Il caso

La nuova stazione di ricerca cinese in Antartide che preoccupa Australia e Nuova Zelanda

Inaugurata un mese fa, Qinling è il quinto avamposto scientifico di Pechino sul continente di ghiaccio: secondo alcuni Paesi, però, dietro alla nuova base potrebbero nascondersi altri obiettivi
© China Daily / X
Red. Online
31.03.2024 06:00

Sono passati quasi due mesi da quando, lo scorso 7 febbraio, la Cina ha inaugurato la sua nuova stazione di ricerca in Antartide. Il quinto avamposto scientifico del Paese del Dragone, che con i suoi 5.244 metri quadrati si è aggiudicato l'etichetta di seconda stazione più grande del continente di ghiaccio. La nuova base, oltretutto, sarà una delle poche che opererà per tutta la durata dell'anno. Dall'estate, all'inverno. Un bel colpo, insomma. Ma i problemi, per Pechino, potrebbero essere dietro l'angolo. 

L'inaugurazione della nuova stazione di ricerca cinese, infatti, non è passata inosservata. Tutt'altro. Alcuni Paesi hanno avanzato timori e preoccupazioni, domandandosi quali siano le vere ragioni dietro la costruzione della quinta base. Costruita sull'Isola Inexpressible (isola «inesprimibile»), a sud dell'Australia, Qinling – questo il nome della stazione – accoglierà fino a ottanta persone in estate e fino a trenta in inverno e, a detta del governo cinese, sarebbe nata dal desiderio di «soddisfare la curiosità scientifica». Obiettivo su cui, tuttavia, non tutti sembrerebbero essere d'accordo. 

Secondo alcuni Paesi, tra cui in particolare Australia e Nuova Zelanda, Pechino avrebbe in realtà molteplici motivazioni per aver costruito una nuova base in Antartide. Da un lato, senza dubbio, ci sarebbe la volontà di fare ricerca in un luogo così unico sulla Terra. Ma dall'altro, Qinling potrebbe aiutare il Paese del Dragone a soddisfare anche altri obiettivi. Per dirla in maniera semplice, a prendere due piccioni con una fava. 

Dalle materie prime alle intercettazioni

Di teorie su cosa voglia davvero ottenere Pechino con Qinling ce ne sono diverse. Alcune suggeriscono che uno degli interessi sia legato alle materie prime, di cui l'Antartide è ricca. Dai metalli ai depositi di combustibili fossili, come carbone, gas naturale e petrolio. Tuttavia, si tratta di un'ipotesi priva di fondamenta: al momento, infatti lo sfruttamento di materie prime sul continente di ghiaccio è molto complesso e costoso, oltre che vietato. 

C'è però un'altra teoria che, a detta degli esperti, potrebbe essere più plausibile, ed è legata alla posizione della nuova stazione di ricerca. Qinling, infatti, si affaccia sul Mare di Ross. Una posizione strategica che potrebbe consentire a Pechino di raccogliere segnali di comunicazione provenienti da Australia e Nuova Zelanda. I due Paesi che, guarda caso, hanno avanzato le preoccupazioni. Di più, la stazione potrebbe essere anche in grado di raccogliere «i dati di misurazione dei razzi lanciati dalle strutture spaziali di nuova costruzione delle due Nazioni».  

Per la Cina, infatti, tecnicamente parlando, sarebbe possibile utilizzare Qinling per operazioni di intercettazione, dal momento che gli scienziati hanno bisogno di dispositivi riceventi, a «duplice uso», che consentano di comunicare con i satelliti. Per questo motivo, secondo gli esperti, il loro utilizzo non violerebbe le regole del Trattato sull'Antartide. Dunque, Australia e Nuova Zelanda potrebbero fare ben poco per contrastare le intercettazioni cinesi, qualora dovessero realmente avere luogo. 

Al contrario, sempre secondo gli esperti, ci sono stazioni statunitensi – tra cui McCurdo – che sono decisamente più vicine a Qinling, rispetto ai due Paesi dell'Oceania. E sarebbero loro, piuttosto che Australia e Nuova Zelanda, vista la vicinanza, a dover temere possibili intercettazioni del Dragone. 

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