Case anziani

La popolazione invecchia? «Rispondiamo mettendoci in rete»

Cà Rezzonico e Charitas hanno presentato il progetto REFAL, che si dice aperto anche ad altre strutture della regione - Ne parliamo con i presidenti dei rispettivi Consigli di fondazione, Paolo Beltraminelli e Angelo Jelmini
© Ti-Press/Pablo Gianinazzi
Paolo Galli
22.10.2024 18:30

La popolazione sta invecchiando, cresce - di conseguenza - il fabbisogno di cure e di assistenza. Non sarebbe un problema, se le risorse non fossero sempre più carenti. E allora? La risposta di Cà Rezzonico e Fondazione Opera Charitas è la seguente: mettersi in rete. È così che è nata - annunciata oggi come una «prima» a livello regionale - REFAL, ovvero la Rete fondazioni anziani di Lugano. Ne abbiamo parlato con i due presidenti dei rispettivi Consigli di fondazione. Angelo Jelmini, per Charitas, parte dalle origini: «REFAL è il progetto che mette in rete Cà Rezzonico e Fondazione Opera Charitas, le quali, pur conservando la propria indipendenza, inizieranno una stretta cooperazione dal 1. gennaio 2025. Nella pratica, si darà il via a sinergie gestionali e tecnico-sanitarie e a economie di scala condividendo, per esempio, l’approvvigionamento dei prodotti, dei materiali educativi, degli strumenti di gestione; tutto ciò a favore di una maggiore efficienza interna». D’accordo, ma che cosa cambierà per il residente? Sempre Jelmini spiega: «Il residente sarà, come oggi, al centro della nostra attenzione, e ci sarà ancora maggiore impegno per fornire un servizio sempre più specializzato e personalizzato. Lavorare fianco a fianco ci consentirà, per esempio, di condividere le figure specialistiche a garanzia di interventi tempestivi e qualificati laddove serve. Ciascuna casa potrà apprendere dall’altra informazioni su programmi e procedure che si sono dimostrati efficaci nel migliorare la qualità di vita dei residenti e farle proprie in un’ottica di continuo miglioramento. Il bagaglio di conoscenze e competenze da cui attingere per assistere i nostri anziani si amplia a beneficio dei residenti di entrambe le case, che arrivano spesso con quadri clinici sempre più complessi».

Possibili estensioni

Paolo Beltraminelli, presidente del CdF di Cà Rezzonico, rifiuta di parlare della riduzione dei costi come obiettivo ultimo dell’operazione. E sottolinea, anzi: «L’obiettivo principale non è la riduzione dei costi ma il miglioramento della qualità del servizio e una maggiore efficienza, in un momento storico in cui le risorse a disposizione si stanno riducendo. Con questa cooperazione miriamo a ottimizzare le risorse per ottenere così quei risparmi che ci consentiranno di continuare a investire in un servizio al passo con i tempi e alle esigenze di una popolazione che invecchia». La strada, come ci ricorda Angelo Jelmini, è stata tracciata dalla Pianificazione integrata Lanz-LACD 21-30. «Crediamo però - aggiunge - che la fusione completa di più strutture rischierebbe di veder scomparire le peculiarità della singola casa che ha un’anima propria, un modo di relazionarsi con i residenti e di erogare le prestazioni. Bisogna ricordare che le case per anziani non sono ospedali dove dopo pochi giorni il paziente torna a casa, ma sono luoghi di vita dove i residenti, che non sono pazienti, devono sentirsi a casa, poiché trascorrono lì una parte importante della loro vita. Il modello di una messa in rete come quello che abbiamo scelto - e che non ci è stato imposto - preserva questa unicità permettendo però molte sinergie con un grande valore aggiunto». Insomma, non si parla di reti più ampie o addirittura a livello cantonale. Almeno, non per il momento. In coro, Beltraminelli e Jelmini rispondono: «Considerando il nostro caso, lo si evince anche dal nome, questa collaborazione potrebbe essere estesa ulteriormente a qualche altra struttura - una o due, non di più - del territorio, strutture compatibili con le nostre realtà. Una rete troppo grande è controproducente, si perderebbe l’anima delle singole strutture». Soluzioni più ampie, a livello cantonale, suggeriscono i due presidenti, sono invece pensabili «per la condivisone di alcuni servizi e figure specialistiche, come la gestione della qualità, i servizi giuridici e informatici. Va inoltre detto che il modello di messa in rete non dovrebbe essere confinabile alle sole case per anziani ma dovrebbe riguardare tutti gli operatori del settore socio-assistenziale».

La pianificazione integrata

Paolo Beltraminelli parla della Pianificazione integrata anche da ex direttore del DSS. E ci aiuta a capirne il peso. «La pianificazione integrata va nella giusta direzione, con l’anziano e i suoi bisogni al centro. Non bisogna contrapporre residenze stazionarie e cure a domicilio. L’esplosione dei costi del settore della presa a carico a domicilio, che - ricordo - praticamente non comportano spese per l’utente, mentre le residenze per anziani hanno un costo anche importante per l’ospite, mi preoccupano molto. Per garantire una presa a carico sempre migliore è importante che tutti coloro che si occupano degli anziani, a partire dagli anziani stessi, familiari curanti, medici, personale sanitario, residenze per anziani, servizi spitex, servizi di appoggio e centri diurni, facciano rete, con la coordinazione del Cantone, e i meccanismi di finanziamento vengano rivisti in un concetto globale». Nel 2018, in un suo discorso a Olivone da consigliere di Stato, lo stesso Beltraminelli diceva quanto segue: «L’attenzione verso il mondo degli anziani sarà sempre maggiore, per migliorare costantemente la loro qualità di vita e offrire sempre più benessere, poiché saranno un soggetto politico sociale e economico sempre più importante e il loro numero sempre crescente». Ma ci chiediamo, e gli chiediamo: la società e la politica si stanno muovendo di conseguenza? «Il tema degli anziani è oggi al centro del dibattito politico e dell’opinione pubblica, soprattutto in uno dei cantoni più anziani della Svizzera, come è il Ticino. L’aumento della domanda di cure con risorse sempre più limitate è la difficilissima sfida con cui ci confrontiamo e che richiede uno sforzo collettivo, anche da parte degli anziani stessi - che saranno chiamati a fare la loro parte -, e scelte concrete». Il progetto REFAL va in questa direzione. «L’immobilismo comporterebbe un calo della qualità dei servizi offerti, e non credo che la nostra società sia pronta ad affrontare una simile conseguenza».

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