La movida «sfrattata» dal Ticino

Il viaggio nella «Spoon River» delle discoteche inizia dall’alto. Ad Airolo in viale Stazione fino a due anni fa sorgeva l’Area95, locale molto amato dai vallerani - anche perché era l’unico rimasto sopra Bellinzona. Ha chiuso senza clamore, con rassegnazione montanara.
«Non c’erano più i numeri per stare aperti» spiegano all’attiguo Hotel Des Alpes, di cui la discoteca era nata come privée negli anni ‘60. «Lo abbiamo ristrutturato pochi mesi prima della pandemia. La tempistica non ha aiutato». Dall’anno scorso il locale ha riaperto in versione ridotta (solo d’inverno, nei weekend).

Ma è uno di una lunga serie. Scendendo dall’Alto Ticino la A2 è disseminata di «vecchie glorie» del divertimento notturno. A Chiggiogna lo storico Excalibur, chiuso nel 2009 e riaperto l’estate scorsa ma solo nei weekend. A Biasca sulle macerie del Toribi - all’ex circolo Politeama, demolito nel 2006 - sono sorti invece appartamenti. Lo stesso destino è toccato, più in giù, all’osteria Pasinetti di Gorduno. A Castione al posto della Cittadella della Musica - anch’essa chiusa durante la pandemia, dopo vent’anni - è in costruzione una residenza per anziani.
La movida si spegne
La crisi delle piste non è iniziata ieri, in Ticino, ma si è aggravata negli ultimi anni. Da Airolo fino al Mendrisiotto (la Discomania di Stabio, lo Zion a Morbio, l’Arena di Mendrisio: uno stillicidio) sono una trentina le serrande abbassate dalla belle époque delle luci stroboscopiche, che sono rimaste a terra fino a oggi o si sono trasformate in qualcos’altro. Il Covid ha dato una «batosta» che fa ancora male agli addetti ai lavori, ma il colpo di grazia - sottolineano alcuni - è arrivato l’anno scorso, con la modifica della legge cantonale che ha esteso l’orario di apertura anche per bar e piccoli locali fino alle 2 di notte.
«A quell’ora i clienti hanno già bevuto, ballato e speso i loro soldi nei piccoli locali che una volta facevano da pre-serata. Quanti hanno voglia di proseguire la nottata in discoteca?» lamenta Riccardo Schlee, 72 anni, proprietario del Ramarro di Bellinzona. Aperta nel 1971 dai suoi genitori («avevano una pasticceria in centro, ma si spostarono per gli affitti troppo alti») la discoteca ha chiuso i battenti a febbraio e da allora è in cerca di nuovi inquilini. L’affitto è ridotto a un terzo rispetto agli anni d’oro, ma anche così «ho ricevuto pochissimi candidati» lamenta Schlee. «Due o tre. Una ragazza voleva farci un pub. Chiedono, visitano, ma poi spariscono».
Al Vanilla arrivano gli studenti
Eppure sotto i Castelli le piste da ballo erano piene, fino a due lustri fa: oltre al Ramarro si ballava al Peter Pan (chiuso nel 2019) allo Zoo e all’Amadeus (nel 2012) vicino a Piazza del Sole. «A ripensarci viene la nostalgia» mugugna Schlee sistemando le sedie sul bancone della sala deserta. Sugli scaffali ci sono ancora le bottiglie di alcolici che, assieme al mobilio, passeranno al nuovo gestore se le vorrà, assicura il proprietario. «Non chiedo nemmeno le spese di avviamento».
Il viaggio nella notte che fu - e oggi è un giorno qualunque, lavorativo - prosegue verso Riazzino, dove gli operai sono al lavoro all’ex Vanilla: agli inizi di agosto, spiegano, un «centro di formazione nel settore della logistica» aprirà al posto dell’ultima grande discoteca sopracenerina. Sulla pista più calcata e ballata dal popolo della movida ticinese - fino a gennaio scorso - arriveranno gli studenti dell’Associazione svizzera per la formazione professionale in logistica (ASFL) a esercitarsi con i muletti.
«Chiaro che dispiace, la nostra generazione è cresciuta con il sogno del sabato sera» riflette Alessandro Fuchs, che il Vanilla lo ha fondato assieme alla vicina Rotonda. Anche quest’ultima «non è più propriamente una discoteca» precisa: piuttosto «un ristorante con sala eventi a disposizione su prenotazione». Insomma i tempi sono cambiati. «I nostri figli ormai fanno altro, sia nel tempo libero che come lavoro: io stesso ho consigliato loro di lasciar perdere le discoteche. Non hanno futuro» conclude Fuchs.
«L’affitto è da pagare»
Anche adAscona il cimitero della vita notturna è affollato: i nomi sulle tombe sono Cincillà, Ascona Club, Lago, Le Stelle. A Locarno Florida, Tarantella, Bussola, Caverna degli Dei. Ai giovani diranno poco, ma fanno rima con gioventù per i «John Travolta» degli anni ‘80-’90. Quelli che, scendendo sotto il Ceneri, all’uscita di Pazzallo vedono ancora il Titanic là dove ora sorge il quartier generale di una nota industria farmaceutica. E si ricordano che anche il postribolo Iceberg, una volta, era una discoteca. Della scena luganese di altro resta poco: dopo la chiusura di Rustica, Living Room e Quyn (quest’ultimo dopo la pandemia) l’ultimo ad abbassare i battenti è stato, a dicembre, lo storico Morandi di via Trevano. «Un problema di morosità» spiegano i padroni di casa. «I gestori per otto mesi non hanno pagato l’affitto». La Pretura di Lugano ha ordinato lo sfratto che è stato eseguito il mese scorso. Quale sarà la musica di domani?
Il Morandi 2.0
I lavori di ammodernamento dello stabile sono già iniziati, e non si prevede un cambio di destinazione. La riapertura è prevista per la fine di agosto, con 200 posti in più (per un totale di mille) che ne faranno la più grande discoteca - ancora aperta - in Ticino. «È chiaro che il mondo del divertimento notturno è cambiato» ammette Francesco Macheda, 72 anni, che acquistò le mura dalla mitica Wanda Morandi nel 2006 e ora si occuperà in prima persona del rilancio. «Cercare degli affittuari è rischioso, di questi tempi. Per questo abbiamo deciso di occuparci in famiglia della gestione. Se c’è da ballare, balleremo».