediamoci come reagirebbero personaggi letterari come Alice, creati
da autrici e autori che capivano la prospettiva dell’infanzia» risponde Dell’Agnola.
«Se noi non proiettiamo, come detto, le nostre spesso rigide visioni sui bimbi,
questi vivono l’incontro con i compagni che parlano un’altra lingua e vengono
da un altro Paese con grande curiosità. Non ho nessun dubbio».
Il futuro: «Radici e ali»
La scuola avrà un ruolo molto importante in questa crisi, conferma Dell’Agnola:
«C’è un immenso lavoro da fare. Nelle nostre famiglie, nelle nostre aule. Dobbiamo
preparaci ad accogliere. È necessario preparare i bambini all’empatia. Dobbiamo
recuperare le radici dell’umano, seminare, e dobbiamo restituire le ali ai
bambini che arriveranno. Non abbandoniamo mai questa cura. Lì ci giochiamo
il futuro».
Proposte di lettura
Dell’Agnola, infine, offre tre proposte di lettura, pensate per tre
differenti fasce d’età: scuola dell’infanzia, elementare e media.
La prima è ispirata da una storia vera: «Nicola Davies ha pubblicato un albo illustrato che si può leggere nella scuola elementare, intitolato Il giorno che venne la guerra. Lo spunto per questo libro è dato da un evento reale: nella primavera del 2016 il governo britannico si rifiutò di dare asilo a 300 bambini soli, figli di rifugiati. Nello stesso periodo sul Guardian fu pubblicata la storia di una bambina rifiutata in una scuola perché non c’era una sedia dove farla sedere. La reazione delle persone fu impressionante: le sedie divennero un simbolo. Penso a libri come questo perché noi dobbiamo preparare le nostre figlie e i nostri figli ad accogliere bambine e bambini, anche nelle aule».
Quindi, un modo differente di pensare: «Come curare un’ala spezzata di Bob Graham, che può essere letto anche ai bimbi della scuola per l’infanzia. Qui un bambino, nel caos metropolitano, tra adulti indifferenti, nota un colombo a terra, con un’ala spezzata»
Infine, il giusto approccio per i lettori adolescenti: «Se pensiamo all’adolescenza, forse io leggerei ad alta voce, in queste sere, l’intero romanzo Fuori fuoco di Chiara Carminati. È ambientato nella Prima guerra mondiale: dico solo che in un contesto di bombe, ad un certo punto, nascono due gemelli. Il trionfo della vita».