Politica

La manovra slitta all’anno prossimo, mentre su targhe e fisco è tutto apparecchiato

Le risposte del Governo alle domande dei partiti non sono arrivate in tempo utile: il preventivo si sposta a gennaio e il Cantone entrerà in gestione provvisoria - L’imposta di circolazione e la riforma fiscale vedono la luce in fondo al tunnel: andranno in aula il mese prossimo
©Gabriele Putzu
Giona Carcano
21.11.2023 19:45

Era piuttosto scontato, d’accordo, ma almeno ora è ufficiale: il Preventivo 2024 non si farà entro fine anno. Manca, oltre a una convergenza partitica, il tempo. «Abbiamo posto molte domande al Consiglio di Stato, anche tecniche, il 7 novembre», spiega il presidente della Commissione della gestione Michele Guerra (Lega). «A oggi le risposte non sono ancora giunte. Tenuto conto che il termine per firmare i rapporti per riuscire ad andare in aula a dicembre è martedì prossimo, è facile intuire che il preventivo verrà rinviato a gennaio». Punto e a capo: la manovra, e tutto il suo corollario di critiche, osservazioni e proposte, non vedrà la luce quest’anno. E si entrerà quindi in modalità «gestione provvisoria».

Il compromesso

Il tempo e la convergenza, invece, sembrano esserci per quanto riguarda altri due dossier importanti: la riforma tributaria e l’imposta di circolazione. Settimana prossima dovrebbero infatti essere firmati i relativi rapporti.

Sul versante della «tributaria» la maggioranza formata da PLR, Lega e UDC ha trovato un compromesso che sfocerà in un rapporto (relatori Alessandra Gianella, Boris Bignasca e Paolo Pamini). Un compromesso che si concentra essenzialmente sulla compensazione del moltiplicatore d’imposta cantonale, che come previsto verrà portato dal 97% al 100% nel 2024. «Tenuto conto della situazione finanziaria attuale, abbiamo introdotto un taglio lineare delle aliquote dell’1,66%», spiega Gianella, capogruppo PLR. «In questo modo ne beneficeranno tutti, ed è una misura che rende più sostenibile ed equilibrata la riforma». Verrà ritoccata anche l’aliquota massima, che dal 15% verrà portata al 12%. Un calo graduale che si farà su più anni: entro il 2030 e non il 2025, come inizialmente previsto. Si lavorerà inoltre sulle spese professionali per neutralizzare l’aumento del moltiplicatore per il ceto medio. L’idea è di arrivare a un massimo di 3.500 franchi di deduzioni. «Le modifiche introdotte contraggono meno il gettito nei primi anni rispetto al messaggio del Governo», sottolinea ancora Gianella, che da mesi sta lavorando a questo dossier. «Un altro aspetto positivo è che i principali assi d’intervento non verranno toccati». «È una soluzione che serve a compensare l’aumento del moltiplicatore», spiega da parte sua il capogruppo leghista Boris Bignasca. «Da un lato, appunto, si aumenta il moltiplicatore al 100%, dall’altro si va a sgravare il ceto medio così come, in maniera più lenta e graduale, anche le aliquote massime». Soddisfatto anche l’UDC, mentre il Centro sul tema è ancora diviso. Alcuni, ad esempio, non vedono di buon occhio la concomitanza di una riforma fiscale con i tagli contenuti nella manovra. Anche alla luce di un possibile referendum, che potrebbe arrivare da sinistra. «Contestiamo aspramente il capitolo che riguarda lo sgravio ai redditi alti, più di 300 mila franchi all’anno», rileva non a caso Fabrizio Sirica, co-presidente del PS, che presenterà un rapporto di minoranza. «Al suo massimo impatto, questa misura peserà per decine di milioni di franchi in contributi. Ciò che sta succedendo oggi, con i tagli previsti nella manovra di rientro, è emblematico del fallimento di questa politica. Se siamo a questo punto non è per un problema congiunturale, ma per tutti gli sgravi effettuati negli anni scorsi sulla sostanza e sugli utili delle imprese». Misure che, secondo Sirica, ora tocca alla cittadinanza pagare.

Favorevoli, ma con riserva

Il secondo dossier che vedrà con ogni probabilità la luce settimana prossima è l’imposta di circolazione. Il nuovo calcolo contenuto nel messaggio del Governo sta bene ad alcuni, anche se non mancano le riserve. «Aderiamo alla nuova formula», rileva ad esempio Bignasca. «L’importante è che i ticinesi non paghino più imposte di quanto pattuito al voto». Detto altrimenti, per la Lega le entrate generate dall’imposta non devono superare gli 80 milioni di franchi. Il rapporto potrebbe essere sostenuto anche dal PS, che però non ha ancora una posizione definitiva anche se «si intravedono alcuni vantaggi nella proposta del Governo», chiarisce Sirica. Sostegno anche da parte di Verdi e PLR, anche se non è ancora chiaro quale sarà il gettito finale sostenuto da questa maggioranza (un’ottantina o una novantina di milioni?). Chi invece assolutamente non ci sta sono UDC e Centro. «Il mio rapporto è netto – spiega Marco Passalia, deputato del Centro –. È teso al rispetto della volontà popolare. Dunque gli introiti vanno mantenuti a 80 milioni e deve essere ristabilito il concetto che chi più inquina più paga», con l’attuale formula. Centro e UDC chiedono dunque di prolungare il decreto urgente, in scadenza a fine anno, nel 2024. Passalia spiega inoltre che, nel caso in cui dovesse passare «qualcosa di diverso rispetto a quanto votato dal popolo, potrebbe essere il momento di far uscire dal cassetto la nostra iniziativa denominata gli automobilisti non sono bancomat». Iniziativa, lo ricordiamo, parallela a quella votata dal popolo lo scorso anno e che chiede di restituire ai ticinesi i soldi prelevati in più nel 2017.