La lotta agli abusi e la tolleranza zero diventati norma

«L’abuso sui minori, di qualunque natura esso sia, è un atto spregevole e atroce. Non è semplicemente una piaga della società e un crimine; è una gravissima violazione dei comandamenti di Dio».
È un lascito pesante, quello che papa Francesco consegna alla Chiesa cattolica sul tema della lotta agli abusi in ambito ecclesiastico. A lui si riconosce oggi il coraggio di aver sollevato, in modo deciso e senza ambiguità, il velo su una realtà a lungo nascosta, introducendo il principio della «tolleranza zero» verso i prelati responsabili di abusi sui minori.
Il pontefice ha posto il tema in cima alla sua agenda pastorale, cercando di sanare una ferita che per troppo tempo ha dilaniato l’immagine della Chiesa e compromesso la sua credibilità tra i fedeli. Papa Francesco ha saputo trasmettere con empatia e dolore la svolta, accompagnandola con norme nuove, valide per tutta la Chiesa, tra cui l’obbligo di segnalazione nei confronti di vescovi e superiori religiosi colpevoli di omissioni o tentativi di ostacolare le indagini sugli abusi.
«I crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli», ha ribadito più volte il Papa, profondamente convinto che la Chiesa dovesse assumersi pienamente le proprie responsabilità.
Vos estis lux mundi è il titolo del Motu proprio con cui, nel 2019, Francesco ha introdotto nuove procedure per la segnalazione di molestie e violenze, assicurando che vescovi e superiori religiosi rendano conto del proprio operato. Il decreto stabilisce anche l’obbligo, per chierici e religiosi, di denunciare gli abusi e impone a ogni diocesi di dotarsi di un sistema facilmente accessibile al pubblico per ricevere le segnalazioni: una sorta di sportello, punto d’incontro tra la Chiesa e la società.
La lotta alla pedofilia è stato un processo doloroso ma deciso. Un processo che ha messo al centro l’ascolto delle vittime, a cui il Papa ha sempre manifestato grande attenzione. Un percorso che riflette la volontà concreta di riconoscere il male compiuto e di avviare un cammino di giustizia all’interno della Chiesa.
Le tappe dell’azione
L’azione del Santo Padre è stata mirata e progressiva: già nel 2014 aveva istituito una commissione all’interno dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, con l’obiettivo di velocizzare l’esame delle denunce nei confronti dei religiosi ed evitare l’accumulo di casi non trattati. Nel 2016 ha rafforzato le norme che prevedono la rimozione dei vescovi, includendo tra le «cause gravi» anche la negligenza nella gestione dei casi di abusi sessuali su minori e adulti vulnerabili.
La svolta del 2019, con il Motu proprio, segna quindi il consolidamento di questo nuovo approccio, al quale l’intera Chiesa - in ogni Paese - è chiamata ad adeguarsi.
Agli organi giudiziari vaticani veniva così affidata la giurisdizione penale su questi reati. La stretta prevedeva anche altri provvedimenti, dall’abolizione del segreto pontificio per questi casi, all’allungamento della prescrizione a vent’anni, calcolati a partire dal compimento del diciottesimo anno di età da parte della vittima.
Il cambiamento, però, non si è espresso solo attraverso riforme normative. Le decisioni concrete nei confronti di prelati e presbiteri colpevoli non si sono fatte attendere. La più nota è stata la riduzione allo stato laicale del cardinale americano Theodore McCarrick nel 2019. Più complessa, invece, la vicenda dell’ex gesuita Marko Rupnik, accusato di abusi da alcune religiose, per ia quale non c’è ancora una pronuncia definitiva. La priorità assoluta è stata tuttavia ascoltare le vittime e prendersi cura delle loro ferite. In questa direzione va anche la decisione di inserire nella Commissione vaticana per la lotta agli abusi, lo scrittore cileno Juan Carlos Cruz.
La ricerca di Zurigo
La nuova postura impartita da papa Francesco ha poi originato singole azioni e iniziative volte a far luce sui terribili delitti di cui si è macchiata la Chiesa. Esemplare è stata la questione della pedofilia nella Chiesa cattolica in Belgio, soprattutto per la portata degli abusi emersi e la risposta delle autorità ecclesiastiche e civili.
Anche in Svizzera il tema ha avuto un’importante eco dopo la pubblicazione di un voluminoso studio dell’Università di Zurigo nel settembre 2023. Commissionato dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, lo studio si è basato sull’analisi di archivi ecclesiastici di diocesi, conventi e altre istituzioni cattoliche nella Confederazione.
Lo studio ha documentato oltre mille casi di abusi tra il 1950 e il 2022, con più di 500 autori identificati, in gran parte sacerdoti o religiosi. Le vittime erano quasi sempre minori, soprattutto bambini tra i 10 e i 14 anni, spesso abusati in ambienti educativi o pastorali. Gli episodi non si sono verificati soltanto in parrocchie e oratori, ma anche in scuole, collegi, convitti e case religiose.
Nel rapporto si legge che anche nella diocesi di Lugano sono stati documentati casi di abuso sessuale su minori da parte di membri del clero.Tuttavia, il numero preciso dei casi ticinesi non è stato reso pubblico in dettaglio.