La legge di sicurezza nazionale fa condannare anche i minorenni
Cinque adolescenti sono stati condannati, sabato a Hong Kong, a scontare fino a tre anni presso una struttura correzionale con l’accusa di «avere cercato di rovesciare il governo di Pechino». Si tratta di un caso di sicurezza nazionale in quanto i ragazzi, tra i 15 e i 18 anni, si sono dichiarati colpevoli di «incitare altri a sovvertire il potere statale» attraverso un gruppo indipendentista chiamato Returning Valiant. Le sentenze per altri due giovani, di 21 e 26 anni, saranno pronunciate in seguito. È la prima volta che la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong viene utilizzata in tribunale contro dei minorenni. Nel 2020, in risposta alle proteste di massa antigovernative del 2019, l’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento di Pechino, decise di prendere l’iniziativa, imponendo la legge sulla sicurezza nazionale ai sensi dell’articolo 18 della Costituzione della città. A inizio 2022, la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha ufficializzato una propria normativa con nuovi crimini sulla sicurezza nazionale, in aggiunta alla legge imposta dalla Cina.
Il caso
Il giudice Kwok Wai-kin - riferisce la CNN - ha spiegato nel dettaglio come gli imputati avessero sostenuto una «rivoluzione sanguinosa» per rovesciare lo stato cinese. Una propaganda portata avanti per strada e sui social network. L'istigazione è stata definita un «crimine grave» ma l'attenuante dell'età ha permesso loro di non finire in carcere. La permanenza presso l'istituto correzionale sarà decisa dalle autorità.
«Se anche una sola persona viene incitata dalle loro parole, la stabilità sociale di Hong Kong e la sicurezza dei residenti potrebbero essere seriamente minacciate», ha dichiarato il giudice. «Non ci sono prove che ciò sia accaduto, ma il rischio c'è». L'accusa ha riferito di bandiere, volantini, fucili ad aria compressa, munizioni e manganelli ritrovati in un edificio industriale. Gli opuscoli del gruppo Returning Valiant menzionavano la rivoluzione francese e riferivano della necessità di «atti violenti di una classe che ne rovescia un'altra».
Lo scorso anno almeno 22 persone legate al gruppo sono state arrestate. Alcune devono rispondere dell'accusa di cospirazione per commettere terrorismo, ai sensi della legge sulla sicurezza.
La legge sulla sicurezza
Il 30 giugno 2020 ha rappresentato il tramonto delle speranze democratiche di Hong Kong, quando è entrata in vigore la legge sulla sicurezza nazionale che ha ridotto definitivamente le speranze di autonomia del territorio. L'ultimo tassello del processo di assorbimento da parte di Pechino. «Con la legge sulla sicurezza nazionale imposta dalla Cina «Hong Kong diventerà uno stato di polizia segreta» scriveva su Twitter l’attivista pro-democrazia Joshua Wong. La nuova legge è stata approvata dalla Cina dopo mesi di minacce e repressioni nei confronti dei manifestanti di Hong Kong, che chiedevano più autonomia dal governo centrale cinese e più libertà e democrazia.
Hong Kong è una regione amministrativa speciale cinese che nel 1997, quando era colonia britannica, è passata sotto il controllo della Cina con un accordo che le garantiva alcune particolari libertà per almeno 50 anni, fino al 2047. Da allora i rapporti tra Hong Kong e Cina si sono basati sul cosiddetto principio «un Paese, due sistemi»: da un lato ribadisce l’unità nazionale della Cina, dall’altro riconosce la diversità di Hong Kong, contraddistinta da un proprio ordinamento giuridico, politico e legislativo, e da un diverso sistema economico. Ma il 2047 è lontano e le cose sono cambiate molto prima. Tanto che proprio la legge sulla sicurezza nazionale è considerata l’ultimo tassello della volontà di accelerare il processo di assorbimento da parte di Pechino. E molti sostengono che il principio «un Paese, due sistemi» sia finito quando è stata varata la legislazione.
«Un'emergenza di diritti umani»
Già due anni fa, diversi esperti denunciavano il pericolo che Hong Kong potesse entrare in una nuova era nella quale le libertà civili sarebbero state strettamente limitate e la lealtà al partito comunista cinese sarebbe stata al primo posto. In un rapporto pubblicato il 30 giugno 2021, Amnesty International ha denunciato che la Legge sulla sicurezza nazionale, entrata in vigore un anno prima su volere del governo di Pechino, ha decimato la libertà, illegittimamente criminalizzato il dissenso e via via eroso le protezioni sui diritti umani.
«In un anno, la Legge sulla sicurezza nazionale ha fatto intraprendere a Hong Kong il cammino per diventare rapidamente uno stato di polizia e ha creato un’emergenza dei diritti umani per la popolazione - ha dichiarato Yamini Mishra, direttrice per l’Asia e il Pacifico di Amnesty International - Dalla politica alla cultura, dall’istruzione all’informazione, la legge ha infettato ogni settore della società di Hong Kong e fomentato un clima di paura che costringe la popolazione a pensare due volte su cosa dire, cosa twittare o come vivere. In definitiva, questa legislazione indiscriminata e repressiva minaccia di rendere Hong Kong un deserto dei diritti umani, sempre più simile alla Cina continentale».
Le autorità di Hong Kong, riferisce ancora Amnesty International, hanno usato la Legge sulla sicurezza nazionale contro persone che invocavano un’azione politica internazionale. La Legge sulla sicurezza nazionale è stata usata anche per ampliare i poteri d’indagine della polizia, autorizzata a perquisire proprietà private, congelare o confiscare conti bancari e sequestrare materiale giornalistico. «Il governo ha più volte usato l’espressione “sicurezza nazionale” come pretesto per giustificare la censura, le intimidazioni, gli arresti e i procedimenti giudiziari». Le autorità hanno continuato ad arrestare e incriminare, sulla base di questa normativa, persone che avevano unicamente esercitato i loro diritti alla libertà di espressione, associazione e manifestazione pacifica. Quel che è peggio è che le persone incriminate ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale sono presunti colpevoli anziché innocenti.